Gli Zen Circus a Bari. <span>Foto Elga Montani</span>
Gli Zen Circus a Bari. Foto Elga Montani
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Gli Zen Circus a Bari: «Siamo la risposta rock alla domanda che nessuno ha mai fatto»

Ospiti della Feltrinelli per il firmacopie del loro libro "Andate Tutti Affanculo" hanno improvvisato alcune canzoni in mezzo al pubblico

Pomeriggio in musica con gli Zen Circus ieri a Bari, che hanno cantato e firmato di tutto. «Siamo la risposta rock alla domanda che nessuno ha mai fatto», dichiara Ufo, a Bari insieme ad Andrea Appino, per presentare il libro anti-biografico, scritto insieme all'autore, anch'egli di origine pisana, Marco Amerighi. Mancava all'appello Karim, che per la seconda volta in cui la band arriva in città si trova a dover fronteggiare problemi di salute. Il gruppo toscano, reduce da un anno intenso caratterizzato dalla partecipazione al Festival di Sanremo e dall'uscita della raccolta "Vivi si muore 1999-2019" che celebra 20 anni di carriera, è arrivata a Bari per incontrare i fan. Quasi un'ora di chiacchierata sul libro appena uscito, conclusa con l'esibizione acustica di alcuni pezzi: "Catene", "Non voglio ballare" e "Viva" e col tradizionale firmacopie.

Siete a Bari per presentare il vostro libro anti-biografico "Andate Tutti Affanculo". I fan troveranno tra le pagine la vostra storia che già conoscono e sentiranno echeggiare tra le righe le vostre canzoni. Ma voi a chi puntavate di arrivare con questo libro?

Ufo: La nostra speranza è che il libro sia fruibile da chi non sa chi siano gli Zen e anche a chi non mastica di rock, perché la musica c'è, c'è la spiegazione delle origini di alcuni brani, ma al centro c'è il percorso formativo, questa strada accidentata piena di curve e di buchi che compie un gruppo di ragazzi prima di diventare uomini. Il romanzo speriamo vada a dare input anche a chi non ha nulla a che vedere con noi. Abbiamo voluto prestare la nostra vita e la nostra biografia ad una narrazione che sia di formazione, che possa essere, con le dovute proporzioni, un "Huckleberry Finn" o un "Giovane Holden". Non devi essere americano per capire il "Giovane Holden", non devi essere un fan degli Zen Circus per capire questa storia.

Questo libro, pur essendo, come dite, un anti-biografia, racconta la vostra storia. Ma dove finisce la realtà e dove inizia il romanzo?

Andrea Appino: La realtà è più o meno ovunque, l'unica cosa che è davvero anti-biografica sono i nomi delle persone che abbiamo cambiato completamente. Alcuni personaggi esistono ma non esistono, altre volte sono due insieme in modo tale da poter far sì che ci fossero senza che potesse essere un problema. È il mondo che ci circonda che è stato romanzato pur essendo tutti gli eventi reali. Molte cose non sono successe nel momento in cui sono narrate nel romanzo, ma sono state spostate, come se il tempo fosse mellifluo. Abbiamo piegato tempo, spazio e luoghi in funzione del romanzo. Siamo stati molto bravi, perché avrebbe potuto essere molto più splatter.

Come nasce la collaborazione con Marco Amerighi? Perché avete scelto proprio lui?

Andrea Appino: All'inizio ci sono state alcune discussioni al riguardo, ma poi è stato il team di Mondadori a proporcelo essendo anche lui di Pisa. Ci hanno fatto leggere il suo libro, che poi è un libro che parla di musica. Inoltre conosceva Pisa, e la cosa era molto importante. Alla fine è stata una guerra, un paio di volte si è anche rischiato che alla fine il libro non uscisse più. Complicato è stato portare avanti questa narrazione a tre.

Ufo: Il libro di Amerighi parla di ragazzi di provincia che cercano di corazzarsi dal mondo unendosi nel nome della musica, che era praticamente quello di cui volevamo parlare noi. È stata una bella sinergia, lavoro ce n'è stato, diverse le stesure. Molto difficile diventare un personaggio, solo Pessoa dal gigante della letteratura che era è riuscito ad essere personaggio di sé stesso, scrivendo di sé diventando tanti altri. Devi fare un avatar di te stesso che diventa parte della narrazione, è stata un'impresa faticosa come lo è quella che è narrata nel romanzo

Quest'anno è stato molto pieno, siete stati a Sanremo, avete presentato la raccolta per i vostri 20 anni di carriera, sono dieci anni da "Andate Tutti Affanculo" e ora è arrivato anche il libro.

