Cronaca
Bari, omicidio Andolfi a Carrassi, arrestati mandanti ed esecutori
I fatti avvenuti all'interno della lotta di mafia tra Anemolo e Capriati per il dominio del quartiere, i nomi degli indagati
Bari - lunedì 29 marzo 2021
10.59
Un omicidio maturato all'interno della lotta fra clan ha portato questa mattina ad 11 arresti da parte dei carabinieri a Bari.
L'omicidio di Fabiano Andolfi, risalente al 14 gennaio 2018, matura all'interno di uno scontro tra clan per la gestione del territorio del quartiere Carrassi. Andolfi, uscito da poco di prigione, vantava una carriera mafiosa fatta di passaggi da un clan all'altro. Affiliato prima al clan Diomede, poi ai Di Cosola, in seguito agli Anemolo, dopo l'uscita dal carcere nel 2017 finisce tra le fila del clan di Filippo Capriati. E nonostante fosse agli arresti domiciliari, aveva avanzato la pretesa di continuare ad operare nel suo quartiere, spacciare droga e fare estorsioni agli esercizi commerciali.
Mandanti dell'omicidio sono risultati essere dalle indagini Vincenzo Anemolo, capo dell'omonimo clan, e Cascella Francesco, affiliato al clan Palermiti, con i Capriati messi a conoscenza delle intenzioni. L'omicidio nato prima di tutto dal fatto che Anemolo e Cascella non potevano tollerare che Andolfi proseguisse nelle sue attività nel quartiere, territorio del clan Anemolo. Inoltre, pochi giorni prima del fatto di sangue, Andolfi davanti ad un pub aveva insultato davanti a tutti lo stesso Anemolo, onta che doveva essere pagata con il sangue.
Esecutori materiali dell'omicidio sono stati Cucumazzo Filippo e Giannini Domenico, che a bordo di un ciclomotore fornito dai mandanti si sono recati a casa di Andolfi, fingendosi carabinieri giunti per un controllo, essendo la vittima agli arresti domiciliari. Cucumazzo entra nel portone, e quando viene aperta la porta dell'appartamento, dove Andolfi viveva con i nonni, spara diversi colpi. La pistola si inceppa, un colpo finisce a terra, ma l'altro colpisce la vittima uccidendola. De Benedictis Giovanni e Di Cosmo Donato Maurizio avrebbero aiutato a nascondere le prove.
In seguito all'omicidio si creano diverse tensioni tra i clan e all'interno degli stessi, Cucumazzo avanza pretese, e minaccia di collaborare con la giustizia nel caso in cui non vengano esaudite. E per questo viene ordinato il suo omicidio, non andato a buon fine sempre nel 2018.
L'attività investigativa non ha riguardato i fatti di sangue in sé, ma il contesto, e l'inquadramento delle vicende. L'operazione ha preso il nome "Alta tensione" dal fatto che nel periodo esaminato c'era tensione, sia tra i clan che tra gli investigatori. L'azione dei carabinieri è stata determinante, e anche grazie al coordinamento della DDA, si è evitato che le scorribande armate diventassero gravi fatti di sangue. Da sottolineare, aggiunge Francesco Giannella che: «Il clan Anemolo non è mai stato finora dichiarato giudiziariamente di stampo mafioso. Con questa ordinanza, invece, in merito a questi reati, è stata riconosciuta l'aggravante di mafia contestata in entrambi gli aspetti, sia nel metodo sia nella condotta. Gli eventi si inquadrano in uno scontro armato tra clan che si contendono il territorio del quartiere Carrassi di Bari».
«Si stanno moltiplicando all'interno dell'ufficio giudiziario casi di coronavirus con persone finite in ospedale - ci tiene a sottolineare il procuratore Roberto Rossi - La risposta alla polemiche viene data attraverso l'attività. Continua, infatti, nonostante tutto l'attività investigativa. L'Arma dei carabinieri prosegue il suo lavoro a tutela di tutti i cittadini, anche a costo della salute delle stesse forze dell'ordine. Ringrazio l'intelligente attività investigativa dei carabinieri, grazie a questo nel territorio barese non ci sono omicidi non risolti. A volte c'è voluto del tempo, ma l'attività immediata ha dato risultati. Chiunque commette un omicidio a Bari deve sapere che verrà trovato».
Gli indagati:
Anemolo Vincenzo, Cascella Francesco, Cucumazzo Filippo, Giannini Domenico, De Benedictis Giovanni e Di Cosmo Donato Maurizio, dell'omicidio premeditato di Andolfi Fabiano e di porto di arma da fuoco;
Anemolo Vincenzo, De Benedictis Giovanni, Caputo Giuseppe e Di Cosmo Donato Maurizio, del tentato omicidio di Cucumazzo Filippo e di porto di arma da fuoco;
Cucumazzo Filippo, della commissione di due rapine a mano armata e di evasione;
Mele Roberto, della commissione di una rapina a mano armata;
Anemolo Vincenzo e De Benedictis Maurizio, di calunnia;
Ancona Angelantonio, Anemolo Vincenzo e Di Cosmo Donato Maurizio, di porto di arma da fuoco;
Anemolo Vincenzo, Di Cosmo Donato Maurizio e Genchi Davide, del tentato acquisto di armi da guerra;
Masciopinto Nicola, di detenzione e offerta in vendita di armi da guerra.
