Servizi sociali
Case di Comunità, un'equipe di coordinamento per supervisione e mediazione qualificata
La giunta approva la proposta dell'assessore Bottalico: «Obiettivo offrire un'alternativa alla strada»
Bari - lunedì 26 marzo 2018
15.09
La giunta comunale dà il via libera alla proposta dell'assessore al Welfare Francesca Bottalico deliberando a favore della costituzione di équipe di coordinamento da impegnare nelle Case di Comunità, le esperienze di co-housing recentemente avviate sul territorio cittadino.
L'idea che sta alla base del servizio "Case di Comunità" prevede una procedura di "coprogettazione": previo avviso pubblico per l'individuazione dei soggetti partner della pubblica amministrazione, il soggetto pubblico e l'associazione di volontariato o altro ente del terzo settore che operi nel campo della povertà mettono in condivisione le rispettive risorse ed esperienze per la gestione del servizio, in osservanza del principio della sussidiarietà orizzontale.
L'esperienza delle Case di Comunità s'inserisce nel più ampio quadro delle azioni a contrasto all'emergenza abitativa. In questo contesto, è costantemente richiesta la presenza di un operatore ogni 20 utenti: a questi spetta il compito di garantire, tra le altre mansioni, «L'orientamento sulle regole di comportamento all'interno della struttura, il supporto nell'accompagnamento ai percorsi di inclusione sociale attivati dal servizio sociale professionale e l'informazione generale sui servizi presenti sul territorio - come si legge nella nota diramata dal Comune. Al fine di favorire la presa in carico integrata degli utenti e facilitare il percorso di inclusione è stata perciò prevista la costituzione di una équipe di coordinamento pubblica al fine di garantire una supervisione e una mediazione qualificata a supporto dei tutor presenti nelle strutture cittadine».
«Da qualche tempo la città di Bari ha attivato l'esperienza delle Case di Comunità - sottolinea Francesca Bottalico - nata in collaborazione con l'assessorato al Patrimonio e finalizzata a contrastare l'emergenza abitativa con l'individuazione di alloggi a regime residenziale che accolgono in via temporanea nuclei familiari o singoli individui in condizione di povertà estrema o in grave difficoltà economica. L'obiettivo da raggiungere nel breve periodo è quello di offrire agli ospiti un'alternativa alla strada e un intervallo di tempo adeguato per ricercare soluzioni più stabili. Oltre ad offrire un alloggio in mancanza di abitazioni sufficienti nell'ambito dei comitati di emergenza e dei beni confiscati, questo ci ha consentito, inoltre, di non spezzare i legami familiari, soprattutto in presenza di figli minori, che diversamente, in caso di ricorso alle strutture sociali, avrebbero dovuto seguire la sola madre nelle strutture esistenti. La particolarità di questa esperienza è che nelle Case di Comunità gli ospiti convivono secondo un modello di autogestione provvedendo autonomamente alla preparazione dei pasti e all'acquisto dei beni primari, sebbene vi sia un sistema di supervisione affidato comunque ai responsabili delle strutture, una sorta di condominio sociale segnato dalla condivisione. Ad oggi sono cinque le esperienze attive ma è in corso un nuovo bando che ha visto la partecipazione di tantissime nuove realtà del mondo del volontariato laico, e cattolico e del privato sociale».
Una delibera con cui, si legge più avanti, «iene modificato il regolamento per l'accesso ai servizi di accoglienza minima a bassa soglia approvato l'anno scorso, con l'obiettivo di dotare le Case di Comunità di personale competente e dedicato che garantisca da un lato il rispetto dei diritti inviolabili degli ospiti e la parità di trattamento in relazione alle specifiche condizioni personali, dall'altro la tutela della salute e dell'ordine pubblico ma, soprattutto, un sostegno valido per queste nuove esperienze di inclusione attiva, anche alla luce dei percorsi avviati dal Red/Rei dall'assessorato alle Politiche del Lavoro».
L'equipe specializzata, infatti, si occuperà non solo della semplice gestione della struttura, ma anche del più lungimirante compito sociale che richiede l'integrazione con il territorio, «Favorendo il possibile coinvolgimento del tessuto associativo di riferimento e valorizzando le risorse esistenti quali i servizi di assistenza, i percorsi di inclusione lavorativa, le mense, i luoghi di distribuzione di viveri così da facilitare l'accesso agli ospiti della struttura».
L'équipe sarà responsabile della realizzazione operativa e del coordinamento per tutta la durata della permanenza del nucleo o del singolo nella struttura comunale, e la sua composizione prevederà: un assistente sociale incardinato presso la ripartizione Servizi alla persona con le funzioni di coordinatore; un educatore professionale incardinato presso la ripartizione Servizi alla persona o presso un Municipio; un assistente sociale per ciascun Municipio (limitatamente ai Municipi che hanno utenti inseriti nel servizio Casa di Comunità) individuato quale "referente del servizio".
