Cronaca

Omicidi e controllo del territorio con metodo mafioso, 24 arresti nei clan Parisi-Palermiti e Busco

Le indagini partite in seguito a tre uccisioni avvenute nel 2017, le due famiglie contrapposte per la gestione dei traffici illeciti


Ben 24 arresti sono stati effettuati questa mattina, alle prime luci dell'alba, dalla Squadra Mobile di Bari, tutti nei confronti di esponenti del clan Parisi-Palermiti e del gruppo Busco di Japigia.

Le indagini condotte dalla sezione reati conto la persona si sono sviluppate a seguito di alcuni omicidi perpetrati nei primi mesi del 2017 nel quartiere Japigia di Bari, roccaforte del clan Parisi-Palermiti. Nello specifico:

1. la sera del 17 gennaio 2017, a pochi metri dal Liceo Scientifico Gaetano Salvemini, Francesco Barbieri detto U' varvir (di anni 40) venne freddato mentre era alla guida della sua Fiat Freemont. Il sicario, a bordo di uno scooter guidato dal complice, colpiva la vittima al tronco e alla testa con una pistola semiautomatica calibro 9x21 mm;

2. la sera del 6 marzo 2017, in via Peucetia, venne assassinato Giuseppe Gelao (di anni 39) e venne gravemente ferito Antonino Palermiti (di anni 31), nipote di Eugenio detto U' nonn' (di anni 65), esponente di vertice del clan Parisi. I quattro sicari, nell'agguato, impiegavano una mitraglietta Skorpion 7.65 mm ed una pistola semiautomatica 9x21 mm;

3. il tardo pomeriggio del 12 aprile 2017, un commando munito di un fucile dassalto AK 47 Kalashnikov e di 3 pistole semiautomatiche 9x21 mm, a bordo di un'Alfa Romeo 147 rubata, trucidava in via Archimede Nicola De Santis detto "Nico il palestrato" (di anni 29).

Le indagini hanno provato l'esistenza di un collegamento tra i fatti di sangue, permettendo di individuarne le cause e gli autori. Si tratta di una serie di azioni e risposte sviluppatesi all'interno del clan Parisi-Palermiti, che non si è consumata solo in quei tre omicidi, ma anche in una lunga serie di violenze che hanno alla fine portato il gruppo facente capo a Busco Antonio a doversi forzatamente allontanare da Japigia.

Era accaduto che, nell'ambito dell'ampia compagine del clan Parisi, stanziata nella cosiddetta zona 45 del quartiere Japigia ("quadrilatero"), Antonio Busco (che aveva iniziato la carriera criminale nel clan Capriati), affiliatosi a Savino Parisi, aveva conquistato a poco a poco un ruolo dominante all'interno del clan, anche approfittando del lungo periodo detentivo sofferto dal boss Savinuccio. L'ascesa non era gradita agli esponenti più vicini al gruppo di Eugenio Palermiti (stanziato nella porzione del quartiere Japigia più vicina al mercato ortofrutticolo di via dei Caduti Partigiani), che in più occasioni entravano in contrasto con Busco. Francesco Barbieri, considerato uno dei più validi spacciatori di cocaina al minuto di Bari, che per anni aveva smerciato circa 20 chili di cocaina con cadenza mensile, acquistandoli dal gruppo Palermiti, si era allontanato dai gli stessi Palermiti (Milella era detenuto), avvicinandosi a Busco, acquistando la droga da lui. Pochi giorni dopo Barbieri veniva assassinato. Le prime indagini sulla droga sono sfociate nella operazione "Brother" e la cattura di Antonio Busco, Michele Citarelli ed altri 7 imputati eseguita a febbraio 2019.

Il 6 marzo 2017 Giuseppe Gelao e Antonino Palermiti, che vengono colpiti mentre alla guida dei rispettivi motocicli si allontanavano dal luogo di ritrovo abituale, un box nello stabile di Milella e Di Ruggieri, in via Peucetia. Le indagini hanno accertato che il commando era composto da Antonio Busco, Davide Monti, Giuseppe Signorile e Nicola De Santis. Gelao perdeva la vita, mentre Palermiti riusciva a fuggire nonostante le ferite all'addome e alla gamba. Con una delle chiavi trovate addosso al cadavere di Gelao gli investigatori riuscivano ad aprire il box nella sua disponibilità, in via Santa Teresa, nel quale vennero sequestrati tre motocicli rubati, più di 100 grammi di cocaina, un giubbotto antiproiettile, caschi, guanti e una scatola di munizioni con all'interno 23 cartucce 9x21 mm. Il ritrovamento delle munizioni si rivelava particolarmente importante. Infatti, le indagini balistiche della polizia scientifica hanno dimostrato non solo che le cartucce sequestrate, particolarmente rare e del tipo "black mamba", erano uguali a quelle utilizzate per uccidere Barbieri, ma anche che presentavano lo stesso conio di produzione, lasciando ipotizzare il coinvolgimento di Gelao nell'omicidio Barbieri.

