Politica
Laforgia contro la legge elettorale: «I voti a Bari valgono meno che a Lecce»
Il candidato di LeU denuncia alcune anomalie procedurali: «Violati primi 3 articoli della Costituzione»
Bari - giovedì 22 marzo 2018
13.50
Il voto dello scorso 4 marzo, con cui gli italiani sono stati chiamati a rinnovare il Parlamento, lascia ancora dietro di sé una lunga scia di polemiche. Stavolta, però, non è al centro della querelle il risultato in senso stretto, quanto piuttosto alcune allarmanti anomalie nell'assegnazione dei seggi. A denunciarle è il candidato non eletto alla Camera nel collegio di Bari Michele Laforgia, presentatosi con Liberi e Uguali, che stamattina ha tenuto presso il suo comitato elettorale, in corso Vittorio Emanuele, una conferenza stampa con cui ha preteso chiarimenti su alcune circostanze torbide legate all'ultimo verdetto delle urne.
La pietra d'inciampo, secondo Laforgia, sta tutta qua: a Bari la Corte di Appello, in funzione di ufficio centrale elettorale, ha attribuito i seggi al Senato rispettando l'assegnazione prevista dalla legge, cosa che - invece - non è accaduta per la Camera, dove il seggio di Liberi e Uguali è andato a Lecce.
Il difetto sta nel fatto che il candidato eletto alla Camera nel collegio leccese aveva ricevuto meno voti rispetto a quello barese, creando di fatto un corto circuito per cui «La stessa legge, nello stesso ufficio elettorale della stessa Regione e negli stessi giorni è stata applicata in modo opposto, favorendo alcuni e danneggiando altri», come ha scritto Laforgia su Facebook.
«Alla Camera - spiega il candidato di LeU in conferenza - si è sostenuto che i seggi assegnati dalla legge a un dato collegio possano essere spostati altrove, dicendo di fatto ai cittadini di Bari che hanno diritto solo a cinque deputati e non a sei (mentre a Lecce non sono più sette ma addirittura nove); al Senato, invece, è stata applicata la legge rispettando il numero dei seggi che è stato attribuito a ciascun collegio. Numero che, ricordo, risponde a un principio fondamentale quale la rappresentanza territoriale. La legge dice che ogni territorio, in base alla popolazione, ha diritto ad avere un certo numero di deputati e senatori».
Un problema che arriva addirittura a compromettere i principi fondativi della repubblica: «Secondo me - continua Laforgia - sono stati violati i primi tre articoli della Costituzione, ovvero quelli che stabiliscono la sovranità popolare, la pari dignità dei cittadini anche nell'esercizio dei diritti elettorali e l'uguaglianza».
«Perché i voti dei cittadini di Bari non valgono quanto quelli dei cittadini di Lecce? Perché gli eletti al Senato hanno diritti diversi dagli eletti alla Camera? Come si può ammettere che la medesima legge venga applicata in via amministrativa in modo diverso a seconda dei rami del Parlamento?», le domande pungenti di Laforgia che ancora attendono risposta. «Si tratta evidentemente di una violazione dei principi fondamentali».
«Il punto - continua Laforgia - è che la legge prevede che Camera e Senato decidano su loro stesse; non c'è un ricorso giurisdizionale. Quando questa possibilità è stata ammessa (per esempio alle ultime elezioni europee), il Consiglio di Stato, tanto in sede giurisdizionale quanto in sede consultiva, ha detto che la legge va applicata rispettando l'assegnazione dei seggi in ossequio al principio di rappresentanza territoriale. Questa è anche responsabilità del Ministero, che avrebbe dovuto rispettare le assegnazioni previste dalla legge, innanzitutto nel conteggio dei seggi. Cosa che, ovviamente, non è avvenuta, determinando così un caso unico in Italia: un medesimo ufficio ha applicato la legge in modo difforme, nonostante le norme siano perfettamente identiche».
