Fiera del Levante
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Eventi e cultura

Fiera del Levante, tra innovazione e riscoperta della tradizione pugliese

La qualità del territorio tra le proposte dell'ottantunesima campionaria

«La più grande innovazione è la tradizione». Sembra che per l'ottantunesima edizione della Fiera del Levante gli organizzatori della più famosa esposizione campionaria d'Italia abbiano fatto proprio uno degli adagi più ripetuti dallo chef Antonino Cannavacciuolo nelle sue molteplici comparsate televisive. Il tema che si muove sotto traccia e percorre come un fiume carsico stand e padiglioni della Fiera, quest'anno, è il "glocale", la valorizzazione del marchio "Puglia" nel mondo.

Come ogni anno, l'esposizione levantina è l'occasione per mettere in vetrina le eccellenze straniere che hanno creduto nella Puglia con gli investimenti, in ossequio alla natura portuale/commerciale della città di Bari che sui rapporti economici ha costruito la sua fama nei secoli, ma è anche opportunità concreta per il capoluogo pugliese di riscorprisi, a partire dalle proprie origini e attraverso i "trademarks" riconosciuti in tutto il mondo e che a nessun costo devono andare smarriti tra coloro che ne sono custodi privilegiati.

Ecco, quindi, che la mente corre subito al patrimonio eno-gastronomico della Terra di Bari. Il buon cibo "made in Puglia", il mangiar bene e sano sono le leve archimedee che hanno attratto in Fiera un 20% in più di visitatori rispetto allo scorso anno, con ancora due giorni a disposizione prima del gran finale fissato per domenica 17 settembre. Un valore cui la campionaria ha dato ampio spazio, al fianco dell'hi-tech, dell'agricoltura e dei motori, da sempre cavalli di battaglia della "great exposition" barese insieme all'inflazionatissima Galleria delle Nazioni e - da quest'anno - al padiglione 18, dove la Regione Puglia sta discutendo della nuova legge sulla Partecip-Azione.

Sorprende in positivo, dunque, che in quello che una volta era il sempre ottimamente frequentato padiglione della Germania - dove i visitatori fiaccati dall'ancora prepotente caldo settembrino erano soliti rifocillarsi con würstel, crauti e un bel boccalone di birra bavarese - abbia trovato posto un presidio Slow Food, interamente dedicato alle leccornie del territorio barese, in una zona lontana dal padiglione dedicato al cibo che ospita specialità tipiche del centro-sud Italia.

A fare la parte del leone, ovviamente, ci sono i latticini, e in particolare la mozzarella gioiese, alla ricerca di riscatto dopo le stucchevoli (e inutili) polemiche tra Puglia e Campania sulla paternità del prodotto caseario più famoso al mondo. Tra assaggi e degustazioni, lo stand Slow Food offre una ricca e dettagliata mappa delle aziende del territorio leader nella produzione e commercializzazione delle tipicità nostrane, punto di forza di un patrimonio tradizionale ormai - fortunatamente - sempre meno proprietà esclusiva del popolo che ne custodisce i segreti.

Ampio spazio è, inoltre, riservato ai vini e alle masserie didattiche, che campeggiano fieri nel cuore del padiglione coperto dedicato al "food and beverage", come a sottolineare la centralità della Puglia e della Terra di Bari in particolare quando si parla di palati raffinati. Un'iniziativa meritoria che ben si incastra nel mood della Fiera del Levante, che per proporre qualcosa di nuovo ha puntato forte sul "vecchio" e sul "tradizionale". Una scelta vincente, che nell'epoca del globale ci costringe a ripensare noi stessi per mantenerci ogni giorno di più patroni eletti di un tesoro dagli orizzonti sempre più ampi.
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