Andrea Appino: Avremmo dovuto stare fermi e invece è andata così. È arrivato tutto insieme, dopo che venivamo da due dischi uno dietro l'altro e due tour. Potrei definirlo allegro fatalismo o fatale vitalità. Dal 21 dicembre in poi, che ci hanno chiamato da Sanremo, siamo arrivati al punto che anelo di poter stare un giorno senza fare nulla.

Ufo: Tutte cose non volute e non cercate. Non pensavamo di fare tutto questo, ma è stato comunque un anno di grandi soddisfazioni.

Tornando a Sanremo, molti vostri fan erano scettici sulla vostra partecipazione. Perché ci siete andati allora?

Andrea Appino: In effetti "L'Amore è una dittatura" è una canzone che sarebbe stata difficile anche in un disco nostro, anche se in ogni nostro disco c'è sempre un pezzo off molto lungo. Sono pezzi che noi amiamo ma che ci rendiamo conto che soprattutto dal vivo sono molto difficili, gran parte del pubblico preferisce i pezzi più pop. È venuta fuori, senza pensare a Sanremo, anche perché fare quella canzone con in mente Sanremo vuol dire essere pazzi. Però poi dopo due anni di flirt con Sanremo grazie anche alla gestione di Baglioni, abbiamo pensato che sarebbe stato eccezionale riuscire a portare quella canzone a Sanremo, essendo poi tutta orchestrale ci si adattava anche benissimo. Noi non siamo andati a cercare un pubblico, nel cast eravamo quelli che fanno più gente dal vivo.

Ufo: Molti fan sostenevano che non fosse il nostro ambiente, molti erano scettici. Ma dopo la prima serata in molti si sono ricreduti. Noi ce lo abbiamo un pubblico, anche se molte volte ci definiscono esordienti. In un articolo ci hanno messo tra la nuova musica italiana insieme a Calcutta e i TheGiornalisti. Il cast di quest'anno poi era pieno di amici, come Motta. Se guardi il Dopofestival sembrava un programma d'essay, una roba da Rai tre, una raccolta di Fuori Orario.

La politica è sempre parte integrante della vostra produzione musicale, ed è protagonista anche nel libro, basta pensare al G8 di Genova o all'11 settembre che sono eventi narrati all'interno del romanzo, è così?

Andrea Appino: Ci interessa la politica apartitica. Vengo da una famiglia in cui ho visto i miei genitori schierati e poi disintegrarsi nei loro ideali. Credo che la politica si possa fare in mille modi. L'aspetto sociale è importante, è presente sia nel libro che nelle canzoni. Sarebbe ridicolo non considerarlo, anche nelle canzoni d'amore ci devono essere riferimenti a quello che c'è intorno. Una visione a latere, sono domande.

Ufo: Cerchiamo di leggere la contemporaneità, ci interessa la società. Non riusciamo a scindere la nostra musica dalla società, parlare di rapporti interpersonali e basta sarebbe limitante. Sono per fare domande, non per dare risposte. Se riuscissimo a fare una canzone che pone la domanda giusta, piuttosto che la risposta giusta saremmo molto soddisfatti. Se qualcuno venisse da me dicendomi che una nostra canzone gli ha fatto sorgere un certo interrogativo sarebbe molto interessante. Questa per me è politica. Anche decidere dove mettere una bicicletta o gestire una comunità di quattro abitanti. Il romanzo non può esimersi dal raccontare non solo la nostra formazione, ma anche quello che succede nel paese.

Siete al traguardo dei vent'anni di carriera, si può dire che siete arrivati al giro di boa. Dove vanno ora gli Zen Circus?

Andrea Appino: Non lo abbiamo mai capito, di sicuro vanno a scrivere canzoni

Ufo: Non lo sappiamo esattamente. Il giro di boa ci sarebbe se ci fosse una rotta tracciata, come appunto in una regata a vela, io faccio il giro di boa sapendo da dove sono partito e dove vado. Noi non sappiamo nemmeno da dove siamo partiti. Non abbiamo obiettivi di lungo periodo.
12 fotoGli Zen Circus presentano a Bari la loro anti-biografia
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