Cronaca
Omicidio Dogna, convalidato il fermo del 42enne reo confesso
L'uomo sarebbe stato ucciso con crudeltà. «Lo ha lasciato agonizzante dopo averlo colpito con coltello e forcone»
Bari - giovedì 16 gennaio 2025
23.36
Fermo convalidato e ordinanza di custodia cautelare in carcere nonostante la sua confessione. La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna, ha disposto la detenzione nel penitenziario di Bari per Antonio Rizzi, il 42enne reo confesso per l'omicidio del 63enne Francesco Dogna, commesso la notte tra il 7 e l'8 gennaio scorsi nella casa della vittima nel quartiere Santo Spirito, in via Torino.
Nei confronti dell'uomo, pregiudicato, è stata riconosciuta anche l'aggravante della crudeltà: «Dopo averlo colpito con il coltello e poi con un forcone da cucina lui si è accasciato a terra - ha detto Rizzi -. Gli ultimi colpi glieli ho sferrati ai fianchi. Non ricordo nient'altro». La gip, nell'ordinanza depositata ieri, ha riconosciuto l'inaudita e spropositata violenza usata dal presunto killer, che avrebbe ucciso Dogna colpendolo 85 volte con un coltello e con un forcone a due punte preso dalla cucina.
La giudice ha rilevato anche il pericolo di reiterazione di reato e di fuga di Rizzi, che nei giorni successivi al delitto avrebbe iniziato a cercare un lavoro da operaio fuori Bari. Dogna, secondo quanto ricostruito anche dall'autopsia (il medico legale Davide Ferorelli, che ha eseguito l'esame autoptico, ha parlato di «overkilling», ovvero un ricorso eccessivo alla violenza), sarebbe morto per dissanguamento. Rizzi, nell'interrogatorio, ha detto che lui e Dogna si frequentavano per fumare crack o per assumere cocaina.
Nella sua versione, per il giudice non del tutto credibile, quella sera Rizzi - dopo aver già consumato crack con Dogna - avrebbe chiesto altra droga alla vittima, ma questi avrebbe rifiutato minacciandolo con un coltello. «Prima di andare via - ha detto - ho chiesto se aveva altro crack e lui, verbalmente, mi ha mandato via, ma io sapevo che lui ne aveva altra conservata. Io ho insistito con lui dicendogli di prendere l'altra sostanza - ha raccontato Rizzi - e lui si è irritato e, dopo aver preso un coltello, mi ha cacciato via afferrandolo e puntandomelo contro».
A quel punto, per difendersi, l'avrebbe colpito fino a ucciderlo, tappandogli la bocca con la mano per evitare che urlasse. Gli ho tolto il coltello dalle mani e ho iniziato a colpirlo al corpo - ha proseguito nel racconto -, sferrandogli dei fendenti con la lama. L'ho colpito più volte perché gli volevo togliere il coltello e per paura che lui potesse colpirmi». Il fatto che la casa fosse in totale disordine, secondo la giudice, fa pensare che invece Rizzi abbia cercato qualcosa (probabilmente la droga) per tutta la casa prima di uccidere il 63enne.
Come già emerso, Dogna e Rizzi si conoscevano da circa 10 anni, e la vittima avrebbe anche cercato di aiutare il 42enne a superare la tossicodipendenza. Nell'ultimo periodo, però, Dogna avrebbe provato una sempre maggiore insofferenza per l'invadenza di Rizzi. Prima di fuggire, Rizzi avrebbe rubato alla vittima portafoglio, cellulare e documenti.
Nei confronti dell'uomo, pregiudicato, è stata riconosciuta anche l'aggravante della crudeltà: «Dopo averlo colpito con il coltello e poi con un forcone da cucina lui si è accasciato a terra - ha detto Rizzi -. Gli ultimi colpi glieli ho sferrati ai fianchi. Non ricordo nient'altro». La gip, nell'ordinanza depositata ieri, ha riconosciuto l'inaudita e spropositata violenza usata dal presunto killer, che avrebbe ucciso Dogna colpendolo 85 volte con un coltello e con un forcone a due punte preso dalla cucina.
La giudice ha rilevato anche il pericolo di reiterazione di reato e di fuga di Rizzi, che nei giorni successivi al delitto avrebbe iniziato a cercare un lavoro da operaio fuori Bari. Dogna, secondo quanto ricostruito anche dall'autopsia (il medico legale Davide Ferorelli, che ha eseguito l'esame autoptico, ha parlato di «overkilling», ovvero un ricorso eccessivo alla violenza), sarebbe morto per dissanguamento. Rizzi, nell'interrogatorio, ha detto che lui e Dogna si frequentavano per fumare crack o per assumere cocaina.
Nella sua versione, per il giudice non del tutto credibile, quella sera Rizzi - dopo aver già consumato crack con Dogna - avrebbe chiesto altra droga alla vittima, ma questi avrebbe rifiutato minacciandolo con un coltello. «Prima di andare via - ha detto - ho chiesto se aveva altro crack e lui, verbalmente, mi ha mandato via, ma io sapevo che lui ne aveva altra conservata. Io ho insistito con lui dicendogli di prendere l'altra sostanza - ha raccontato Rizzi - e lui si è irritato e, dopo aver preso un coltello, mi ha cacciato via afferrandolo e puntandomelo contro».
A quel punto, per difendersi, l'avrebbe colpito fino a ucciderlo, tappandogli la bocca con la mano per evitare che urlasse. Gli ho tolto il coltello dalle mani e ho iniziato a colpirlo al corpo - ha proseguito nel racconto -, sferrandogli dei fendenti con la lama. L'ho colpito più volte perché gli volevo togliere il coltello e per paura che lui potesse colpirmi». Il fatto che la casa fosse in totale disordine, secondo la giudice, fa pensare che invece Rizzi abbia cercato qualcosa (probabilmente la droga) per tutta la casa prima di uccidere il 63enne.
Come già emerso, Dogna e Rizzi si conoscevano da circa 10 anni, e la vittima avrebbe anche cercato di aiutare il 42enne a superare la tossicodipendenza. Nell'ultimo periodo, però, Dogna avrebbe provato una sempre maggiore insofferenza per l'invadenza di Rizzi. Prima di fuggire, Rizzi avrebbe rubato alla vittima portafoglio, cellulare e documenti.