Attualità
Direttrice, chirurga e avvocata. Un vademecum della Asl Bari contro la discriminazione di genere nel linguaggio
Sanguedolce: «Siamo sensibili al tema delle pari opportunità e abbiamo voluto intraprendere questo percorso che va a ribaltare la prospettiva»
Bari - mercoledì 3 novembre 2021
15.56 Comunicato Stampa
La "direttrice sanitaria" sostituisce la formula generica al maschile "direttore sanitario", nel caso in cui il ruolo sia ricoperto da una donna, lo stesso vale per tutti gli altri incarichi come la "chirurga" e/o l' "avvocata". Sono soltanto alcune delle raccomandazioni contenute nel vademecum approvato dalla ASL di Bari e mirato a declinare il linguaggio in tutti gli atti amministrativi per tutelare le pari opportunità e promuovere la cultura di genere.
Con una delibera "rivoluzionaria", l'azienda sanitaria – che ha il 70 per cento del personale donna - è una delle prime pubbliche amministrazioni in Italia ad aver adottato un provvedimento che fornisce istruzioni sull'uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere, in sintonia con le indicazioni europee e nazionali.
«Siamo sensibili al tema delle pari opportunità - commenta il Direttore generale della ASL Antonio Sanguedolce - e abbiamo voluto intraprendere questo percorso che va a ribaltare la prospettiva e l'approccio nei confronti delle lavoratrici. Con questa iniziativa – prosegue Sanguedolce – la ASL desidera offrire uno strumento per avviare, con il contributo di ognuna/o, un processo di cambiamento sociale e culturale, che evidenzi i nuovi ruoli e le nuove posizioni ricoperti dalle donne e favorisca, nella nostra comunità, la cultura di genere anche nella lingua».
La proposta è partita dalla Unità Operativa Complessa Servizio di Informazione e Comunicazione Istituzionale e dal CUG (Comitato unico di garanzia), nell'ambito del Piano Triennale delle Azioni Positive 2021/2023 che ha prodotto un documento che fornisce indicazioni utili per evitare espressioni e usi della lingua che alludano a discriminazioni tra i sessi.
Un ruolo attivo nella adozione del provvedimento è stato quello del Comitato unico di garanzia della ASL, guidato dalla dottoressa Domenica Munno. Le linee guida sull'uso delle parole sono state precedute da una analisi attenta di richieste, avvisi, formulari per istanze dei cittadini e delle cittadine, deliberazioni e determinazioni della ASL, dai quali si evince l'uso frequente del cosiddetto "maschile generico" che subordina il femminile al maschile: cioè un maschile presunto neutro e universale, che comprende l'uomo e la donna. Esso rappresenta in realtà uno degli usi linguistici più discriminanti. Il genere grammaticale neutro, infatti, in italiano non esiste e il genere grammaticale maschile è, appunto, maschile, quindi in riferimento a esseri umani evoca quelli di sesso maschile.
«Nonostante la presenza delle donne in ruoli, professioni e carriere fino a pochi anni fa esclusivamente maschili- spiega la dottoressa Munno - vi è una "resistenza" nell'uso della lingua a riconoscere questo cambiamento, lingua che usa ancora il maschile attribuendogli una falsa neutralità e che rende difficoltoso il percorso di rimozione degli stereotipi di genere. La lingua non è solo uno strumento di comunicazione attraverso il quale vengono trasmesse informazioni e idee- continua la presidente del CUG - essa riflette nei suoi usi la società che la utilizza e nello stesso tempo, influenza quest'ultima nel modo di pensare, di giudicare, di classificare la realtà; dietro forme ed espressioni linguistiche di uso comune spesso si celano pregiudizi sociali, culturali e sessuali che si trasmettono senza volerlo nel linguaggio».
