Cinque anni fa la preghiera per la pace di Papa Francesco a Bari, il 7 luglio l'anniversario
Il ricordo di padre Giovanni Distante: «Evento di importanza storica, che riunì tutte le chiese della cristianità»
Bari - mercoledì 5 luglio 2023
11.54
Il 7 luglio prossimo ricorrerà il quinto anniversario della preghiera per la pace nel Medio-Oriente che Papa Francesco convocò a Bari, nella basilica pontificia di San Nicola. Un evento ricordato da padre Giovanni Distante, rettore della basilica di San Nicola, in un messaggio:
Il 7 luglio ricorre il 5° anniversario (2018-2023) dell'incontro di papa Francesco con i Capi delle Chiese e delle Comunità cristiane del Medio Oriente, giunti a Bari per pregare per la pace in quella regione.
L'importanza storica dell'evento fu avvertita anche dai più scettici in cose ecumeniche, grazie al clima di ritrovata fraternità con il quale fu vissuto. Per la prima volta, dopo gli scismi del 431 (Efeso), 451 (Calcedonia) e 1054 (Roma-Costantinopoli), i Capi e i rappresentanti di tutte le Chiese storiche della cristianità, sedevano attorno allo stesso tavolo per riflettere concordemente su uno stesso tema.
Questa "novità" si evinceva dalle parole conclusive di papa Francesco sul sagrato della Basilica: "Sono molto grato per la condivisione che abbiamo avuto la grazia di vivere. Ci siamo aiutati a riscoprire la nostra presenza di cristiani in Medio Oriente, come fratelli. Essa sarà tanto più profetica quanto più testimonierà Gesù Principe della pace (cfr Is 9,5). Egli non impugna la spada, ma chiede ai suoi di rimetterla nel fodero (cfr Gv 18,11). Anche il nostro essere Chiesa è tentato dalle logiche del mondo, logiche di potenza e di guadagno, logiche sbrigative e di convenienza. E c'è il nostro peccato, l'incoerenza tra la fede e la vita, che oscura la testimonianza. Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga (cfr Mt 26,56) o la spada (cfr Mt 26,52) ad anticipare l'alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore".
Condivisione, fraternità, testimonianza, conversione, urgenza! Non semplici emozioni o vaghi sentimenti, ma volontà ad assumere le proprie responsabilità di cristiani. Bisognava prendere esempio da Gesù che nel giardino del Getsemani aveva accettato la passione, non per subirla, ma per assecondare consapevolmente la volontà del Padre, affinché "s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato»" (Gv 18, 9).
Il pensiero di Gesù nell'ora dell'agonia è per l'incolumità dei suoi: "se cercate me, lasciate che questi se ne vadano" (Gv 18, 8). Incolumi e liberi nell'operare il bene, rifuggendo ogni forma di odio, violenza, aggressione. Ecco perché a Pietro che aveva colpito il servo del sommo sacerdote, Gesù dice: "Rimetti la tua spada nel fodero" (Gv 18, 11). Chi si lascia possedere dall'amore non può supportare nessuna forma di violenza, tantomeno giustificarla: violerebbe l'amore disinteressato di Dio nei confronti dell'intera umanità.
Chi giunge a Bari, pellegrino ecumenico sulla tomba del santo vescovo Nicola, testimone di Gesù Principe della pace, non può non fare proprio l'imperativo a Pietro di rimettere nel fodero la spada: la spada tagliente della non accettazione del carisma altrui, che causa divisioni, lacerazioni, rotture nelle comunità ecclesiali.
A maggior ragione, il primo gesto da compiere il 7 luglio 2018 doveva necessariamente essere quello di alimentare la "lampada uniflamma", simbolo radioso della Chiesa una. Questo gesto compiuto nella Cripta della Basilica veniva richiamato da papa Francesco nella monizione introduttiva alla preghiera ecumenica sul lungomare: "Insieme desideriamo accendere oggi una fiamma di speranza.
Le lampade che poseremo siano segno di una luce che ancora brilla nella notte. I cristiani, infatti, sono luce del mondo (cfr Mt 5,14) non solo quando tutto intorno è radioso, ma anche quando, nei momenti bui della storia, non si rassegnano all'oscurità che tutto avvolge e alimentano lo stoppino della speranza con l'olio della preghiera e dell'amore".
Non si può essere cristiani senza mettersi "chiaramente" a servizio della pace. La questione non è di sapere se le guerre sono giuste o ingiuste, affondandosi in argomenti inesistenti, perché così facendo si nega l'evidenza: le guerre provocano morte e sofferenza delle persone, come pure impatti devastanti sull'ambiente. Papa Francesco ripete continuamente: "i responsabili delle guerre ne risponderanno a Dio".
