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Condannato per uccisione e maltrattamento di gatti, ma non sconterà alcuna pena

I fatti nel 2017 a Casamassima, la condanna tramutata in "multa" di oltre 6mila euro ma sospesa

È stato condannato per crudeltà verso due gatti ma non sconterà alcuna pena, nemmeno pecuniaria. Si tratta di un uomo di Casamassima (Bari), denunciato nel settembre 2017 dalle associazioni ALI-Animal Law Italia, ENPA e Nati per amarti, quest'ultima gestore del Canile sanitario di Bari, per uccisione e maltrattamento di animali avvenuta tramite avvelenamento all'interno del complesso residenziale di Barialto.

I fatti risalgono al 19 settembre 2017, giorno in cui l'uomo è stato filmato mentre portava in casa i corpi senza vita degli animali. In uno dei video si osserva un gatto colpito da convulsioni e l'altro ormai senza vita. Le riprese, effettuate con un cellulare, erano state diffuse online, suscitando l'indignazione in tutta Italia di cittadini e associazioni che difendono la salute e i diritti degli animali. Secondo alcuni veterinari, che avevano visionato il materiale, le scene mostrate erano compatibili con un'uccisione da avvelenamento, quindi particolarmente dolorosa.

Sono così partite le denunce per maltrattamento e uccisione di animali da parte delle associazioni, i cui legali negli scorsi giorni hanno ricevuto la notifica che il GIP del Tribunale di Bari ha emesso un decreto penale di condanna nei confronti dell'uomo a 6.750 euro di multa per aver ucciso tramite avvelenamento due gatti. Tuttavia, il Giudice ha ritenuto di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, quindi l'autore del reato non dovrà versare un solo centesimo allo Stato, anche se riconosciuto colpevole.

Un esito reso possibile anche dall'esiguità della pena massima prevista dal codice penale per il reato di uccisione di animali: 18 mesi di reclusione, in questo caso convertiti in pena pecuniaria, che di fatto non vengono mai scontati in caso di condanna proprio perché inferiori alla soglia per beneficiare della sospensione condizionale della pena. Quest'ultima è una misura discrezionale che però nel caso di vittime non umane viene concessa praticamente sempre nei confronti di soggetti incensurati, nonostante l'efferatezza del reato, come denunciano le associazioni, secondo le quali questo sminuisce il loro impegno nella sensibilizzazione a favore del rispetto delle leggi e della necessità di denunciare maltrattamenti e altri reati contro gli animali.

«I reati contro gli animali sono considerati di serie B e quindi sottovalutati, eppure sono precursori di condotte più gravi: gli studiosi di criminologia denunciano da lungo tempo che vi è una stretta correlazione tra violenza verso gli animali e successivi comportamenti antisociali e criminali, come anche l'FBI ha accertato – commenta l'avv. Alessandro Ricciuti, presidente di ALI – Anche per questo motivo da anni chiediamo che la risposta del sistema sia più rapida e incisiva e che le pene vengano elevate, affinché assumano funzione deterrente, oltre che per adattarle alla realtà sociale, come avvenuto in altri paesi».
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