
Cronaca
Pericolo crollo, tendopoli giudiziaria e rimbalzo di responsabilità: 2018 anno nero del tribunale di Bari
L'inagibilità del palazzo di via Nazariantz ha scatenato l'effetto domino. La sede di via Dioguardi sembra una soluzione-tampone
Bari - lunedì 31 dicembre 2018
Le udienze di rinvio celebrate nelle tende: probabilmente è questa l'immagine che descrive il 2018 di Bari, l'anno orribile in cui il capoluogo pugliese si è trovato senza una sede per il tribunale penale. Il peggio inizia il 21 maggio, quando il procuratore Giuseppe Volpe con un atto ufficiale denuncia al Comune le criticità strutturali e il pericolo di crollo del palagiustizia di via Nazariantz. Di lì un susseguirsi di effetti a catena: il 23 maggio il Comune revoca l'agibilità del palazzo e il giorno dopo inizia il trasloco dei fascicoli. Processi rinviati, imputati e testimoni impossibilitati ad accedere al palazzo: si scatena il caos. Il sindaco dispone un'ordinanza di sgombero con scadenza 31 agosto.
Si corre così ai ripari: il 26 maggio inizia nel cortile di via Nazariantz l'allestimento della tendopoli giudiziaria con strutture di fortuna offerte dalla Protezione civile. Non può, però, che essere una soluzione tampone: all'interno delle tende si celebrano solo le udienze di rinvio (tra cui quella per il processo delle fornacelle a San Nicola, dove anche il sindaco Decaro è chiamato a rendere testimonianza). Grossi problemi sorgono, però, alla prima pioggia, con l'acqua che invade le "aule", e quando all'interno delle tende si intrufolano addirittura alcuni cani randagi, costringendo il personale sanitario a effettuare la disinfestazione. Paradosso dei paradossi: il 13 giugno spariscono i bagni chimici dall'area per il mancato pagamento del canone di noleggio da parte degli organi preposti, prima di trovare un accordo e permettere alle strutture di far ritorno.
Il 7 giugno è la data cardine dell'emergenza palagiustizia di Bari. Insediatosi da appena tre giorni, il guardasigilli pentastellato Alfonso Bonafede viene a Bari per visitare la tendopoli giudiziaria. Nel frattempo dalle associazioni e dagli organi forensi era arrivata la proposta di nominare un commissario con poteri straordinari per superare la crisi in breve tempo. Il pomeriggio del 7 giugno lo stesso Bonafede tiene una conferenza stampa presso la Corte d'appello di piazza De Nicola in cui respinge al mittente l'ipotesi-commissario, ribadendo che tali poteri sono già nelle mani del ministro della Giustizia.
I riflettori della stampa nazionale sono accesi sul (non) tribunale di Bari: Bonafede annuncia l'avvio di un'indagine di mercato per trovare un immobile adatto ed evitare che le attività giudiziarie baresi vengano sparpagliate in più sedi, fra cui quella di Modugno e quella di Bitonto. Priorità dichiarata del ministro è smantellare l'indecorosa tendopoli: il 22 giugno Bonafede dirama un decreto con cui si sospendono i processi baresi fino al 30 settembre, e le strutture di fortuna vengono rimosse da via Nazariantz nei primi giorni di luglio.
Ecco, quindi, che il guardasigilli si attira l'ostilità di Ordine degli avvocati, Camera penale e associazioni forensi. Il 26 giugno tutta la macchina giudiziaria barese protesta contro il decreto Bonafede, che blocca le attività giudiziarie e impedisce ai diretti interessati di lavorare.
Fra luglio e agosto si scatena, poi, la battaglia fra istituzioni: il 3 luglio l'Inalil (proprietario dell'immobile di via Nazariantz) fa ricorso al Tar contro lo sgombero allungando ulteriormente i tempi. Nel frattempo si fa strada la soluzione di un trasferimento nel palazzo ex Inpdap di via Oberdan. Ipotesi che, però, presto tramonta perché da una parte la struttura non garantirebbe lo spazio sufficiente a ospitare tutti gli uffici giudiziari, dall'altra sullo stabile scende l'ombra della mafia, in quanto uno dei proprietari sarebbe vicino al noto clan criminale Parisi.