Noi cristiani risponderemo a Dio di tutte le volte che chiuderemo ogni possibile spiraglio per arrivare alla pace. Necessita "ritornare" a Bari, alimentare la "lampada uniflamma".
Il 7 luglio ricorre il 5° anniversario (2018-2023) dell'incontro di papa Francesco con i Capi delle Chiese e delle Comunità cristiane del Medio Oriente, giunti a Bari per pregare per la pace in quella regione.
L'importanza storica dell'evento fu avvertita anche dai più scettici in cose ecumeniche, grazie al clima di ritrovata fraternità con il quale fu vissuto. Per la prima volta, dopo gli scismi del 431 (Efeso), 451 (Calcedonia) e 1054 (Roma-Costantinopoli), i Capi e i rappresentanti di tutte le Chiese storiche della cristianità, sedevano attorno allo stesso tavolo per riflettere concordemente su uno stesso tema.
Questa "novità" si evinceva dalle parole conclusive di papa Francesco sul sagrato della Basilica: "Sono molto grato per la condivisione che abbiamo avuto la grazia di vivere. Ci siamo aiutati a riscoprire la nostra presenza di cristiani in Medio Oriente, come fratelli. Essa sarà tanto più profetica quanto più testimonierà Gesù Principe della pace (cfr Is 9,5). Egli non impugna la spada, ma chiede ai suoi di rimetterla nel fodero (cfr Gv 18,11). Anche il nostro essere Chiesa è tentato dalle logiche del mondo, logiche di potenza e di guadagno, logiche sbrigative e di convenienza. E c'è il nostro peccato, l'incoerenza tra la fede e la vita, che oscura la testimonianza. Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga (cfr Mt 26,56) o la spada (cfr Mt 26,52) ad anticipare l'alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore".
Condivisione, fraternità, testimonianza, conversione, urgenza! Non semplici emozioni o vaghi sentimenti, ma volontà ad assumere le proprie responsabilità di cristiani. Bisognava prendere esempio da Gesù che nel giardino del Getsemani aveva accettato la passione, non per subirla, ma per assecondare consapevolmente la volontà del Padre, affinché "s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato»" (Gv 18, 9).
Il pensiero di Gesù nell'ora dell'agonia è per l'incolumità dei suoi: "se cercate me, lasciate che questi se ne vadano" (Gv 18, 8). Incolumi e liberi nell'operare il bene, rifuggendo ogni forma di odio, violenza, aggressione. Ecco perché a Pietro che aveva colpito il servo del sommo sacerdote, Gesù dice: "Rimetti la tua spada nel fodero" (Gv 18, 11). Chi si lascia possedere dall'amore non può supportare nessuna forma di violenza, tantomeno giustificarla: violerebbe l'amore disinteressato di Dio nei confronti dell'intera umanità.
Chi giunge a Bari, pellegrino ecumenico sulla tomba del santo vescovo Nicola, testimone di Gesù Principe della pace, non può non fare proprio l'imperativo a Pietro di rimettere nel fodero la spada: la spada tagliente della non accettazione del carisma altrui, che causa divisioni, lacerazioni, rotture nelle comunità ecclesiali.
A maggior ragione, il primo gesto da compiere il 7 luglio 2018 doveva necessariamente essere quello di alimentare la "lampada uniflamma", simbolo radioso della Chiesa una. Questo gesto compiuto nella Cripta della Basilica veniva richiamato da papa Francesco nella monizione introduttiva alla preghiera ecumenica sul lungomare: "Insieme desideriamo accendere oggi una fiamma di speranza.
Le lampade che poseremo siano segno di una luce che ancora brilla nella notte. I cristiani, infatti, sono luce del mondo (cfr Mt 5,14) non solo quando tutto intorno è radioso, ma anche quando, nei momenti bui della storia, non si rassegnano all'oscurità che tutto avvolge e alimentano lo stoppino della speranza con l'olio della preghiera e dell'amore".
Non si può essere cristiani senza mettersi "chiaramente" a servizio della pace. La questione non è di sapere se le guerre sono giuste o ingiuste, affondandosi in argomenti inesistenti, perché così facendo si nega l'evidenza: le guerre provocano morte e sofferenza delle persone, come pure impatti devastanti sull'ambiente. Papa Francesco ripete continuamente: "i responsabili delle guerre ne risponderanno a Dio".
Noi cristiani risponderemo a Dio di tutte le volte che chiuderemo ogni possibile spiraglio per arrivare alla pace. Necessita "ritornare" a Bari, alimentare la "lampada uniflamma".