Estratta la manna dalle ossa di San Nicola: grande emozione in Basilica
Si è consumato questo pomeriggio, 9 maggio, il momento liturgico conclusivo dei festeggiamenti in onore del Vescovo di Myra
Bari - giovedì 9 maggio 2024
19.59
«Una grazia ed un onore averla a Bari, quale testimone di quanto accade nella Terra che fu di Gesù». Così monsignor Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto, ha salutato in apertura di celebrazione Sua Eminenza il Card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca della Chiesa Cattolica in Gerusalemme. Quest'ultimo ha presieduto questo pomeriggio, 9 maggio, la santa messa culminata nella Basilica nicolaiana con il prelievo della sacra manna dalle reliquie del Santo.
Mons. Satriano, alla presenza delle massime autorità cittadine, del clero locale e dei vescovi pugliesi, ha quindi sottolineato come il popolo barese è legato indissolubilmente con il suo Patrono nel giorno della traslazione del suo corpo, ma soprattutto attraverso lui, uomo dell'ecumenismo, prega per la Terra Santa, per la pace necessaria per «dare gloria a Dio».
L'OMELIA DEL CARDINAL PIZZABALLA
«Non sarò io a parlare ai baresi di San Nicola - ha detto il Cardinale -, ma posso raccontarvi come lo vedo io dal mio punto di vista in Terra Santa. Lui unisce Oriente ed Occidente, forse banalizzato da Ovest...Santa Claus, Babbo Natale. È più amato ad Est. Nessuno è un'isola e nessuno nel mondo può fare da solo. Le divisioni tra fratelli cristiani sono divisioni che noi abbiamo creato. Ma la Chiesa di Cristo è una, non esistono confessioni, non esistono divisioni. Promuovere amicizia e dialogo, significa prendere a cuore le ferite che ci sono tra di noi. Ecco, San Nicola unisce tutti, scevro da altre dinamiche, da quelle politiche. Tutti qui ci dobbiamo sentire in questa casa comune, un luogo dove tutti si sentano "ricevuti". Non dobbiamo permettere che la paura di ciò che potrebbe accadere, ci fermi. Dobbiamo andare oltre. Anche nel rapporto con i giovani: non dobbiamo più lasciare che loro ci vedano come istituzione, ma come comunità. Dobbiamo dunque restare ancorati al Vangelo, prima di tutto chiedersi cosa Gesù farebbe, dovrebbe essere quella la nostra prima preoccupazione. In un momento in cui tutti parlano di guerra, di identità come idea del fendere l'altro, noi dobbiamo costruire una casa comune. Dio ci vuole diversi e la diversità dev'essere occasione di incontro e di amicizia. Nelle differenza costruire casa comune. In Terra Santa le chiese cristiane hanno la fame di essere Chiese dello scontro: ecco, questo forse in passato. Oggi abbiamo preso coscienza che non possiamo più lavorare da soli, né latini, né greci, né russi, né copti, né armeni. Prima arrivavano comunicati che nessuno leggeva, oggi siamo nuovamente uniti. San Nicola ce lo insegna, ci insegna il dialogo tra popoli. La vocazione di Bari non si esaurisce solo nel guardare all'Oriente, ma non entro nella cronaca politica e sociale e da questa situazione non si potrà uscire senza scelte politiche forti. Situazione economica è drammatica, in 35 anni che sono in Terra Santa. L'impatto di questa guerra è stato unico e tra israeliani e palestinesi ha scatenato solo odio, solo crudeltà, solo divisioni. La vittoria di un conflitto non è la pace. Vittoria significa che qualcuno è fuori, la pace include tutti. Israeliani e palestinesi non riescono più a fidarsi gli uni degli altri. La domanda per la comunità cristiana è la seguente - è stata la sua sottolineatura -: come noi possiamo aiutare ad uscire da questo contesto? Io penso che da questa situazione si debba uscire in primo luogo col "perdono", bisogna avere il coraggio della riconciliazione, non restare fermi al dolore proprio, che non è l'unico. In secondo luogo c'è bisogno che qualcuno abbia il coraggio di portarlo questo perdono, di qualcuno che "sanamente" abbia il coraggio di provocare le comunità portando il perdono. E poi oltre al perdono, ci vogliono altre due parole: verità e giustizia. Il male che si compie non può essere ignorato, ma dire la verità può essere complesso, ma deve diventare necessario. Il perdono senza giustizia e verità è buonismo, la verità senza perdono e giustizia è giustizialismo. Oggi in Terra Santa parlare di perdono sembra parlare con parole campate in aria. Si può invece restare se stessi, anche accogliendosi l'un l'altro. L'incontro con l'altro è desiderare il bene dell'altro ed in questo si ricrea se stessi. Ora dico che il messaggio di San Nicola - ha concluso Pizzaballa - dovete portarlo fuori di qui, farlo conoscere ovunque. Lui è un dono grande e non è giusto che lo teniate per voi».