Il 14 agosto subentra una nuova perizia da parte di tecnici nominati dalla Procura, nella quale si afferma che lo stabile non è in pericolo di crollo immediato, quindi almeno alcuni uffici potrebbero temporaneamente continuare le proprie attività in via Nazariantz. Alla luce di quanto emerso, sindaco Antonio Decaro concede un'ulteriore proroga di 120 giorni, alla quale Bonafede risponde parlando di «Atto irresponsabile» da parte del primo cittadino barese. Dura la replica di Decaro, che il 24 agosto (a pochi dalla scadenza dei termini per lo sgombero) invita il ministero o l'Inail a richiedere una proroga ufficiale qualora ve ne fosse bisogno. E, infatti, il 27 agosto arriva puntuale la lettera dell'Inail, ma il ministero è irremovibile: il 1 settembre iniziano le operazioni di trasloco da parte di dipendenti e magistrati.
Il 4 settembre la nuova svolta: il ministero annuncia che è stata individuata nel palazzo ex Telecom di via Dioguardi, a Poggiofranco, la soluzione per ospitare il tribunale penale di Bari. Il mese di ottobre è di preparazione dello stabile e il 29 novembre viene firmato il contratto di locazione fra il ministero e l'azienda proprietaria. Il 3 dicembre inizia il trasloco dei faldoni della Procura presso la nuova sede, e il 17 dicembre il Comune annuncia un piano di mobilità specifico per tutta l'area del nuovo tribunale di Poggiofranco.
L'annus horribilis della giustizia barese si conclude così, con la speranza di ritrovare continuità fin dai primi giorni del 2019. Sembra, però, solo una tregua. La battaglia istituzionale continua e l'esercizio del potere giudiziario nel capoluogo pugliese non pare poter dormire sonni tranquilli: «Mi sono preso l'irresponsabilità di far continuare le attività all'interno di un tribunale a rischio crollo, con le dovute cautele contro il parere del ministero. Mi assumerò la responsabilità in questo caso di stimolare il ministero a dar seguito all'accordo sottoscritto insieme al precedente guardasigilli e alle altre figure istituzionali coinvolte, in cui venivano messi a disposizione 30 milioni per il Polo della giustizia all'interno della zona delle casermette. Risolto temporaneamente il problema del tribunale penale temo che anche il palazzo di piazza De Nicola nei prossimi mesi inizi a dare segnali negativi», ha detto il sindaco di Bari nella conferenza stampa di fine anno, chiedendo che l'attenzione della politica nazionale resti viva sull'edilizia giudiziaria barese.
Si corre così ai ripari: il 26 maggio inizia nel cortile di via Nazariantz l'allestimento della tendopoli giudiziaria con strutture di fortuna offerte dalla Protezione civile. Non può, però, che essere una soluzione tampone: all'interno delle tende si celebrano solo le udienze di rinvio (tra cui quella per il processo delle fornacelle a San Nicola, dove anche il sindaco Decaro è chiamato a rendere testimonianza). Grossi problemi sorgono, però, alla prima pioggia, con l'acqua che invade le "aule", e quando all'interno delle tende si intrufolano addirittura alcuni cani randagi, costringendo il personale sanitario a effettuare la disinfestazione. Paradosso dei paradossi: il 13 giugno spariscono i bagni chimici dall'area per il mancato pagamento del canone di noleggio da parte degli organi preposti, prima di trovare un accordo e permettere alle strutture di far ritorno.
Il 7 giugno è la data cardine dell'emergenza palagiustizia di Bari. Insediatosi da appena tre giorni, il guardasigilli pentastellato Alfonso Bonafede viene a Bari per visitare la tendopoli giudiziaria. Nel frattempo dalle associazioni e dagli organi forensi era arrivata la proposta di nominare un commissario con poteri straordinari per superare la crisi in breve tempo. Il pomeriggio del 7 giugno lo stesso Bonafede tiene una conferenza stampa presso la Corte d'appello di piazza De Nicola in cui respinge al mittente l'ipotesi-commissario, ribadendo che tali poteri sono già nelle mani del ministro della Giustizia.
