Cronaca
Omicidio Capriati, «Lello» aveva una pistola: «La signora l'ha presa ed è scappata»
Secondo l'accusa, dopo l'agguato avvenuto la sera di Pasquetta a Torre a Mare, avrebbe raccolto da terra e fatto sparire l'arma
Bari - giovedì 6 giugno 2024
10.04
«Quando è arrivata l'ambulanza e ha preso il corpo dell'uomo, gli è caduta una pistola (mai più recuperata). La signora velocissimamente l'ha presa, si è messa in macchina ed è andata via come se niente fosse successo». A parlare agli inquirenti è una 16enne, testimone delle fasi successive al delitto di «Lello» Capriati.
La giovane, la sera di Pasquetta, intorno alle ore 21.30, stava aspettando l'autobus insieme a un'amica nel quartiere Torre a Mare di Bari, a pochi metri di distanza dal punto in cui fu ucciso il nipote del boss Tonino. Alle due giovani si rivolse, chiedendo aiuto, la donna che era in auto con Capriati al momento dell'omicidio, la 35enne Angela De Cosmo, finita in carcere stamattina con l'accusa di detenzione e porto illegale di arma da fuoco in luogo pubblico, con l'aggravante mafiosa.
I fatti risalgono allo scorso 1 aprile, quando i due, dopo avere trascorso alcune ore insieme in un bed and breakfast, hanno fatto rientro a Bari. «Ci siamo messi in auto - ha riferito la donna - e ci siamo diretti in via Bari. Ad un certo punto siamo stati raggiunti da una moto. Tutto è avvenuto velocemente. Ho sentito i rumori e ho creduto di aver urtato qualcosa perché ho visto il vetro anteriore destro che si infrangeva. Ho sentito due rumori, poi ho realizzato fossero delle esplosioni».
La 35enne ha detto di non avere «capito più nulla» e di essere «rimasta immobile per alcuni istanti. Ho accostato, delle ragazze si sono fermate e ho chiesto loro di aiutarmi». Ascoltate dagli inquirenti, le due 16enni hanno riferito di come, quella sera, furono avvicinate dalla Fiat 500 guidata da De Cosmo dopo l'omicidio. Fu la 35enne a raccogliere la pistola («aveva il manico marrone») di Capriati, caduta sull'asfalto mentre i soccorritori spostavano il corpo del 41enne sulla barella.
Ascoltata dagli inquirenti, però, De Cosmo ha detto di non sapere se Capriati fosse armato o meno. «L'acquisizione da parte di De Cosmo della disponibilità della pistola - scrive il giudice per le indagini preliminari Francesco Vittorio Rinaldi - si appalesa funzionale ad avvantaggiare il clan Capriati», di cui Raffaele (nipote del capoclan Antonio, condannato all'ergastolo) era un elemento di spicco, «assicurando al clan mafioso in questione il consolidamento del possesso dell'arma».
«L'indagata è tuttora nella disponibilità di un'arma comune da sparo», si legge nell'ordinanza e «potrebbe utilizzare l'arma posseduta per porre in essere ritorsioni, vendicando l'agguato letale subito dal suo compagno, anche avvalendosi dell'apporto di terze persone». Per questo ne è stata disposta la detenzione in carcere.
La giovane, la sera di Pasquetta, intorno alle ore 21.30, stava aspettando l'autobus insieme a un'amica nel quartiere Torre a Mare di Bari, a pochi metri di distanza dal punto in cui fu ucciso il nipote del boss Tonino. Alle due giovani si rivolse, chiedendo aiuto, la donna che era in auto con Capriati al momento dell'omicidio, la 35enne Angela De Cosmo, finita in carcere stamattina con l'accusa di detenzione e porto illegale di arma da fuoco in luogo pubblico, con l'aggravante mafiosa.
I fatti risalgono allo scorso 1 aprile, quando i due, dopo avere trascorso alcune ore insieme in un bed and breakfast, hanno fatto rientro a Bari. «Ci siamo messi in auto - ha riferito la donna - e ci siamo diretti in via Bari. Ad un certo punto siamo stati raggiunti da una moto. Tutto è avvenuto velocemente. Ho sentito i rumori e ho creduto di aver urtato qualcosa perché ho visto il vetro anteriore destro che si infrangeva. Ho sentito due rumori, poi ho realizzato fossero delle esplosioni».
La 35enne ha detto di non avere «capito più nulla» e di essere «rimasta immobile per alcuni istanti. Ho accostato, delle ragazze si sono fermate e ho chiesto loro di aiutarmi». Ascoltate dagli inquirenti, le due 16enni hanno riferito di come, quella sera, furono avvicinate dalla Fiat 500 guidata da De Cosmo dopo l'omicidio. Fu la 35enne a raccogliere la pistola («aveva il manico marrone») di Capriati, caduta sull'asfalto mentre i soccorritori spostavano il corpo del 41enne sulla barella.
Ascoltata dagli inquirenti, però, De Cosmo ha detto di non sapere se Capriati fosse armato o meno. «L'acquisizione da parte di De Cosmo della disponibilità della pistola - scrive il giudice per le indagini preliminari Francesco Vittorio Rinaldi - si appalesa funzionale ad avvantaggiare il clan Capriati», di cui Raffaele (nipote del capoclan Antonio, condannato all'ergastolo) era un elemento di spicco, «assicurando al clan mafioso in questione il consolidamento del possesso dell'arma».
«L'indagata è tuttora nella disponibilità di un'arma comune da sparo», si legge nell'ordinanza e «potrebbe utilizzare l'arma posseduta per porre in essere ritorsioni, vendicando l'agguato letale subito dal suo compagno, anche avvalendosi dell'apporto di terze persone». Per questo ne è stata disposta la detenzione in carcere.