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Cronaca
La difesa: "Da Olivieri nessuna estorsione al presidente della Banca Popolare di Bari"
Secondo gli avvocati Castellaneta, l'imputato non era a conoscenza dei legami con i clan di alcuni suoi collaboratori
Bari - mercoledì 23 aprile 2025
20.03 Comunicato Stampa
Quella con cui, nel 2019, l'ex consigliere regionale pugliese Giacomo Olivieri avrebbe favorito l'elezione al consiglio comunale di Bari della moglie, Maria Carmen Lorusso, fu corruzione elettorale e non scambio politico-mafioso.
E nei confronti dell'ex presidente della Banca Popolare di Bari non ci fu alcuna estorsione, e la compensazione - attraverso azioni e con il ricavato della vendita di immobili - del debito che la Fondazione "Maria Rossi" (di Olivieri) aveva con l'istituto era frutto di un "perfetto accordo" tra lo stesso Olivieri e il dirigente dell'istituto.
È quanto sostenuto oggi in udienza, nel corso di una discussione durata circa quattro ore, dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta, difensori di Olivieri nel processo in abbreviato nato dall'inchiesta 'Codice interno' sui presunti legami tra mafia, politica e imprenditoria in città. Olivieri è imputato per scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione, a processo in abbreviato ci sono altri 107.
Gli avvocati, come già fatto da Olivieri nel suo interrogatorio del 12 febbraio scorso, hanno sostenuto che l'ex consigliere regionale non era a conoscenza dei legami con i clan di alcune delle persone che avevano collaborato con lui alla campagna elettorale del 2019 (tra gli altri anche Tommaso Lovreglio, nipote del boss 'Savinuccio' Parisi del quartiere Japigia). Persone con cui Olivieri avrebbe stretto legami perché dipendenti delle municipalizzate - Lovreglio lavorava nell'Amtab, la municipalizzata dei trasporti da oltre un anno in amministrazione giudiziaria - considerate un grande bacino elettorale.
Lo stesso Olivieri ammise di aver dato soldi, buoni pasto e benzina in cambio di voti, ma affermò di non conoscere i legami di parentela con tre famiglie mafiose della città di alcuni dei suoi collaboratori. Per l'accusa, l'ex consigliere regionale avrebbe pagato esponenti dei clan Parisi, Montani e Strisciuglio e nei suoi confronti la Dda ha chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. Il processo riprenderà nella prossima udienza del 2 maggio. (ANSA)
E nei confronti dell'ex presidente della Banca Popolare di Bari non ci fu alcuna estorsione, e la compensazione - attraverso azioni e con il ricavato della vendita di immobili - del debito che la Fondazione "Maria Rossi" (di Olivieri) aveva con l'istituto era frutto di un "perfetto accordo" tra lo stesso Olivieri e il dirigente dell'istituto.
È quanto sostenuto oggi in udienza, nel corso di una discussione durata circa quattro ore, dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta, difensori di Olivieri nel processo in abbreviato nato dall'inchiesta 'Codice interno' sui presunti legami tra mafia, politica e imprenditoria in città. Olivieri è imputato per scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione, a processo in abbreviato ci sono altri 107.
Gli avvocati, come già fatto da Olivieri nel suo interrogatorio del 12 febbraio scorso, hanno sostenuto che l'ex consigliere regionale non era a conoscenza dei legami con i clan di alcune delle persone che avevano collaborato con lui alla campagna elettorale del 2019 (tra gli altri anche Tommaso Lovreglio, nipote del boss 'Savinuccio' Parisi del quartiere Japigia). Persone con cui Olivieri avrebbe stretto legami perché dipendenti delle municipalizzate - Lovreglio lavorava nell'Amtab, la municipalizzata dei trasporti da oltre un anno in amministrazione giudiziaria - considerate un grande bacino elettorale.
Lo stesso Olivieri ammise di aver dato soldi, buoni pasto e benzina in cambio di voti, ma affermò di non conoscere i legami di parentela con tre famiglie mafiose della città di alcuni dei suoi collaboratori. Per l'accusa, l'ex consigliere regionale avrebbe pagato esponenti dei clan Parisi, Montani e Strisciuglio e nei suoi confronti la Dda ha chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. Il processo riprenderà nella prossima udienza del 2 maggio. (ANSA)