I riflettori della stampa nazionale sono accesi sul (non) tribunale di Bari: Bonafede annuncia l'avvio di un'indagine di mercato per trovare un immobile adatto ed evitare che le attività giudiziarie baresi vengano sparpagliate in più sedi, fra cui quella di Modugno e quella di Bitonto. Priorità dichiarata del ministro è smantellare l'indecorosa tendopoli: il 22 giugno Bonafede dirama un decreto con cui si sospendono i processi baresi fino al 30 settembre, e le strutture di fortuna vengono rimosse da via Nazariantz nei primi giorni di luglio.
Ecco, quindi, che il guardasigilli si attira l'ostilità di Ordine degli avvocati, Camera penale e associazioni forensi. Il 26 giugno tutta la macchina giudiziaria barese protesta contro il decreto Bonafede, che blocca le attività giudiziarie e impedisce ai diretti interessati di lavorare.
Fra luglio e agosto si scatena, poi, la battaglia fra istituzioni: il 3 luglio l'Inalil (proprietario dell'immobile di via Nazariantz) fa ricorso al Tar contro lo sgombero allungando ulteriormente i tempi. Nel frattempo si fa strada la soluzione di un trasferimento nel palazzo ex Inpdap di via Oberdan. Ipotesi che, però, presto tramonta perché da una parte la struttura non garantirebbe lo spazio sufficiente a ospitare tutti gli uffici giudiziari, dall'altra sullo stabile scende l'ombra della mafia, in quanto uno dei proprietari sarebbe vicino al noto clan criminale Parisi.
Il 14 agosto subentra una nuova perizia da parte di tecnici nominati dalla Procura, nella quale si afferma che lo stabile non è in pericolo di crollo immediato, quindi almeno alcuni uffici potrebbero temporaneamente continuare le proprie attività in via Nazariantz. Alla luce di quanto emerso, sindaco Antonio Decaro concede un'ulteriore proroga di 120 giorni, alla quale Bonafede risponde parlando di «Atto irresponsabile» da parte del primo cittadino barese. Dura la replica di Decaro, che il 24 agosto (a pochi dalla scadenza dei termini per lo sgombero) invita il ministero o l'Inail a richiedere una proroga ufficiale qualora ve ne fosse bisogno. E, infatti, il 27 agosto arriva puntuale la lettera dell'Inail, ma il ministero è irremovibile: il 1 settembre iniziano le operazioni di trasloco da parte di dipendenti e magistrati.
Il 4 settembre la nuova svolta: il ministero annuncia che è stata individuata nel palazzo ex Telecom di via Dioguardi, a Poggiofranco, la soluzione per ospitare il tribunale penale di Bari. Il mese di ottobre è di preparazione dello stabile e il 29 novembre viene firmato il contratto di locazione fra il ministero e l'azienda proprietaria. Il 3 dicembre inizia il trasloco dei faldoni della Procura presso la nuova sede, e il 17 dicembre il Comune annuncia un piano di mobilità specifico per tutta l'area del nuovo tribunale di Poggiofranco.
L'annus horribilis della giustizia barese si conclude così, con la speranza di ritrovare continuità fin dai primi giorni del 2019. Sembra, però, solo una tregua. La battaglia istituzionale continua e l'esercizio del potere giudiziario nel capoluogo pugliese non pare poter dormire sonni tranquilli: «Mi sono preso l'irresponsabilità di far continuare le attività all'interno di un tribunale a rischio crollo, con le dovute cautele contro il parere del ministero. Mi assumerò la responsabilità in questo caso di stimolare il ministero a dar seguito all'accordo sottoscritto insieme al precedente guardasigilli e alle altre figure istituzionali coinvolte, in cui venivano messi a disposizione 30 milioni per il Polo della giustizia all'interno della zona delle casermette. Risolto temporaneamente il problema del tribunale penale temo che anche il palazzo di piazza De Nicola nei prossimi mesi inizi a dare segnali negativi», ha detto il sindaco di Bari nella conferenza stampa di fine anno, chiedendo che l'attenzione della politica nazionale resti viva sull'edilizia giudiziaria barese.