L'ulteriore reazione si consuma il 12 aprile 2017: Nicola De Santis era in compagnia di Busco, Monti e Signorile sotto casa dell'ultimo, in via Archimede; un gruppo di sicari, a bordo di un'Alfa Romeo 147 rubata, coglieva di sorpresa il gruppo, aprendo il fuoco. Busco, Monti e Signorile riuscirono a fuggire, mentre De Santis, armato di pistola e alla guida di una moto di grossa cilindrata, cercò di dileguarsi, ma venne inseguito e raggiunto dai colpi di arma da fuoco, morendo a pochi metri dal Liceo Scientifico Salvemini. Va ribadito che il primo dei tre omicidi, quello di Barbieri, non rappresentava solo una crudele punizione nei confronti di quest'ultimo, ma anche un forte segnale indirizzato a Busco che, all'interno del clan, doveva essere ridimensionato. Al contrario, Busco reagiva con altrettanta violenza, uccidendo Gelao e ferendo Palermiti, forse vero obiettivo dell'azione. Tra gli obiettivi vi era certamente anche Domenico Milella, nel frattempo scarcerato, che si era da poco allontanato. La Mobile intercettava e bloccava, due ore dopo l'omicidio, Monti e Signorile, a cui venivano sequestrati i cellulari, che analizzati permettevano di ricostruirne gli spostamenti, perfettamente compatibili con la consumazione dell'omicidio e l'allontanamento dalla scena del crimine. Anche il prelievo dei residui dello sparo risultò positivo sulla mano di Monti. E ancora, i quattro sicari venivano riconosciuti da Antonino Palermiti e in seguito dagli altri componenti del clan (in primis Domenico Milella), attraverso la visione delle videocamere installate dal sodalizio sul perimetro dello stabile di Milella e di Ruggieri e attraverso le visione delle altre telecamere disseminate nel quartiere. Da quel momento iniziava nel quartiere Japigia una caccia all'uomo. L'omicidio di Nicola De Santis ha costituito la risposta del gruppo Palermiti al fatto di sangue del 6 marzo precedente.

A questa serie di scontri armati sono seguite una serie di azioni di forza tese a cacciare Busco e i suoi da Japigia, in perfetto stile mafioso, per il controllo incontrastato del territorio: tentativi di rintracciare e assassinare Busco, Monti e Signorile, nonché di allontanare dal quartiere Japigia tutti i loro familiari ed anche Giovanni Di Cosimo (risultato a loro vicino), incendi di autovetture (dei familiari di Busco e di Signorile, nonché della vedova di Barbieri e di sua sorella, colpevoli di aver augurato sui social networks, ai responsabili dell'assassinio del congiunto, analoga fine), danneggiamenti e incendi di immobili (la case a Japigia e a Torre a Mare di Antonio Busco e Giuseppe Signorile) e persino "stese", in puro stile camorristico, come ad esempio quella della notte del 27 maggio 2017, in via Guglielmo Appulo, messa in atto da più di dieci persone armate, nei confronti di Giovanni Di Cosimo, il quale già ristretto agli arresti domiciliari, veniva di fatto costretto a tornare nel suo quartiere originario, Madonnella, e dopo ulteriori incursioni, a evadere e rifugiarsi in Albania, dove recentemente è stato arrestato. Altro atto di forza viene compiuto a danno di Giovanni Signorile (di anni 51), padre di Giuseppe il "Gommista": durante lo stato detentivo del figlio gli vengono rapinate due autovetture in officina, per la cui restituzione è costretto a pagare 25 mila euro. Le imputazioni cautelari riguardano anche una serie di delitti di cessione, detenzione e porto di armi da fuoco, nonché evasioni dagli "arresti domiciliari".

La fase esecutiva dell'operazione ha interessato anche le province di Roma, Lecce, Rimini e Chieti.
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