A integrare il lavoro di questa equipe ci saranno di volta in volta: l'assistente sociale che ha la presa in carico del caso, che viene chiamato a partecipare ogni qualvolta vi sia una richiesta di inserimento o quando si verifichino situazioni di particolare rilevanza riferite al singolo utente; un mediatore culturale messo a disposizione dalla ripartizione Servizi alla persona, in presenza di ospiti migranti che necessitano di particolare intermediazione.
L'idea che sta alla base del servizio "Case di Comunità" prevede una procedura di "coprogettazione": previo avviso pubblico per l'individuazione dei soggetti partner della pubblica amministrazione, il soggetto pubblico e l'associazione di volontariato o altro ente del terzo settore che operi nel campo della povertà mettono in condivisione le rispettive risorse ed esperienze per la gestione del servizio, in osservanza del principio della sussidiarietà orizzontale.
L'esperienza delle Case di Comunità s'inserisce nel più ampio quadro delle azioni a contrasto all'emergenza abitativa. In questo contesto, è costantemente richiesta la presenza di un operatore ogni 20 utenti: a questi spetta il compito di garantire, tra le altre mansioni, «L'orientamento sulle regole di comportamento all'interno della struttura, il supporto nell'accompagnamento ai percorsi di inclusione sociale attivati dal servizio sociale professionale e l'informazione generale sui servizi presenti sul territorio - come si legge nella nota diramata dal Comune. Al fine di favorire la presa in carico integrata degli utenti e facilitare il percorso di inclusione è stata perciò prevista la costituzione di una équipe di coordinamento pubblica al fine di garantire una supervisione e una mediazione qualificata a supporto dei tutor presenti nelle strutture cittadine».
«Da qualche tempo la città di Bari ha attivato l'esperienza delle Case di Comunità - sottolinea Francesca Bottalico - nata in collaborazione con l'assessorato al Patrimonio e finalizzata a contrastare l'emergenza abitativa con l'individuazione di alloggi a regime residenziale che accolgono in via temporanea nuclei familiari o singoli individui in condizione di povertà estrema o in grave difficoltà economica. L'obiettivo da raggiungere nel breve periodo è quello di offrire agli ospiti un'alternativa alla strada e un intervallo di tempo adeguato per ricercare soluzioni più stabili. Oltre ad offrire un alloggio in mancanza di abitazioni sufficienti nell'ambito dei comitati di emergenza e dei beni confiscati, questo ci ha consentito, inoltre, di non spezzare i legami familiari, soprattutto in presenza di figli minori, che diversamente, in caso di ricorso alle strutture sociali, avrebbero dovuto seguire la sola madre nelle strutture esistenti. La particolarità di questa esperienza è che nelle Case di Comunità gli ospiti convivono secondo un modello di autogestione provvedendo autonomamente alla preparazione dei pasti e all'acquisto dei beni primari, sebbene vi sia un sistema di supervisione affidato comunque ai responsabili delle strutture, una sorta di condominio sociale segnato dalla condivisione. Ad oggi sono cinque le esperienze attive ma è in corso un nuovo bando che ha visto la partecipazione di tantissime nuove realtà del mondo del volontariato laico, e cattolico e del privato sociale».
Una delibera con cui, si legge più avanti, «iene modificato il regolamento per l'accesso ai servizi di accoglienza minima a bassa soglia approvato l'anno scorso, con l'obiettivo di dotare le Case di Comunità di personale competente e dedicato che garantisca da un lato il rispetto dei diritti inviolabili degli ospiti e la parità di trattamento in relazione alle specifiche condizioni personali, dall'altro la tutela della salute e dell'ordine pubblico ma, soprattutto, un sostegno valido per queste nuove esperienze di inclusione attiva, anche alla luce dei percorsi avviati dal Red/Rei dall'assessorato alle Politiche del Lavoro».
L'equipe specializzata, infatti, si occuperà non solo della semplice gestione della struttura, ma anche del più lungimirante compito sociale che richiede l'integrazione con il territorio, «Favorendo il possibile coinvolgimento del tessuto associativo di riferimento e valorizzando le risorse esistenti quali i servizi di assistenza, i percorsi di inclusione lavorativa, le mense, i luoghi di distribuzione di viveri così da facilitare l'accesso agli ospiti della struttura».
L'équipe sarà responsabile della realizzazione operativa e del coordinamento per tutta la durata della permanenza del nucleo o del singolo nella struttura comunale, e la sua composizione prevederà: un assistente sociale incardinato presso la ripartizione Servizi alla persona con le funzioni di coordinatore; un educatore professionale incardinato presso la ripartizione Servizi alla persona o presso un Municipio; un assistente sociale per ciascun Municipio (limitatamente ai Municipi che hanno utenti inseriti nel servizio Casa di Comunità) individuato quale "referente del servizio".
A integrare il lavoro di questa equipe ci saranno di volta in volta: l'assistente sociale che ha la presa in carico del caso, che viene chiamato a partecipare ogni qualvolta vi sia una richiesta di inserimento o quando si verifichino situazioni di particolare rilevanza riferite al singolo utente; un mediatore culturale messo a disposizione dalla ripartizione Servizi alla persona, in presenza di ospiti migranti che necessitano di particolare intermediazione.