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Scuola e Lavoro

La roulette dell’alternanza scuola-lavoro. In provincia di Bari un’azienda su cinque non è in regola

Ben 28 sono le imprese che non hanno compilato il questionario Asl. La domanda sorge spontanea: a che serve il Pcto?

Il 20% delle aziende della provincia di Bari, una su cinque, che ospitano attività di alternanza scuola-lavoro non è risultato in regola. È quanto emerge dall'indagine statistica condotta dal servizio Spesal dell'Asl Bari tra marzo e aprile 2022. Il piano mirato di prevenzione 2022 "L'Alternanza alternativa" ha permesso allo Spesal Area nord del dipartimento di prevenzione della Asl di raggiungere e, soprattutto, di verificare 70 aziende distribuite sul territorio, appartenenti a 7 differenti comparti produttivi, in aggiunta a quelle già previste nella normale attività di vigilanza.

Alle 70 aziende individuate nel campione, la Asl ha chiesto di compilare un modulo di autovalutazione per quanto riguarda le attività di Pcto (come ora si chiama l'ormai ex alternanza scuola-lavoro): 42 hanno inviato il questionario compilato, mentre 28 aziende non hanno restituito il form.

Nel report Asl si legge: «Le 42 schede di autovalutazione compilate e acquisite dal servizio sono state automaticamente caricate in un data-base contenente le informazioni utili al servizio di vigilanza. Dall'analisi dei dati, sono emerse alcune criticità che hanno indotto gli operatori dello Spesal a fare chiarezza su ogni singola situazione dubbia. Pertanto, sono stati convocati ufficialmente i datori di lavoro e i consulenti tecnici e, attraverso confronti diretti e mirati, sono stati assicurati i necessari approfondimenti al fine di chiarire i dubbi sorti, inducendo le aziende a implementare le misure di prevenzione già in atto. Per quanto riguarda le 28 aziende che non hanno risposto si è proceduto con la programmazione della vigilanza: per 20 è stato effettuato l'accesso ispettivo presso le sedi operative o presso i cantieri. Per le restanti 8 aziende, è stata effettuata la vigilanza tramite la verifica della documentazione obbligatoria prevista dalla normativa vigente in tema di sicurezza sul lavoro».

E ancora: «I controlli eseguiti hanno consentito in tempi relativamente brevi di analizzare e accertare gli aspetti inerenti la sicurezza dei luoghi di lavoro e delle procedure ai fini della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali dei lavoratori e, in particolare, degli studenti che svolgono, anche se per breve tempo, il periodo di formazione sul campo ospitati in aziende del territorio dell'Area Nord della Asl BA».

Bene, qui finiscono i fatti e iniziano le interpretazioni. La prima, e più immediata, considerazione da fare è che - in questi termini - la partecipazione a progetti di Pcto in azienda assomiglia alla roulette russa, più che a un percorso formativo. Vero, l'80% degli studenti e delle studentesse andrà a svolgere l'alternanza in un contesto quanto più sicuro possibile, ma è anche vero che al restante 20% non rimarrà che pregare, come i soldati nel famoso film "Il Cacciatore", quando dovevano sperare di non trovare la pallottola giocando al crudele e pericoloso gioco con la pistola.

Qualche acuto commentatore dirà: dato che la perfezione non è di questo mondo, l'80% è comunque la vasta maggioranza. Qualche altro commentatore, ancora più acuto, rileverà che, date le condizioni pietose dell'edilizia scolastica (a Nord come a Sud, ma a Sud un po' di più, alla faccia dell'autonomia differenziata), i ragazzi e le ragazze non trovano a scuola un ambiente più sicuro di quello che trovano all'esterno. E il commentatore acutissimo noterà: svolgere le attività formative e scolastiche in due ambienti egualmente insicuri equivale a raddoppiare il rischio di incidenti e infortuni. O, nei casi estremi (ma, purtroppo, non così infrequenti), anche di conseguenze irreparabili.

Ma, visto che abbiamo lasciato già da un pezzo la solida certezza dei fatti per avventurarci nel nebuloso campo delle interpretazioni, appare doveroso avanzare qui altre osservazioni. La prima guarda con sospetto alla mediocrità di una classe dirigente e governativa incapace di intercettare nella loro interezza i fondi del Pnrr, che sarebbero preziosa acqua nel deserto per provare a intervenire sull'inadeguatezza delle nostre strutture scolastiche (quanti progetti già partiti, nella vana speranza di poter contare su una pioggia di miliardi). La seconda, invece, va alla radice del problema: ma l'alternanza scuola-lavoro (o, "mutatis mutandis", Percorso per le competenze trasversali e l'orientamento) è davvero qualcosa a cui non si può proprio rinunciare?

Generazioni e generazioni sono cresciute nella convinzione che andare a scuola servisse per farsi una cultura, per imparare cose (come quei "dinosauri" del latino, del greco, della storia, della filosofia, delle scienze, delle letterature) a cui altrimenti non si avrebbe mai avuto accesso nella vita, a pensare con la propria testa e a essere meno esposti ai tentativi di indottrinamento e manipolazione.

Ma, a un certo punto, deve essere cambiato qualcosa, perché il Pcto (al netto della capacità di molti docenti di tirar fuori anche dall'alternanza delle esperienze interessanti ed educative) assomiglia tanto al tentativo di convincere gli/le adolescenti che l'unica cosa veramente utile in questa vita sia imparare a eseguire senza farsi troppe domande. Se prima la scuola era il luogo dove le giovani generazioni potevano, in santa pace, pensare solo a studiare per loro stesse, l'ingresso del chimerico "mercato del lavoro" anche negli istituti superiori ha fatto sì che la luna di miele tra cultura e gioventù finisse per sempre.

Quindi, tornando alla domanda originaria, si può rispondere: il Pcto serve per insegnare ai ragazzi e alle ragazze che a contare davvero è il profitto, e come fare per ottenerlo. E se dalla strada dei dividendi c'è bisogno di espungere diritti, tutele, equi salari, non fa niente; il fine giustifica i mezzi.

Sì, perché il Pcto questo è: lavoro minorile non pagato e, spesso (non sempre, ma spesso sì perché il 20% non è un residuo marginale) a rischio di incidenti. Esattamente come il lavoro "vero", degli adulti, quelli di cui ogni anno facciamo prima a contare i superstiti che i morti sul posto di occupazione. E il fatto che governi di "sinistra" non siano riusciti a far di meglio che cambiare il nome dell'alternanza (istituita dalla Legge n. 53/2003 e disciplinata dal Decreto legislativo n. 77/2005) in Pcto la dice già lunga sul ruolo che la "sinistra" ha assunto nell'orizzonte della politica neoliberale e dell'economia neoliberista.

Va benissimo, però basta dirlo. Così poi nessuno si sorprende quando si scopre che (indagine del Quotidiano di Puglia) dal 2017 al 2021 il Pcto ha fatto 18 morti e 296.003 infortuni. I casi di Giuliano De Seta e tanti altri, d'altra parte, sono stati buoni soltanto per aggiornare il vocabolario del cordoglio e delle buone intenzioni. Ma, si sa, di buone intenzioni sono lastricate solo le strade dell'inferno.
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