festa della liberazione bari 2020
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Vita di città

Festa della Liberazione, Decaro: «Viviamo una guerra, dobbiamo trovare dentro di noi gli ideali per reagire»

Cerimonia commemorativa a Palazzo di Città con il sindaco Decaro e il prefetto Bellomo che hanno deposto una corona d'alloro sulla lapide ai caduti

In occasione del 75° anniversario della Liberazione nazionale, l'amministrazione comunale, insieme all'ANPI, ha organizzato un momento commemorativo a Palazzo di Città, data l'impossibilità di organizzare la tradizionale cerimonia al Sacrario dei Caduti di oltremare a causa delle prescrizioni legate all'emergenza sanitaria in atto.

Il sindaco Antonio Decaro, insieme al prefetto Antonia Bellomo e alla vicepresidente provinciale dell'ANPI Anna Lepore, ha deposto una corona d'alloro presso la lapide commemorativa affissa sulla facciata esterna del Palazzo di Città. Un trombettiere dell'Aeronautica militare ha eseguito il Silenzio. Al termine della cerimonia il maestro Roberto Ottaviano ha eseguito "Bella ciao".«Oggi siamo qui per rendere omaggio alle donne a agli uomini che 75 anni fa diedero vita a uno straordinario movimento di popolo per riaffermare quei principi di libertà e democrazia negati dal ventennio fascista e dagli orrori della guerra e dell'occupazione nazifascista - ha detto Decaro. Siamo qui per non dimenticare una generazione di italiani disposti a sacrificare la propria vita per onorare i valori che sono il fondamento stesso della nostra Costituzione e della nostra comune storia repubblicana. Nessuno di noi avrebbe potuto immaginare un 25 aprile come questo. L'Italia oggi è ferma per contrastare un nemico invisibile, un nemico silenzioso ma insidiosissimo che ha già mietuto oltre 25.000 vittime nel nostro Paese. Oggi lo facciamo con un gesto simbolico, con la deposizione di una corona di alloro sulla facciata di Palazzo di Città, davanti alla lapide che ricorda il martirio dei cittadini baresi che morirono nella lotta partigiana., rendendo onore al loro eroismo in difesa della libertà e della democrazia. Lo facciamo in una Bari semideserta e in assenza dei rappresentanti istituzionali e dei cittadini, che pure sentono fortemente questa ricorrenza, con il suo immenso patrimonio di identità e di valori. Ma è come se la nostra piazza fosse ugualmente gremita e animata, perché il nostro calore, la nostra tensione ideale, i colori della nostra bandiera nazionale riempiono i nostri luoghi e i nostri cuori. In questo tempo siamo chiamati non solo a condividere le regole e le misure necessarie a frenare la curva del contagio ma soprattutto a impegnarci affinché nessuno resti indietro, nonostante le difficoltà oggettive che stanno gravando il sistema sociale e produttivo nel suo complesso. Oggi più che mai siamo chiamati a resistere e a restare uniti, seppure a distanza di sicurezza, per immaginare insieme nuove politiche di sviluppo, di coesione sociale e di tutela dei nostri concittadini più fragili, perché non potrà esserci alcun futuro di crescita senza giustizia. Non esiste alcuna libertà in assenza del riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni individuo. Stiamo vivendo una guerra certamente meno cruenta, che rischia però di cambiare per sempre quello che è stato per 75 anni l'assetto sociale ed economico del nostro Paese; per questo abbiamo bisogno di trovare dentro di noi le energie e le ragioni ideali per reagire. Reagire come fecero allora i nostri padri e i nostri nonni. Viva la liberazione, viva la Repubblica, viva l'Italia».

«Quello che celebriamo oggi è un 25 aprile un po' particolare, senza una piazza fisica e tuttavia questa giornata assume un significato ancora più profondo perché segna in qualche modo anche per noi un giorno simbolico di ricostruzione - il pensiero di Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia. Il 25 aprile del 1945 gli uomini tornarono finalmente ad essere uomini. Ritrovarono un'umanità individuale e collettiva che avevano perduto a causa della guerra, della barbarie e della violenza nazi-fascista. Uomini e donne "scelsero" da che parte stare: da una parte la dittatura, i treni per Auschwitz, le leggi razziali e dall'altra l'umanità, la dignità, la libertà e la democrazia. Uomini e donne "scelsero" di mettere in gioco le proprie vite in nome di quei valori che oggi sono scritti nella nostra Carta Costituzionale. Furono quei ragazzi di allora a saper vedere per loro e per chi sarebbe venuto dopo una libertà che ancora non c'era. Quel senso di liberazione, quell'affrancamento dal fascismo e dalla guerra richiede oggi da parte nostra azioni coerenti che continuino a mantenerlo in salute giorno dopo giorno. Ecco perché il 25 Aprile non è una data desueta, come qualcuno vuole farci credere. Il fantasma dell'inumano può tornare, sotto altre forme, ad abitare le nostre vite, a soffocare la bella politica, a infettare la nostra socialità. Noi, invece, vogliamo continuare ostinatamente ad essere sentinelle, magari a vedere quello che non c'è o non c'è ancora, quello che non si è ancora pienamente realizzato. Continueremo, ostinatamente, a costruire giorno per giorno la nostra Liberazione. In questa stagione non facile noi, come fecero i partigiani, guardiamo avanti nella certezza che da qualsiasi oscurità usciremo liberi».
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