Politica
Caso Sea-Watch, anche Bari si unisce al grido: «Fateli scendere»
Al fortino il flash mob di Cgil, Cisl e Uil. Bucci: «Grave violazione dei diritti». Bottalico: «Nostra amministrazione dissidente»
Bari - mercoledì 30 gennaio 2019
19.11
«Fateli scendere». Anche Bari si unisce al coro di solidarietà per i 47 migranti soccorsi dalla nave della Ong Sea-Watch e rimasti per diversi giorni in mare a causa della chiusura dei porti voluta dal ministro degli Interni Matteo Salvini. Un paio di centinaia di persone questo pomeriggio ha risposto all'appello dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil per un flash mob al fortino Sant'Antonio che ha coinvolto anche le associazioni studentesche, l'Arci, l'Anpi e le amministrazioni comunali di Bari e paesi limitrofi.
Nonostante nelle ultime ore la situazione sembra essersi sbloccata, con la nave che fa rotta verso il porto di Catania per far soccorrere i minorenni e bordo e trasferire i maggiorenni nell'hotspot di Messina, le sigle promotrici della manifestazione ci tengono a ribadire che casi come Diciotti e Sea-Watch costituiscono una grave «Violazione dei diritti umani - sottolinea Gigia Bucci, segretario di Cgil Bari. Lasciare per settimane delle persone su una nave in condizioni disumane e vietare l'approdo nei porti italiani significa negare i diritti minimi. Noi non dobbiamo permettere che accada; ecco perché siamo qui oggi. La città di Bari deve dire che sta dalla parte dell'accoglienza, della solidarietà e del riconoscimento dei diritti umani».
Fra i manifestanti anche gli assessori comunali Introna, Romano, Petruzzelli e Bottalico, in rappresentanza di una delle amministrazioni dissidenti nei confronti dell'applicazione di una legge considerata ingiusta. Uno dei temi sollevati dal decreto Salvini: «Il Comune di Bari fa parte di questo movimento di disobbedienza civile - sottolinea Francesca Bottalico, assessore al Welfare. Continueremo ad accogliere nelle nostre strutture a prescindere da quello che prevede il decreto».
Una misura legislativa che, sottolineano le opposizioni al governo giallo-verde, non solo impedisce gli sbarchi, ma prevede anche una riconfigurazione del sistema di accoglienza. «Ieri - continua Bottalico - si sono visti i primi effetti del decreto Salvini: sono state dimesse più di 30 persone dal Cara. Adulti, bambini, uomini, donne e anziani, molti di loro con casi di scabbia. Queste persone non possono essere accolte dai nostri Sprar e di fatto sono rimaste nel mezzo. Si sono rivolte ai servizi sociali, all'ente più prossimo che deve fronteggiare una serie di problemi legati alla povertà e a questo nuovo flusso. Abbiamo sistemato i ragazzi ma la situazione diventa sempre più critica: con il decreto Salvini scoppierà l'emergenza perché tanti migranti ospiti delle strutture, molti dei quali avevano intrapreso percorsi di integrazione, ora si trovano in situazioni di irregolarità e povertà estrema».
La crisi nella gestione dei flussi migratori, a ogni modo, deve riportare al centro della discussione una revisione degli accordi di Dublino, firmati nel 2010 dall'allora ministro degli Interni, il leghista Maroni, i quali impongono alle autorità che riconoscono i migranti al momento dell'arrivo di trattenerli sul proprio suolo nazionale. Un trattato, di fatto, che ha lasciato l'Italia sola o quasi nel tentativo di risolvere il problema dei flussi. La promessa redistribuzione dei 47 migranti fra 7 paesi comunitari potrebbe essere un'apertura in questo senso: «Si devono aprire confronti e discussioni serie sugli accordi di Dublino, così come in generale sui temi di accoglienza e integrazione - prosegue Bucci. Non è possibile continuare a gestire l'immigrazione in emergenza e intervenire con misure tampone. L'Italia, da parte sua, deve rimanere un paese civile e democratico».
