Una bambina con la mascherina
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Attualità

Dal 4 maggio in Italia via alla fase 2, che fine faranno i bambini?

La scuola non riprenderà prima di settembre, e sono chiusi ludoteche e oratori. Basteranno congedi e voucher per i genitori che lavorano?

Dal 4 maggio a Bari e in tutta Italia inizia la fase 2. Un periodo di transizione in cui dovremo imparare a convivere con il Coronavirus, in cui dovremo continuare a prestare attenzione ai nostri comportamenti per non rischiare una nuova ondata di contagi, ma in cui piano piano le attività produttive e commerciali ricominceranno. Questo porterà molti genitori a tornare al lavoro in presenza, dato che non tutti i settori possono sfruttare lo smart working. E a questo punto sorge spontanea una domanda: che fine faranno i bambini? La scuola sarà ancora chiusa almeno fino a settembre se non oltre, e sono chiuse ludoteche, oratori e qualsiasi altro centro che normalmente viene usato dai genitori per garantire ai figli di non restare soli in casa. I nonni, una delle categorie più a rischio a causa del Coronavirus, non possono al momento essere considerati una alternativa.

E allora come potranno fare quei genitori che dovranno necessariamente tornare al lavoro? Un problema non da poco e su cui da alcuni giorni si sta aprendo un acceso dibattito, in cui in molti affermano che il Governo ha completamente dimenticato i bambini in tutti i decreti fatti finora. Se è vero infatti che sono stati inseriti dei voucher baby sitter pari a 600 euro, è altrettanto vero che non coprono il costo di un tale servizio a tempo pieno. Idem si può dire dei congedi parentali, che sulla carta sono concessi, al 50% della retribuzione, essendo però poi difficilmente applicabili a diverse categorie di lavoratori.

La questione non è affatto secondaria se, stando ai dati forniti da un'indagine del portale Yoopies, si stima che saranno il 53% i genitori a dover rientrare entrambi a lavoro, i quali saranno quindi costretti nel 50% dei casi a ricorrere ad una baby sitter e nel 30% dei casi ad affidarsi ad amici e parenti. Con un 20% ancora in bilico tra la necessità di tornare a lavorare ed il benessere dei propri figli. Cifre che fanno anche emergere un'ulteriore domanda. Ci sono abbastanza baby sitter? Ed è davvero così facile trovarne?

Dal canto loro gli educatori proprietari di ludoteche si sentono anch'essi abbandonati al loro destino. Su Facebook sono nati diversi gruppi in cui si confrontano e al nord hanno anche messo insieme associazioni per sostenersi nella lotta per essere riconosciuti e affinché venga loro permesso di ricominciare a lavorare in sicurezza. In Puglia nel gruppo S.O.S Ludoteche, che conta circa 140 iscritti, la titolare di una ludoteca di Bari sottolinea: «Leggo tante notizie su qualsiasi forma lavorativa eppure non leggo nessun articolo che menzioni le ludoteche, eppure noi svolgiamo un servizio importantissimo per le famiglie. Siamo aperti tutto l'anno, non facciamo chiusura di ponti scolastici ecc.. eppure non ho letto nulla su noi. Vorrei capire come mai si parla solo di nidi e materne e noi? Anche noi esistiamo e aiutiamo offrendo un servizio importante per la comunità».

Lo scorso 18 aprile, inoltre, online è stata aperta una raccolta firme indirizzata alla ministra Azzolina in cui si sottolinea che: «I bambini, tutti i minorenni, e i loro diritti, sono stati ignorati durante tutta la fase emergenziale dalle istituzioni, e presi in considerazioni solo dopo vibranti proteste e mobilitazioni. La ripresa da parte dei genitori della propria attività lavorativa impedirà a molti di essi la cura e l'assistenza – anche quella didattica, indispensabile per le prime classi elementari – ai propri figli minori. In questa prospettiva sorge per le famiglie la preoccupazione di dover far fronte a un vero e proprio abbandono dei figli per gran parte della giornata, tenuto anche conto che moltissime famiglie non potranno più fare affidamento sulla presenza e sull'aiuto dei nonni (fascia di popolazione maggiormente esposta a rischio Covid) e che il costo di una babysitter per tutto il corso della giornata sarebbe, per molti, insostenibile, nonostante i voucher promessi».

In fondo, come sottolinea Paolo Uniti di Assonidi: «Far ripartire il Paese tenendo chiusi i servizi all'infanzia è come costruire una casa partendo dal tetto»
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