Al contrario la ASL di Bari intende favorire la realizzazione al proprio interno delle migliori condizioni di benessere delle lavoratrici e dei lavoratori, attivando una concreta politica di parità di trattamento tra uomini e donne, condannando ogni discriminazione fondata sul genere. In linea con i principi contenuti nelle Raccomandazioni CEE 92/31 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini negli ambienti di lavoro e 2002/73 sull'attuazione dei principi di parità di trattamento tra uomini e donne nell'ambito del lavoro, l'azienda ha tra i suoi obiettivi quello di promuovere, tra tutto il personale aziendale, positive relazioni interpersonali, edificate sui valori di pari opportunità e di rispetto reciproco.
Con una delibera "rivoluzionaria", l'azienda sanitaria – che ha il 70 per cento del personale donna - è una delle prime pubbliche amministrazioni in Italia ad aver adottato un provvedimento che fornisce istruzioni sull'uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere, in sintonia con le indicazioni europee e nazionali.
«Siamo sensibili al tema delle pari opportunità - commenta il Direttore generale della ASL Antonio Sanguedolce - e abbiamo voluto intraprendere questo percorso che va a ribaltare la prospettiva e l'approccio nei confronti delle lavoratrici. Con questa iniziativa – prosegue Sanguedolce – la ASL desidera offrire uno strumento per avviare, con il contributo di ognuna/o, un processo di cambiamento sociale e culturale, che evidenzi i nuovi ruoli e le nuove posizioni ricoperti dalle donne e favorisca, nella nostra comunità, la cultura di genere anche nella lingua».
La proposta è partita dalla Unità Operativa Complessa Servizio di Informazione e Comunicazione Istituzionale e dal CUG (Comitato unico di garanzia), nell'ambito del Piano Triennale delle Azioni Positive 2021/2023 che ha prodotto un documento che fornisce indicazioni utili per evitare espressioni e usi della lingua che alludano a discriminazioni tra i sessi.
Un ruolo attivo nella adozione del provvedimento è stato quello del Comitato unico di garanzia della ASL, guidato dalla dottoressa Domenica Munno. Le linee guida sull'uso delle parole sono state precedute da una analisi attenta di richieste, avvisi, formulari per istanze dei cittadini e delle cittadine, deliberazioni e determinazioni della ASL, dai quali si evince l'uso frequente del cosiddetto "maschile generico" che subordina il femminile al maschile: cioè un maschile presunto neutro e universale, che comprende l'uomo e la donna. Esso rappresenta in realtà uno degli usi linguistici più discriminanti. Il genere grammaticale neutro, infatti, in italiano non esiste e il genere grammaticale maschile è, appunto, maschile, quindi in riferimento a esseri umani evoca quelli di sesso maschile.
«Nonostante la presenza delle donne in ruoli, professioni e carriere fino a pochi anni fa esclusivamente maschili- spiega la dottoressa Munno - vi è una "resistenza" nell'uso della lingua a riconoscere questo cambiamento, lingua che usa ancora il maschile attribuendogli una falsa neutralità e che rende difficoltoso il percorso di rimozione degli stereotipi di genere. La lingua non è solo uno strumento di comunicazione attraverso il quale vengono trasmesse informazioni e idee- continua la presidente del CUG - essa riflette nei suoi usi la società che la utilizza e nello stesso tempo, influenza quest'ultima nel modo di pensare, di giudicare, di classificare la realtà; dietro forme ed espressioni linguistiche di uso comune spesso si celano pregiudizi sociali, culturali e sessuali che si trasmettono senza volerlo nel linguaggio».
Al contrario la ASL di Bari intende favorire la realizzazione al proprio interno delle migliori condizioni di benessere delle lavoratrici e dei lavoratori, attivando una concreta politica di parità di trattamento tra uomini e donne, condannando ogni discriminazione fondata sul genere. In linea con i principi contenuti nelle Raccomandazioni CEE 92/31 sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini negli ambienti di lavoro e 2002/73 sull'attuazione dei principi di parità di trattamento tra uomini e donne nell'ambito del lavoro, l'azienda ha tra i suoi obiettivi quello di promuovere, tra tutto il personale aziendale, positive relazioni interpersonali, edificate sui valori di pari opportunità e di rispetto reciproco.