IL PRELIEVO DELLA MANNA
Emozionante al limite della commozione il rito del prelievo della sacra manna da parte di padre Giovanni Distante all'interno della cripta. In continuità con quanto affermato dal Cardinal Pizzaballa e nel pieno rispetto del messaggio ecumenico di San Nicola, clero cattolico e clero ortodosso hanno innalzato canti al Vescovo di Myra. L'ampolla è poi tornata in Basilica, dove il Patriarca di Gerusalemme ha impartito alla folla di fedeli la solenne benedizione.
*Foto di Ruggiero de Virgilio
Mons. Satriano, alla presenza delle massime autorità cittadine, del clero locale e dei vescovi pugliesi, ha quindi sottolineato come il popolo barese è legato indissolubilmente con il suo Patrono nel giorno della traslazione del suo corpo, ma soprattutto attraverso lui, uomo dell'ecumenismo, prega per la Terra Santa, per la pace necessaria per «dare gloria a Dio».
L'OMELIA DEL CARDINAL PIZZABALLA
«Non sarò io a parlare ai baresi di San Nicola - ha detto il Cardinale -, ma posso raccontarvi come lo vedo io dal mio punto di vista in Terra Santa. Lui unisce Oriente ed Occidente, forse banalizzato da Ovest...Santa Claus, Babbo Natale. È più amato ad Est. Nessuno è un'isola e nessuno nel mondo può fare da solo. Le divisioni tra fratelli cristiani sono divisioni che noi abbiamo creato. Ma la Chiesa di Cristo è una, non esistono confessioni, non esistono divisioni. Promuovere amicizia e dialogo, significa prendere a cuore le ferite che ci sono tra di noi. Ecco, San Nicola unisce tutti, scevro da altre dinamiche, da quelle politiche. Tutti qui ci dobbiamo sentire in questa casa comune, un luogo dove tutti si sentano "ricevuti". Non dobbiamo permettere che la paura di ciò che potrebbe accadere, ci fermi. Dobbiamo andare oltre. Anche nel rapporto con i giovani: non dobbiamo più lasciare che loro ci vedano come istituzione, ma come comunità. Dobbiamo dunque restare ancorati al Vangelo, prima di tutto chiedersi cosa Gesù farebbe, dovrebbe essere quella la nostra prima preoccupazione. In un momento in cui tutti parlano di guerra, di identità come idea del fendere l'altro, noi dobbiamo costruire una casa comune. Dio ci vuole diversi e la diversità dev'essere occasione di incontro e di amicizia. Nelle differenza costruire casa comune. In Terra Santa le chiese cristiane hanno la fame di essere Chiese dello scontro: ecco, questo forse in passato. Oggi abbiamo preso coscienza che non possiamo più lavorare da soli, né latini, né greci, né russi, né copti, né armeni. Prima arrivavano comunicati che nessuno leggeva, oggi siamo nuovamente uniti. San Nicola ce lo insegna, ci insegna il dialogo tra popoli. La vocazione di Bari non si esaurisce solo nel guardare all'Oriente, ma non entro nella cronaca politica e sociale e da questa situazione non si potrà uscire senza scelte politiche forti. Situazione economica è drammatica, in 35 anni che sono in Terra Santa. L'impatto di questa guerra è stato unico e tra israeliani e palestinesi ha scatenato solo odio, solo crudeltà, solo divisioni. La vittoria di un conflitto non è la pace. Vittoria significa che qualcuno è fuori, la pace include tutti. Israeliani e palestinesi non riescono più a fidarsi gli uni degli altri. La domanda per la comunità cristiana è la seguente - è stata la sua sottolineatura -: come noi possiamo aiutare ad uscire da questo contesto? Io penso che da questa situazione si debba uscire in primo luogo col "perdono", bisogna avere il coraggio della riconciliazione, non restare fermi al dolore proprio, che non è l'unico. In secondo luogo c'è bisogno che qualcuno abbia il coraggio di portarlo questo perdono, di qualcuno che "sanamente" abbia il coraggio di provocare le comunità portando il perdono. E poi oltre al perdono, ci vogliono altre due parole: verità e giustizia. Il male che si compie non può essere ignorato, ma dire la verità può essere complesso, ma deve diventare necessario. Il perdono senza giustizia e verità è buonismo, la verità senza perdono e giustizia è giustizialismo. Oggi in Terra Santa parlare di perdono sembra parlare con parole campate in aria. Si può invece restare se stessi, anche accogliendosi l'un l'altro. L'incontro con l'altro è desiderare il bene dell'altro ed in questo si ricrea se stessi. Ora dico che il messaggio di San Nicola - ha concluso Pizzaballa - dovete portarlo fuori di qui, farlo conoscere ovunque. Lui è un dono grande e non è giusto che lo teniate per voi».
IL PRELIEVO DELLA MANNA
Emozionante al limite della commozione il rito del prelievo della sacra manna da parte di padre Giovanni Distante all'interno della cripta. In continuità con quanto affermato dal Cardinal Pizzaballa e nel pieno rispetto del messaggio ecumenico di San Nicola, clero cattolico e clero ortodosso hanno innalzato canti al Vescovo di Myra. L'ampolla è poi tornata in Basilica, dove il Patriarca di Gerusalemme ha impartito alla folla di fedeli la solenne benedizione.
*Foto di Ruggiero de Virgilio