
Attualità
La statua di San Nicola imbarcata, sarà al largo fino a stasera
Sempre in mattinata processione e poi la messa al molo con monsignor Satriano
Bari - giovedì 8 maggio 2025
13.12
Oggi è l'8 maggio e Bari si festeggia San Nicola. Questa giornata è quella che, forse, è più sentita dai baresi, che si riversano sul lungomare prima per seguire la messa, e poi per la benedizione della statua e l'omaggio al santo in mare. La statua, infatti, come tradizione, è stata imbarcata sul peschereccio Gina Madre (estratto la scorsa settimana nell'altrettanto tradizionale evento in basilica) e resterà al largo fino a stasera. In questo lasso di tempo, baresi, fedeli e no, ma anche visitatori e turisti, possono andare in barca a rendere omaggio al santo di Myra.
In serata, poi, la statua verrà sbarcata e tornerà in piazza Ferrarese. E alle 20 spazio all'accensione delle luminarie e poi, alle 22, allo spettacolo pirotecnico, che torna quest'anno l'8 maggio dopo che lo scorso anno, a causa di problemi economici e logistici, si era stati costretti al rinvio ad un'altra data.
La messa al molo, prima dell'imbarco, è stata officiata dall'arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano. Di seguito riportiamo integralmente la sua omelia.
Fratelli e sorelle,
il mare quest'oggi ci parla e con il suo respiro profondo ci riconduce a quel lontano 1087, quando uomini animati da una fede semplice e forte, salparono per Myra e portarono qui, in questa terra di confine e d'incontro, le reliquie del santo vescovo Nicola.
Da allora, Bari è divenuta un grembo ospitale, un porto che accoglie. E oggi, come allora, accoglie voi — pellegrini venuti da lontano, devoti spinti dal desiderio di toccare con mano la fede che si è fatta storia, carne, testimonianza.
In questa liturgia che ci unisce sulla soglia del mare, i testi della liturgia ci parlano di un Santo che fu difensore della fede, pastore attento e segno di pace per il suo popolo. Ma ciò che oggi ci interpella con forza è l'invito a non fare memoria per nostalgia, ma per rilanciare il nostro cammino. San Nicola non è un ricordo da conservare, ma profezia da vivere.
La Parola di Dio ci conduce nel cuore di questo mistero. Scrive san Giacomo: "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?" (Gc 2,14). È una domanda che inquieta, ma che ci salva. Perché costringe a chiedersi: quale fede celebriamo oggi? Una fede da custodire in teche d'argento, in reliquiari pregiati, o una fede che si consuma per amore, che si sporca le mani nella vita degli altri?
San Nicola è il volto concreto di questa fede operosa. Fu vescovo, sì, ma soprattutto fu fratello. Il suo cuore si lasciava commuovere dal grido dei poveri, dalla sofferenza degli oppressi, dalle ingiustizie che ferivano i piccoli, questi piccoli che oltraggiamo con la nostra superficialità e che circondiamo con il nostro egoismo.
La sua santità è stata un pellegrinaggio continuo verso l'altro, una uscita costante da sé per incontrare il volto del Cristo nei fratelli.
Il salmo 23 ci aiuta a riconoscere il modo con cui Nicola camminava: "Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me".
La fede è un viaggio, un pellegrinaggio che attraversa le valli dell'oscurità, delle fatiche quotidiane, delle solitudini e dei dolori. Ma proprio lì, in quelle pieghe di umanità, il Signore si fa compagno di strada.
E non è forse questo, che oggi ci chiede anche il tempo di grazia che stiamo vivendo nel cammino del Giubileo? Metterci in cammino; svegliarci da ogni pigrizia spirituale; lasciare i porti sicuri, divenire cercatori di Dio e inoltrarci, come Nicola, nel mare aperto di una testimonianza viva.
Non basta conservare le reliquie di un santo se non lasciamo che il suo esempio ci inquieti. Non serve inginocchiarci davanti al suo altare se non ci chiniamo anche noi sui fratelli abbandonati ai margini delle nostre città.
Ecco, il Giubileo ci chiama a un pellegrinaggio dell'anima. Ci chiede di rimetterci in viaggio, di alzarci da ogni panchina della rassegnazione e tornare a credere che il bene è possibile.
A Bari arrivano pellegrini dalla Russia, dalla Grecia, dal Libano, dalla Georgia, dall'Ucraina e da tante parti della nostra Italia (Molise, Campania, Abruzzo): sono fratelli che, con la loro fede e la loro fatica, ci ricordano che il cammino dell'uomo verso Dio è sempre un cammino che attraversa l'altro.
Fratelli, sorelle, lasciamoci mettere in cammino. La vita non si lascia possedere, ma solo attraversare. E nel cammino della fede, come ci ricorda oggi Giacomo, non basta dire "Signore, Signore". Serve condividere, servire, donare, avere mani che si sporcano e cuori che si aprono.
