Giovanni Assi
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Attualità

Nuova Legge di Bilancio: ne parla Giovanni Assi

Le misure che incideranno sui lavoratori dipendenti e sui pensionati

Chiediamo al dott. Giovanni Assi, consulente del lavoro e tra i massimi esponenti pugliesi in materia di lavoro, se questa nuova Legge di Bilancio, la prima dell'era Meloni, è confacente alle aspettative e, in particolare, quali sono le principali misure che incideranno direttamente sui lavoratori dipendenti e sui pensionati.


Dott. Assi, qual è il giudizio su questa manovra?

«Pur comprendendo le strettissime tempistiche e soprattutto le condizioni in cui il nuovo governo, presieduto dalla premier Giorgia Meloni, ha dovuto licenziare la prima Legge di Bilancio della legislatura, non possiamo esprimere piena soddisfazione poiché sono state davvero troppo poche e soprattutto troppo poco incisive le misure a favore del mondo produttivo, vera locomotiva del nostro Paese, che avrebbe necessitato di interventi più coraggiosi.
Ci auguriamo, dunque, che questo sia solo un punto di partenza e che venga dato seguito coi fatti alle parole espresse dalla nostra Presidente del Consiglio nella conferenza stampa di fine anno, in cui la Meloni ha indicato nella riduzione del costo del lavoro e nella riforma fiscale le priorità di questo Governo».

Qual è la principale misura che inciderà direttamente sulle buste paga dei lavoratori dipendenti?

«Viene confermato, anche se rivisto, per l'anno 2023 l'esonero contributivo sull'aliquota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) dovuta dai lavoratori dipendenti (esonero già previsto per l'anno 2022). La nuova formulazione, infatti, prevede che l'esonero sia pari al 3% se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 1.923 euro, ovvero al 2%, se la retribuzione imponibile mensile è superiore a 1.923 euro e non eccede l'importo di 2.692 euro.
L'applicabilità della stessa vale anche sulla 13ª mensilità».


Un altro tema di grade interesse è quello di accesso alla pensione, a tal proposito sono state previste "finestre" anticipate dopo quota 100 e quota 102 degli ultimi governi?

«La Legge di Bilancio 2023 introduce, in via sperimentale, per il 2023, una possibilità di pensionamento anticipato (c.d. Quota 103). A tale trattamento si può accedere al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva di almeno 41 anni.
La fattispecie è introdotta per i regimi pensionistici relativi ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, ovvero, limitatamente alle forme gestite dall'INPS, ai lavoratori autonomi e parasubordinati. Sono invece esclusi da tale finestra il personale militare delle Forze armate, delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si ritiene utile evidenziare in particolare che il trattamento liquidato, fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, cumulabili nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Sempre in tema di pensione "anticipata" la Legge di Bilancio 2023 proroga fino al 31 dicembre 2023 la possibilità di usufruire della cosiddetta APE sociale (indennità per l'Anticipo pensionistico), introdotta con la Legge n. 232/2016, e che consiste in un'indennità erogata dall'INPS ad alcune categorie di lavoratori che abbiano compiuto almeno 63 anni fino al raggiungimento dell'età prevista per la pensione di vecchiaia o fino all'ottenimento della pensione anticipata.

Per le sole donne invece, la misura prevista dall'art. 16 del DL n. 4/2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 26/2019, viene prorogata e direi anche complicata.
Per accedere, infatti, alla pensione anticipata esercitando l'opzione donna, le lavoratrici devono aver maturato entro il 31 dicembre 2022 un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni ed
un'età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio, nel limite massimo di due anni.
Le lavoratrici devono essere, inoltre, in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:
  1. assistere al momento della richiesta e da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  2. avere una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74%;
  3. essere lavoratrici licenziate o dipendenti di "imprese in crisi"».

L'ultima domanda riguarda quello che è stato senza dubbio il tema "più caldo" in assoluto e su cui si è incentrata l'intera campagna elettorale dell'attuale governo: la volontà di abolizione del Reddito di Cittadinanza. Cosa accadrà nel 2023?

«Per l'anno 2023, è previsto il rifinanziamento di tale misura, ma con la previsione di una riduzione di durata, nonché di modifiche normative che prevedono, tra l'altro, maggiori limitazioni e decadenza dell'assegno nell'ipotesi di mancata partecipazione al programma di formazione/riqualificazione professionale e in caso di rifiuto della prima offerta congrua di lavoro.
A partire dal 1° gennaio 2024, inoltre, le disposizioni relative al Rdc saranno interamente abrogate.
La misura del reddito di cittadinanza dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 è riconosciuta nel limite massimo di 7 mensilità. La durata del Rdc percepibile nel 2023, pertanto, viene ridotta a 7 mensilità. Fanno eccezione i nuclei familiari con persone portatrici di disabilità, come previsto dal DPCM n. 159/2013, minorenni o persone con almeno sessant'anni».

In qualità di consigliere nazionale di Unimpresa per lavoro e welfare sarà convocato a Roma con le parti sociali dal Governo. Quale sarà la principale proposta che porterà sul tavolo della premier?

«Esattamente quanto da lei già più volte ribadito, ovvero introdurre misure concrete per abbassare il costo del lavoro per le nostre imprese. Tutti i provvedimenti diretti ad incidere sulle buste paga dei lavoratori, infatti, hanno realmente un senso se le nostre aziende continuano a promuovere l'occupazione, ma per far questo è necessario che si abbatta il costo del lavoro, portandolo quantomeno ai livelli medi europei che nel 2020 sono stati di 28,3 euro per ora lavorata. L'Italia, invece, si attesta su un costo del lavoro orario ben più alto, ovvero a 29,1 euro».
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