Cronaca
Omicidio Lopez, i baby boss Palermiti e Parisi meditavano vendetta
Ne è convinto il gip Rinaldi, che nei loro confronti ha disposto la detenzione in carcere per porto e detenzione d’arma
Bari - sabato 18 gennaio 2025
8.10
Se lasciati in libertà, il 28enne Savino Parisi ed il 20enne Eugenio Palermiti, da ieri rinchiusi in carcere, avrebbero potuto utilizzare le armi di cui sono in possesso per vendicare l'omicidio di Antonia Lopez, la 19enne uccisa lo scorso 22 settembre nella discoteca Bahia Beach di Molfetta, e il ferimento dello stesso Palermiti.
Ne è convinto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Francesco Vittorio Rinaldi, che nei loro confronti ha disposto la detenzione in carcere per porto e detenzione d'arma aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Secondo le indagini, quando Lopez fu uccisa per errore, ad essere armato non era soltanto il 21enne Michele Lavopa, accusato dell'omicidio e del tentato omicidio di altri quattro ragazzi, ma anche Palermiti, il suo vero bersaglio, rimasto ferito.
La sua arma sarebbe stata nascosta e non più ritrovata. Il nipote omonimo del boss del quartiere Japigia di Bari, avrebbe detenuto anche altre due armi da sparo. Una di queste, hanno spiegato i Carabinieri della Compagnia di Molfetta, sarebbe stata introdotta alcuni mesi prima in una discoteca di Bisceglie, il Divinae Follie, con la complicità dell'amico Savino Parisi. «Grazie alla compiacenza di alcuni buttafuori» i due sarebbero infatti riusciti a nascondere l'arma eludendo i controlli.
Attraverso questa operazione è stato possibile fare luce «sulle fasi e sulle motivazioni dell'omicidio» di Lopez e sui tentati omicidi di quattro ragazzi. Per Parisi e Palermiti, al netto della pericolosità sociale rilevata dal gip, non esisterebbe solamente il pericolo di reiterazione di reato, ma anche quello della conversazione intercettata tra in ospedale, nei giorni in cui Palermiti era ricoverato al Policlinico di Bari per curare le ferite causate dalla sparatoria in cui rimase vittima Lopez.
Parisi, infatti, si sarebbe riferito a Michele Lavopa (il reo confesso per l'omicidio di Lopez, il suo bersaglio era però il baby boss Palermiti con cui in passato aveva avuto precedenti screzi) chiamandolo «un morto che cammina». E questo, dunque, avrebbe palesato la volontà di vendetta dei due giovani baresi. Entrambi, poi, hanno un nome e un cognome pesante. Parisi si chiama come suo zio, capostipite indiscusso (dalla notte dei tempi) del rione Japigia, a sud-est del capoluogo.
Palermiti, invece, porta lo stesso nome del nonno, capoclan dello stesso quartiere, e del padre, in carcere per l'agguato ai fratelli Rafaschieri. Il quartiere, secondo varie sentenze e secondo gli annuali rapporti dell'Antimafia, è controllato proprio dal cartello Parisi-Palermiti, i cui capi sono Savino Parisi ed Eugenio Palermiti.
Ne è convinto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Francesco Vittorio Rinaldi, che nei loro confronti ha disposto la detenzione in carcere per porto e detenzione d'arma aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Secondo le indagini, quando Lopez fu uccisa per errore, ad essere armato non era soltanto il 21enne Michele Lavopa, accusato dell'omicidio e del tentato omicidio di altri quattro ragazzi, ma anche Palermiti, il suo vero bersaglio, rimasto ferito.
La sua arma sarebbe stata nascosta e non più ritrovata. Il nipote omonimo del boss del quartiere Japigia di Bari, avrebbe detenuto anche altre due armi da sparo. Una di queste, hanno spiegato i Carabinieri della Compagnia di Molfetta, sarebbe stata introdotta alcuni mesi prima in una discoteca di Bisceglie, il Divinae Follie, con la complicità dell'amico Savino Parisi. «Grazie alla compiacenza di alcuni buttafuori» i due sarebbero infatti riusciti a nascondere l'arma eludendo i controlli.
Attraverso questa operazione è stato possibile fare luce «sulle fasi e sulle motivazioni dell'omicidio» di Lopez e sui tentati omicidi di quattro ragazzi. Per Parisi e Palermiti, al netto della pericolosità sociale rilevata dal gip, non esisterebbe solamente il pericolo di reiterazione di reato, ma anche quello della conversazione intercettata tra in ospedale, nei giorni in cui Palermiti era ricoverato al Policlinico di Bari per curare le ferite causate dalla sparatoria in cui rimase vittima Lopez.
Parisi, infatti, si sarebbe riferito a Michele Lavopa (il reo confesso per l'omicidio di Lopez, il suo bersaglio era però il baby boss Palermiti con cui in passato aveva avuto precedenti screzi) chiamandolo «un morto che cammina». E questo, dunque, avrebbe palesato la volontà di vendetta dei due giovani baresi. Entrambi, poi, hanno un nome e un cognome pesante. Parisi si chiama come suo zio, capostipite indiscusso (dalla notte dei tempi) del rione Japigia, a sud-est del capoluogo.
Palermiti, invece, porta lo stesso nome del nonno, capoclan dello stesso quartiere, e del padre, in carcere per l'agguato ai fratelli Rafaschieri. Il quartiere, secondo varie sentenze e secondo gli annuali rapporti dell'Antimafia, è controllato proprio dal cartello Parisi-Palermiti, i cui capi sono Savino Parisi ed Eugenio Palermiti.