Al termine di questa celebrazione, mentre guarderemo il mare, lasciamo che sia lui a parlarci. Il mare che accolse le ossa del Santo, che vide approdare speranza, oggi ci chiede di essere uomini e donne capaci di apertura. Di accogliere chi giunge, di soccorrere chi cade, di testimoniare una fede che cammina. San Nicola, pellegrino con noi, interceda per questa città, perché non si stanchi mai di essere porto sicuro per i fratelli, e strada viva per il Vangelo. Concludo invocando l'intercessione del Santo su ciascuno, sulle nostre famiglie e l'amata Bari.
Foto Ruggiero De Virgilio
In serata, poi, la statua verrà sbarcata e tornerà in piazza Ferrarese. E alle 20 spazio all'accensione delle luminarie e poi, alle 22, allo spettacolo pirotecnico, che torna quest'anno l'8 maggio dopo che lo scorso anno, a causa di problemi economici e logistici, si era stati costretti al rinvio ad un'altra data.
La messa al molo, prima dell'imbarco, è stata officiata dall'arcivescovo di Bari-Bitonto, monsignor Giuseppe Satriano. Di seguito riportiamo integralmente la sua omelia.
Fratelli e sorelle,
il mare quest'oggi ci parla e con il suo respiro profondo ci riconduce a quel lontano 1087, quando uomini animati da una fede semplice e forte, salparono per Myra e portarono qui, in questa terra di confine e d'incontro, le reliquie del santo vescovo Nicola.
Da allora, Bari è divenuta un grembo ospitale, un porto che accoglie. E oggi, come allora, accoglie voi — pellegrini venuti da lontano, devoti spinti dal desiderio di toccare con mano la fede che si è fatta storia, carne, testimonianza.
In questa liturgia che ci unisce sulla soglia del mare, i testi della liturgia ci parlano di un Santo che fu difensore della fede, pastore attento e segno di pace per il suo popolo. Ma ciò che oggi ci interpella con forza è l'invito a non fare memoria per nostalgia, ma per rilanciare il nostro cammino. San Nicola non è un ricordo da conservare, ma profezia da vivere.
La Parola di Dio ci conduce nel cuore di questo mistero. Scrive san Giacomo: "A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere?" (Gc 2,14). È una domanda che inquieta, ma che ci salva. Perché costringe a chiedersi: quale fede celebriamo oggi? Una fede da custodire in teche d'argento, in reliquiari pregiati, o una fede che si consuma per amore, che si sporca le mani nella vita degli altri?
San Nicola è il volto concreto di questa fede operosa. Fu vescovo, sì, ma soprattutto fu fratello. Il suo cuore si lasciava commuovere dal grido dei poveri, dalla sofferenza degli oppressi, dalle ingiustizie che ferivano i piccoli, questi piccoli che oltraggiamo con la nostra superficialità e che circondiamo con il nostro egoismo.
La sua santità è stata un pellegrinaggio continuo verso l'altro, una uscita costante da sé per incontrare il volto del Cristo nei fratelli.
Il salmo 23 ci aiuta a riconoscere il modo con cui Nicola camminava: "Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me".
La fede è un viaggio, un pellegrinaggio che attraversa le valli dell'oscurità, delle fatiche quotidiane, delle solitudini e dei dolori. Ma proprio lì, in quelle pieghe di umanità, il Signore si fa compagno di strada.
E non è forse questo, che oggi ci chiede anche il tempo di grazia che stiamo vivendo nel cammino del Giubileo? Metterci in cammino; svegliarci da ogni pigrizia spirituale; lasciare i porti sicuri, divenire cercatori di Dio e inoltrarci, come Nicola, nel mare aperto di una testimonianza viva.
Non basta conservare le reliquie di un santo se non lasciamo che il suo esempio ci inquieti. Non serve inginocchiarci davanti al suo altare se non ci chiniamo anche noi sui fratelli abbandonati ai margini delle nostre città.
Ecco, il Giubileo ci chiama a un pellegrinaggio dell'anima. Ci chiede di rimetterci in viaggio, di alzarci da ogni panchina della rassegnazione e tornare a credere che il bene è possibile.
A Bari arrivano pellegrini dalla Russia, dalla Grecia, dal Libano, dalla Georgia, dall'Ucraina e da tante parti della nostra Italia (Molise, Campania, Abruzzo): sono fratelli che, con la loro fede e la loro fatica, ci ricordano che il cammino dell'uomo verso Dio è sempre un cammino che attraversa l'altro.
Fratelli, sorelle, lasciamoci mettere in cammino. La vita non si lascia possedere, ma solo attraversare. E nel cammino della fede, come ci ricorda oggi Giacomo, non basta dire "Signore, Signore". Serve condividere, servire, donare, avere mani che si sporcano e cuori che si aprono.
Al termine di questa celebrazione, mentre guarderemo il mare, lasciamo che sia lui a parlarci. Il mare che accolse le ossa del Santo, che vide approdare speranza, oggi ci chiede di essere uomini e donne capaci di apertura. Di accogliere chi giunge, di soccorrere chi cade, di testimoniare una fede che cammina. San Nicola, pellegrino con noi, interceda per questa città, perché non si stanchi mai di essere porto sicuro per i fratelli, e strada viva per il Vangelo. Concludo invocando l'intercessione del Santo su ciascuno, sulle nostre famiglie e l'amata Bari.
Foto Ruggiero De Virgilio