comitato no inceneritore
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Territorio

Inceneritore Bari-Modugno, presentato il ricorso al Presidente della Repubblica

L'avvocato Luigi Campanale spiega le ragioni: «ARPA non ha mai detto sì. Regione Puglia non poteva autorizzare»

Tutti sembrano dire no, ma le carte che autorizzano la Newo SpA a costruire l'inceneritore nella zona ASI tra il quartiere San Paolo di Bari e il Comune di Modugno sono in possesso dell'azienda. Un'evenienza che gli attivisti stanno provando a scongiurare con tutti i mezzi a loro discrezione. A capo della nutrita compagine che si oppone alla costruzione dell'impianto di ossido-combustione c'è il Comitato No Inceneritore, costituitosi lo scorso 3 maggio per da voce ai cittadini che ci tengono a vedere tutelata la propria salute, espressione dei comuni di Bari, Modugno, Giovinazzo, Palo del Colle, Bitetto, Turi e Bitonto. Gli effetti potenzialmente nocivi dell'inceneritore, infatti, si propagherebbero per un raggio di diversi chilometri rispetto alla zona di edificazione.

Il neonato Comitato, presieduto da Corsina Depalo, ha già pronta la mossa del tutto per tutto: è stato, infatti, inoltrato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica affinché esprima un parere vincolante sull'edificazione di una vera e propria bomba ambientale in territorio barese. Una soluzione anticipata già negli scorsi giorni dal Comune di Bitonto, che a Mattarella lamenta la «Mancata convocazione alla conferenza di servizi relativa al procedimento istruttorio, pur essendo interessato all'opera e ai suoi effetti sull'ambiente e sulla salute per la vicinanza al sito individuato», come si legge in una nota.

Il ricorso si articola in cinque punti, che sono stati illustrati stamattina in una conferenza stampa tenutasi a Bari, presso la sede dell'Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi. «Nella vicenda inceneritore - spiega l'avvocato Luigi Campanale, incaricato dal Comitato di presentare il ricorso - ci sono delle difformità rispetto alle normative istituzionali e addirittura rispetto alla Costituzione. Nel procedimento non sono state considerate le osservazioni che ha fatto ARPA, sempre pronunciatasi a sfavore della costruzione del manufatto».

Le pietre d'inciampo sono molteplici e non solo di natura sostanziale. In tutto il procedimento burocratico si sono verificati diversi intoppi di natura procedurale, con la Regione Puglia che ha concesso le autorizzazioni fuoriuscendo dai confini delle proprie competenze. «L'inceneritore - aggiunge Campanale - tratterebbe materiali sconosciuti. In questo caso non può essere la Regione ad autorizzare ma, come ha detto il Consiglio di Stato in una sentenza del 2018, è lo Stato centrale che deve procedere alla concessione delle autorizzazioni. Questo, infatti, è l'ente che garantisce al massimo grado la salute dei cittadini, che è un presidio costituzionale».

L'inceneritore, infatti, andrebbe a produrre le cosiddette "perle vetrose" quali risultanze dell'ossi-combustione. Una sostanza sulla cui natura ultima non possediamo alcuna evidenza scientifica. «Queste perle vetrose - sottolinea il professor Massimo Blonda, favorendo un parere tecnico - sono state finora prodotte solo nell'impianto di Gioia del Colle, l'unico che ha adottato questa tecnologia nel trattamento dei rifiuti. Si tratta di un impianto di modeste dimensioni che, per altro, ha lavorato pochissimo: soli 40 giorni in 10 anni di periodo di prova. Non abbiamo nessun elemento per considerare questo prodotto quale esente dal rilascio di sostanze pericolose che, comunque, sono concentrate nel prodotto finale. Perché sia un prodotto riutilizzabile deve essere qualificato dal Ministero, attraverso una procedura rigida e selettiva di verifica sperimentale e analitica. Un procedimento che non è stato effettuato, semplicemente perché non è mai stato realizzato al mondo un impianto di quelle dimensioni con quel processo».

Tra i restanti punti che costituiscono il ricorso straordinario si ricorda che il Comune di Bari aveva dato parere favorevole subordinandolo a determinate prescrizioni e, dal punto di vista urbanistico, subordinando il proprio sì alla verifica di compatibilità con il Piano Regolatore Generale. Una conformità che, nei fatti, non c'è; la variante urbanistica che rientra nelle competenze del Consiglio Comunale non è stata fatta.

Da ultimo, l'avvenuto deposito della richiesta di autorizzazione non è stato pubblicato su un giornale a tiratura nazionale, ma solo su una testata a carattere regionale.
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