La misura carceraria è stata applicata nei confronti di Anemolo, Cascella, Di Cosmo, De Benedictis, Mele, Caputo, Giannini, mentre sono stati disposti gli arresti domiciliari per Cucumazzo, Ancona, Masciopinto e Genchi.
L'omicidio di Fabiano Andolfi, risalente al 14 gennaio 2018, matura all'interno di uno scontro tra clan per la gestione del territorio del quartiere Carrassi. Andolfi, uscito da poco di prigione, vantava una carriera mafiosa fatta di passaggi da un clan all'altro. Affiliato prima al clan Diomede, poi ai Di Cosola, in seguito agli Anemolo, dopo l'uscita dal carcere nel 2017 finisce tra le fila del clan di Filippo Capriati. E nonostante fosse agli arresti domiciliari, aveva avanzato la pretesa di continuare ad operare nel suo quartiere, spacciare droga e fare estorsioni agli esercizi commerciali.
Mandanti dell'omicidio sono risultati essere dalle indagini Vincenzo Anemolo, capo dell'omonimo clan, e Cascella Francesco, affiliato al clan Palermiti, con i Capriati messi a conoscenza delle intenzioni. L'omicidio nato prima di tutto dal fatto che Anemolo e Cascella non potevano tollerare che Andolfi proseguisse nelle sue attività nel quartiere, territorio del clan Anemolo. Inoltre, pochi giorni prima del fatto di sangue, Andolfi davanti ad un pub aveva insultato davanti a tutti lo stesso Anemolo, onta che doveva essere pagata con il sangue.
Esecutori materiali dell'omicidio sono stati Cucumazzo Filippo e Giannini Domenico, che a bordo di un ciclomotore fornito dai mandanti si sono recati a casa di Andolfi, fingendosi carabinieri giunti per un controllo, essendo la vittima agli arresti domiciliari. Cucumazzo entra nel portone, e quando viene aperta la porta dell'appartamento, dove Andolfi viveva con i nonni, spara diversi colpi. La pistola si inceppa, un colpo finisce a terra, ma l'altro colpisce la vittima uccidendola. De Benedictis Giovanni e Di Cosmo Donato Maurizio avrebbero aiutato a nascondere le prove.
In seguito all'omicidio si creano diverse tensioni tra i clan e all'interno degli stessi, Cucumazzo avanza pretese, e minaccia di collaborare con la giustizia nel caso in cui non vengano esaudite. E per questo viene ordinato il suo omicidio, non andato a buon fine sempre nel 2018.
L'attività investigativa non ha riguardato i fatti di sangue in sé, ma il contesto, e l'inquadramento delle vicende. L'operazione ha preso il nome "Alta tensione" dal fatto che nel periodo esaminato c'era tensione, sia tra i clan che tra gli investigatori. L'azione dei carabinieri è stata determinante, e anche grazie al coordinamento della DDA, si è evitato che le scorribande armate diventassero gravi fatti di sangue. Da sottolineare, aggiunge Francesco Giannella che: «Il clan Anemolo non è mai stato finora dichiarato giudiziariamente di stampo mafioso. Con questa ordinanza, invece, in merito a questi reati, è stata riconosciuta l'aggravante di mafia contestata in entrambi gli aspetti, sia nel metodo sia nella condotta. Gli eventi si inquadrano in uno scontro armato tra clan che si contendono il territorio del quartiere Carrassi di Bari».
«Si stanno moltiplicando all'interno dell'ufficio giudiziario casi di coronavirus con persone finite in ospedale - ci tiene a sottolineare il procuratore Roberto Rossi - La risposta alla polemiche viene data attraverso l'attività. Continua, infatti, nonostante tutto l'attività investigativa. L'Arma dei carabinieri prosegue il suo lavoro a tutela di tutti i cittadini, anche a costo della salute delle stesse forze dell'ordine. Ringrazio l'intelligente attività investigativa dei carabinieri, grazie a questo nel territorio barese non ci sono omicidi non risolti. A volte c'è voluto del tempo, ma l'attività immediata ha dato risultati. Chiunque commette un omicidio a Bari deve sapere che verrà trovato».
Gli indagati:
Anemolo Vincenzo, Cascella Francesco, Cucumazzo Filippo, Giannini Domenico, De Benedictis Giovanni e Di Cosmo Donato Maurizio, dell'omicidio premeditato di Andolfi Fabiano e di porto di arma da fuoco;
Anemolo Vincenzo, De Benedictis Giovanni, Caputo Giuseppe e Di Cosmo Donato Maurizio, del tentato omicidio di Cucumazzo Filippo e di porto di arma da fuoco;
Cucumazzo Filippo, della commissione di due rapine a mano armata e di evasione;
Mele Roberto, della commissione di una rapina a mano armata;
Anemolo Vincenzo e De Benedictis Maurizio, di calunnia;
Ancona Angelantonio, Anemolo Vincenzo e Di Cosmo Donato Maurizio, di porto di arma da fuoco;
Anemolo Vincenzo, Di Cosmo Donato Maurizio e Genchi Davide, del tentato acquisto di armi da guerra;
Masciopinto Nicola, di detenzione e offerta in vendita di armi da guerra.
La misura carceraria è stata applicata nei confronti di Anemolo, Cascella, Di Cosmo, De Benedictis, Mele, Caputo, Giannini, mentre sono stati disposti gli arresti domiciliari per Cucumazzo, Ancona, Masciopinto e Genchi.