In questo senso buoni esempi possono venire proprio da Bari, città di frontiera per eccellenza e che in passato mai ha negato l'accoglienza a chi ha bussato alla sua soglia. «Il porto di Bari - conclude Bottalico - è stato aperto in passato. Spero che possa essere sempre uno dei porti sicuri; si tratta di una condivisione fra forze politiche. L'assessorato comunale al Welfare, comunque, è pronto».
Nonostante nelle ultime ore la situazione sembra essersi sbloccata, con la nave che fa rotta verso il porto di Catania per far soccorrere i minorenni e bordo e trasferire i maggiorenni nell'hotspot di Messina, le sigle promotrici della manifestazione ci tengono a ribadire che casi come Diciotti e Sea-Watch costituiscono una grave «Violazione dei diritti umani - sottolinea Gigia Bucci, segretario di Cgil Bari. Lasciare per settimane delle persone su una nave in condizioni disumane e vietare l'approdo nei porti italiani significa negare i diritti minimi. Noi non dobbiamo permettere che accada; ecco perché siamo qui oggi. La città di Bari deve dire che sta dalla parte dell'accoglienza, della solidarietà e del riconoscimento dei diritti umani».
Fra i manifestanti anche gli assessori comunali Introna, Romano, Petruzzelli e Bottalico, in rappresentanza di una delle amministrazioni dissidenti nei confronti dell'applicazione di una legge considerata ingiusta. Uno dei temi sollevati dal decreto Salvini: «Il Comune di Bari fa parte di questo movimento di disobbedienza civile - sottolinea Francesca Bottalico, assessore al Welfare. Continueremo ad accogliere nelle nostre strutture a prescindere da quello che prevede il decreto».
Una misura legislativa che, sottolineano le opposizioni al governo giallo-verde, non solo impedisce gli sbarchi, ma prevede anche una riconfigurazione del sistema di accoglienza. «Ieri - continua Bottalico - si sono visti i primi effetti del decreto Salvini: sono state dimesse più di 30 persone dal Cara. Adulti, bambini, uomini, donne e anziani, molti di loro con casi di scabbia. Queste persone non possono essere accolte dai nostri Sprar e di fatto sono rimaste nel mezzo. Si sono rivolte ai servizi sociali, all'ente più prossimo che deve fronteggiare una serie di problemi legati alla povertà e a questo nuovo flusso. Abbiamo sistemato i ragazzi ma la situazione diventa sempre più critica: con il decreto Salvini scoppierà l'emergenza perché tanti migranti ospiti delle strutture, molti dei quali avevano intrapreso percorsi di integrazione, ora si trovano in situazioni di irregolarità e povertà estrema».
La crisi nella gestione dei flussi migratori, a ogni modo, deve riportare al centro della discussione una revisione degli accordi di Dublino, firmati nel 2010 dall'allora ministro degli Interni, il leghista Maroni, i quali impongono alle autorità che riconoscono i migranti al momento dell'arrivo di trattenerli sul proprio suolo nazionale. Un trattato, di fatto, che ha lasciato l'Italia sola o quasi nel tentativo di risolvere il problema dei flussi. La promessa redistribuzione dei 47 migranti fra 7 paesi comunitari potrebbe essere un'apertura in questo senso: «Si devono aprire confronti e discussioni serie sugli accordi di Dublino, così come in generale sui temi di accoglienza e integrazione - prosegue Bucci. Non è possibile continuare a gestire l'immigrazione in emergenza e intervenire con misure tampone. L'Italia, da parte sua, deve rimanere un paese civile e democratico».
In questo senso buoni esempi possono venire proprio da Bari, città di frontiera per eccellenza e che in passato mai ha negato l'accoglienza a chi ha bussato alla sua soglia. «Il porto di Bari - conclude Bottalico - è stato aperto in passato. Spero che possa essere sempre uno dei porti sicuri; si tratta di una condivisione fra forze politiche. L'assessorato comunale al Welfare, comunque, è pronto».