Quanto incassa la Puglia da chi imbottiglia l'acqua minerale? Briciole secondo Legambiente
Quanto incassa la Puglia da chi imbottiglia l'acqua minerale? Briciole secondo Legambiente
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Quanto incassa la Puglia da chi imbottiglia l'acqua minerale? Briciole secondo Legambiente

La nostra infatti è una delle poche regioni in Italia che non fa pagare i metri cubi estratti alla fonte

I canoni che le regioni applicano a chi utilizza l'acqua proveniente dalle sorgenti naturali, seguono tre criteri: in funzione degli ettari dati in concessione, dei volumi emunti e di quelli imbottigliati. Solo 5 regioni applicano tutti e tre i criteri previsti (Emilia Romagna, Lazio, Molise, Sicilia e provincia autonoma di Bolzano), mentre nel 62% dei casi le regioni applicano due canoni su tre. 3 regioni poi applicano poi un solo canone, fra queste c'è la Puglia. Eterogenei i prezzi applicati ai canoni di concessione: si passa da un minimo di 21,38 euro per ettaro previsto in Emilia Romagna (che applica però tutti e tre i canoni previsti) ai 130 euro/ettaro previsti in Puglia (che applica invece un solo canone per la concessione, in base agli ettari). A riportare l'analisi sul business dell'acqua in bottiglia sono Legambiente e Altreconomia che, in occasione della Giornata mondiale dell'acqua di oggi, presentano il dossier "Acque in bottiglia. Un'anomalia tutta italiana", in cui si riporta la non sostenibilità dell'attuale modello di gestione della risorsa idrica e le carenze strutturali del nostro Paese. Per questo l'associazione ambientalista chiede che la concessione di beni comuni naturali e di pregio venga sottoposta ad attente regole di assegnazione e gestione, nonché a canoni adeguati in modo da evitarne abusi nell'utilizzo e rendite per pochi.
l settore dell'acqua in bottiglia in Italia non conosce crisi: un giro d'affari stimato intorno ai 10 miliardi euro all'anno, con un fatturato per le sole aziende imbottigliatrici che i rapporti di settore stimano in 2,8 miliardi di euro, di cui solo lo 0,6% arriva nelle casse dello Stato. Le aziende infatti pagano canoni che raggiungono al massimo i 2 millesimi di euro al litro (un costo di 250 volte inferiore rispetto al prezzo medio di vendita dell'acqua in bottiglia). In Italia ci sono oltre 260 marchi distribuiti in circa 140 stabilimenti che imbottigliano gli oltre 14 miliardi di litri necessari per garantire l'esorbitante consumo pro-capite nostrano (206 litri annui), che fanno dell'Italia il primo Paese in Europa e il secondo nel mondo (dietro solo al Messico) per consumo di acqua imbottigliata, stando a i dati forniti da Censis.
"I dati riportati nel rapporto evidenziano come l'acqua in bottiglia rappresenti ancora oggi un business, in costante aumento negli ultimi anni – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – Un affare miliardario che vede da una parte le aziende, a cui vengono concessi canoni a dir poco irrisori per imbottigliare l'acqua, dall'altra gli enti regionali che devono accontentarsi delle briciole. La Regione Puglia continua a far pagare le società che imbottigliano l'acqua in funzione degli ettari dati in concessione e non sulla base dei metri cubi di acqua emunta o imbottigliata, con un ritorno economico assolutamente irrisorio. Basterebbe applicare un canone minimo di almeno 20 euro al metro cubo, pari a 2 centesimi di euro al litro imbottigliato, per ottenere introiti maggiori da reinvestire in politiche di tutela e gestione della risorsa idrica e di miglioramento del Servizio Idrico Integrato, ottimizzando la distribuzione dell'acqua potabile nelle nostre case e incentivando l'uso dell'acqua di rubinetto".
Interessante poi il canone per i quantitativi imbottigliati, che presentano un valore medio di 1,15 euro/metro cubo, ovvero 1 millesimo di euro al litro. Tra le Regioni che non prevedono nulla per i quantitativi di acqua imbottigliata vi è la Puglia. Se venisse applicata la proposta di Legambiente, i possibili introiti che intascherebbero le casse regionali, a fronte di 62.111.780 litri imbottigliati, sarebbero di 1,2 milioni di euro/anno invece degli attuali 22.750 euro pagati per i 175 ettari dati in concessione.
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