Un vizio che ha, di fatto, escluso lo stesso Laforgia dal Parlamento, anche se, sottolinea l'ex candidato, non è questo il punto della questione. «Il fatto che io sia rimasto fuori - conclude Michele Laforgia - è l'ultimo aspetto rilevante di questa faccenda. Io non ho mai pensato di avere diritto al seggio parlamentare; la decisione di occuparmi di politica riguarda, appunto, la politica e non le elezioni. È una questione che riguarda il nostro territorio e le istituzioni. Su questa vicenda dovrebbero essere interrogati il sindaco di Bari Decaro e il governatore della Puglia Emiliano, e di questo problema dovrebbero occuparsi anche le Camere, e farlo subito. Questa legge elettorale è palesemente incostituzionale».
La pietra d'inciampo, secondo Laforgia, sta tutta qua: a Bari la Corte di Appello, in funzione di ufficio centrale elettorale, ha attribuito i seggi al Senato rispettando l'assegnazione prevista dalla legge, cosa che - invece - non è accaduta per la Camera, dove il seggio di Liberi e Uguali è andato a Lecce.
Il difetto sta nel fatto che il candidato eletto alla Camera nel collegio leccese aveva ricevuto meno voti rispetto a quello barese, creando di fatto un corto circuito per cui «La stessa legge, nello stesso ufficio elettorale della stessa Regione e negli stessi giorni è stata applicata in modo opposto, favorendo alcuni e danneggiando altri», come ha scritto Laforgia su Facebook.
«Alla Camera - spiega il candidato di LeU in conferenza - si è sostenuto che i seggi assegnati dalla legge a un dato collegio possano essere spostati altrove, dicendo di fatto ai cittadini di Bari che hanno diritto solo a cinque deputati e non a sei (mentre a Lecce non sono più sette ma addirittura nove); al Senato, invece, è stata applicata la legge rispettando il numero dei seggi che è stato attribuito a ciascun collegio. Numero che, ricordo, risponde a un principio fondamentale quale la rappresentanza territoriale. La legge dice che ogni territorio, in base alla popolazione, ha diritto ad avere un certo numero di deputati e senatori».
Un problema che arriva addirittura a compromettere i principi fondativi della repubblica: «Secondo me - continua Laforgia - sono stati violati i primi tre articoli della Costituzione, ovvero quelli che stabiliscono la sovranità popolare, la pari dignità dei cittadini anche nell'esercizio dei diritti elettorali e l'uguaglianza».
«Perché i voti dei cittadini di Bari non valgono quanto quelli dei cittadini di Lecce? Perché gli eletti al Senato hanno diritti diversi dagli eletti alla Camera? Come si può ammettere che la medesima legge venga applicata in via amministrativa in modo diverso a seconda dei rami del Parlamento?», le domande pungenti di Laforgia che ancora attendono risposta. «Si tratta evidentemente di una violazione dei principi fondamentali».
«Il punto - continua Laforgia - è che la legge prevede che Camera e Senato decidano su loro stesse; non c'è un ricorso giurisdizionale. Quando questa possibilità è stata ammessa (per esempio alle ultime elezioni europee), il Consiglio di Stato, tanto in sede giurisdizionale quanto in sede consultiva, ha detto che la legge va applicata rispettando l'assegnazione dei seggi in ossequio al principio di rappresentanza territoriale. Questa è anche responsabilità del Ministero, che avrebbe dovuto rispettare le assegnazioni previste dalla legge, innanzitutto nel conteggio dei seggi. Cosa che, ovviamente, non è avvenuta, determinando così un caso unico in Italia: un medesimo ufficio ha applicato la legge in modo difforme, nonostante le norme siano perfettamente identiche».
Un vizio che ha, di fatto, escluso lo stesso Laforgia dal Parlamento, anche se, sottolinea l'ex candidato, non è questo il punto della questione. «Il fatto che io sia rimasto fuori - conclude Michele Laforgia - è l'ultimo aspetto rilevante di questa faccenda. Io non ho mai pensato di avere diritto al seggio parlamentare; la decisione di occuparmi di politica riguarda, appunto, la politica e non le elezioni. È una questione che riguarda il nostro territorio e le istituzioni. Su questa vicenda dovrebbero essere interrogati il sindaco di Bari Decaro e il governatore della Puglia Emiliano, e di questo problema dovrebbero occuparsi anche le Camere, e farlo subito. Questa legge elettorale è palesemente incostituzionale».