Cronaca
Omicidio Di Giacomo, dalla moglie della vittima l'imbeccata giusta
Nel centro dove il fisioterapista lavorava, in via Tridente, era arrivata una lettera che calunniava l'uomo
Bari - sabato 18 maggio 2024
9.14
È stata la moglie di Mauro Di Giacomo ad introdurre agli inquirenti un tema «interessante», sulla vita professionale del marito. L'uomo, infatti, «prima del Covid», era stato chiamato in giudizio, in sede civile, da una giovane paziente, «sorella di una persona di Canosa di Puglia che lo stesso Di Giacomo aveva conosciuto».
Una paziente che lo accusava di averle provocato delle «lesioni permanenti, nella esecuzione delle terapie fisioterapiche». Una pista investigativa rivelatasi assai consistente. Il direttore del Centro Studi Postura di Bari, dove Di Giacomo lavorava, invece, ha riferito che «nel novembre 2022 aveva ricevuto una lettera anonima indirizzata allo studio, in cui l'autore informava che il Di Giacomo era solito fare battute sconvenienti nei confronti di alcune donne che frequentavano lo studio».
Una lettera, quest'ultima, che i detective della Squadra Mobile di Bari hanno poi rinvenuto nello zaino di Di Giacomo, la sera della sua morte, il 18 dicembre 2023: «La informo che il fisiatra Di Giacomo che lavora nel suo studio - era scritto -, nelle sedute di fisioterapia "indugia" impropriamente su parti del corpo delle pazienti e fa "commenti" inappropriati sullo stato di salute delle stesse, tali da creare imbarazzo». Un vero e proprio depistaggio per portare fuori strada gli investigatori.
Da una lettera ad un'altra. Come quella ricevuta «anni addietro» in cui un avvocato «reclamava un risarcimento per i danni fisici di una paziente (del Di Giacomo), forse residente in Basilicata». Tutti gli altri collaboratori dello studio, invece, hanno assicurato sulla professionalità dell'uomo, sulla sua serietà, sul suo equilibrio e la giovialità della sua persona, confermando di «non essere a conoscenza di episodi ambigui o poco limpidi della vita» del professionista originario di Lavello.
Ed anche i pazienti sostenevano che Di Giacomo aveva le «mani d'oro». Tuttavia, la segretaria dello studio ha ricordato che, in un caso ormai risalente negli anni, aveva «stampato dei documenti, su richiesta di Di Giacomo, che riguardavano una persona che sosteneva di aver avuto conseguenze dopo le sue manipolazioni», la pista investigativa più battuta. E che, dopo la imbeccata della moglie di Di Giacomo, ha trovato piena conferma nelle dichiarazioni dall'avvocato della vittima.
Di Giacomo si era rivolto a lui «nel mese di aprile 2020, allorché aveva ricevuto una lettera di contestazione del legale» di una 34enne di Canosa di Puglia, la figlia del presunto killer. La donna «rivendicava di aver subito un'invalidità permanente del 30%, con un'incidenza sul lavoro». Un presunto errore da lavare col sangue.
Una paziente che lo accusava di averle provocato delle «lesioni permanenti, nella esecuzione delle terapie fisioterapiche». Una pista investigativa rivelatasi assai consistente. Il direttore del Centro Studi Postura di Bari, dove Di Giacomo lavorava, invece, ha riferito che «nel novembre 2022 aveva ricevuto una lettera anonima indirizzata allo studio, in cui l'autore informava che il Di Giacomo era solito fare battute sconvenienti nei confronti di alcune donne che frequentavano lo studio».
Una lettera, quest'ultima, che i detective della Squadra Mobile di Bari hanno poi rinvenuto nello zaino di Di Giacomo, la sera della sua morte, il 18 dicembre 2023: «La informo che il fisiatra Di Giacomo che lavora nel suo studio - era scritto -, nelle sedute di fisioterapia "indugia" impropriamente su parti del corpo delle pazienti e fa "commenti" inappropriati sullo stato di salute delle stesse, tali da creare imbarazzo». Un vero e proprio depistaggio per portare fuori strada gli investigatori.
Da una lettera ad un'altra. Come quella ricevuta «anni addietro» in cui un avvocato «reclamava un risarcimento per i danni fisici di una paziente (del Di Giacomo), forse residente in Basilicata». Tutti gli altri collaboratori dello studio, invece, hanno assicurato sulla professionalità dell'uomo, sulla sua serietà, sul suo equilibrio e la giovialità della sua persona, confermando di «non essere a conoscenza di episodi ambigui o poco limpidi della vita» del professionista originario di Lavello.
Ed anche i pazienti sostenevano che Di Giacomo aveva le «mani d'oro». Tuttavia, la segretaria dello studio ha ricordato che, in un caso ormai risalente negli anni, aveva «stampato dei documenti, su richiesta di Di Giacomo, che riguardavano una persona che sosteneva di aver avuto conseguenze dopo le sue manipolazioni», la pista investigativa più battuta. E che, dopo la imbeccata della moglie di Di Giacomo, ha trovato piena conferma nelle dichiarazioni dall'avvocato della vittima.
Di Giacomo si era rivolto a lui «nel mese di aprile 2020, allorché aveva ricevuto una lettera di contestazione del legale» di una 34enne di Canosa di Puglia, la figlia del presunto killer. La donna «rivendicava di aver subito un'invalidità permanente del 30%, con un'incidenza sul lavoro». Un presunto errore da lavare col sangue.