Cronaca
Omicidio a Ceglie del Campo, è caccia aperta a «tre giovanissimi italiani»
Sarà fondamentale la testimonianza delle persone che erano con il 38enne indiano. Domani l'incarico per l'autopsia
Bari - domenica 2 giugno 2024
18.34
Un colpo di pistola secco al petto. È morto così, venerdì sera, un 38enne di origini indiane all'interno di un ex ospedale in disuso nel quartiere Ceglie del Campo di Bari. L'unico aspetto ormai certo è che i killer, «tre giovani italiani» che hanno sparato, volevano colpire quell'uomo. Non volevano affatto parlare, ma eliminarlo.
Dalle testimonianze di due connazionali della vittima, emergerebbe sempre che il perno centrale attorno al quale ruota l'esecuzione di venerdì sera nella struttura abbandonata dell'ex istituto pubblico di assistenza e beneficenza, sulla strada provinciale 70 tra i rioni di Ceglie e Carbonara, sarebbero proprio i tre giovanissimi, fuggiti dopo l'agguato. Hanno abito senza remore. «Correte, c'è un uomo in fin di vita», ha chiamato il 118 chi lo hanno visto a terra, dopo le ore 22.30 di venerdì.
Ma il cuore del 38enne indiano incensurato si è fermato poco prima dell'arrivo dei soccorsi. Che l'hanno trovato senza vita in quella struttura fatiscente, divenuta nel corso degli anni, fra giacigli di fortuna e resti di cibo, un ritrovo di clochard e di stranieri: la vittima, allo stato senza fissa dimora, probabilmente irregolare sul territorio italiano, pare ci bazzicasse spesso con alcuni suoi connazionali. Di lui si conosce ben poco: non è chiaro chi fosse né da quanto tempo fosse in Italia.
Sul posto, scattato l'allarme alla Questura di Bari, sono confluite le Volanti supportate dai colleghi della Squadra Mobile, a cui sono affidate le indagini coordinate dal pubblico ministero della Procura della Repubblica del capoluogo, Matteo Soave, titolare del fascicolo per omicidio volontario a carico di ignoti, arrivato sulla scena del crimine con il procuratore aggiunto Ciro Angelillis. Il corpo dell'uomo è stato trafitto da un colpo di pistola, in petto, probabilmente di piccolo calibro.
Serratissime le indagini dei detective del primo dirigente Filippo Portoghese che indagano senza soluzione di continuità per risalire ai responsabili di un omicidio che ha tutti i contorni di una spedizione punitiva. Improbabile, però, che all'origine del delitto ci possa essere un debito contratto in relazione agli stupefacenti. Ma la vittima, indicata come poco incline al dialogo, potrebbe aver pestato i piedi a qualcuno, fatto chissà quale sgarro alla persona sbagliata. E pagato con la vita.
Sarà fondamentale la testimonianza dei due connazionali che erano con la vittima, già noti alle forze dell'ordine per piccoli reati contro il patrimonio. A questo si aggiungeranno le risultanze dell'autopsia: l'incarico sarà conferito domani al professor Davide Ferorelli per eseguire l'esame autoptico sul cadavere del 38enne.
Dalle testimonianze di due connazionali della vittima, emergerebbe sempre che il perno centrale attorno al quale ruota l'esecuzione di venerdì sera nella struttura abbandonata dell'ex istituto pubblico di assistenza e beneficenza, sulla strada provinciale 70 tra i rioni di Ceglie e Carbonara, sarebbero proprio i tre giovanissimi, fuggiti dopo l'agguato. Hanno abito senza remore. «Correte, c'è un uomo in fin di vita», ha chiamato il 118 chi lo hanno visto a terra, dopo le ore 22.30 di venerdì.
Ma il cuore del 38enne indiano incensurato si è fermato poco prima dell'arrivo dei soccorsi. Che l'hanno trovato senza vita in quella struttura fatiscente, divenuta nel corso degli anni, fra giacigli di fortuna e resti di cibo, un ritrovo di clochard e di stranieri: la vittima, allo stato senza fissa dimora, probabilmente irregolare sul territorio italiano, pare ci bazzicasse spesso con alcuni suoi connazionali. Di lui si conosce ben poco: non è chiaro chi fosse né da quanto tempo fosse in Italia.
Sul posto, scattato l'allarme alla Questura di Bari, sono confluite le Volanti supportate dai colleghi della Squadra Mobile, a cui sono affidate le indagini coordinate dal pubblico ministero della Procura della Repubblica del capoluogo, Matteo Soave, titolare del fascicolo per omicidio volontario a carico di ignoti, arrivato sulla scena del crimine con il procuratore aggiunto Ciro Angelillis. Il corpo dell'uomo è stato trafitto da un colpo di pistola, in petto, probabilmente di piccolo calibro.
Serratissime le indagini dei detective del primo dirigente Filippo Portoghese che indagano senza soluzione di continuità per risalire ai responsabili di un omicidio che ha tutti i contorni di una spedizione punitiva. Improbabile, però, che all'origine del delitto ci possa essere un debito contratto in relazione agli stupefacenti. Ma la vittima, indicata come poco incline al dialogo, potrebbe aver pestato i piedi a qualcuno, fatto chissà quale sgarro alla persona sbagliata. E pagato con la vita.
Sarà fondamentale la testimonianza dei due connazionali che erano con la vittima, già noti alle forze dell'ordine per piccoli reati contro il patrimonio. A questo si aggiungeranno le risultanze dell'autopsia: l'incarico sarà conferito domani al professor Davide Ferorelli per eseguire l'esame autoptico sul cadavere del 38enne.