Cronaca
Quasi 500 quadri falsi di Nino Caffè sequestrati, nei guai in 23
Tra di loro il curatore dell'archivio del maestro, ritenuto responsabile di commissionare le opere e autenticarle
Bari - sabato 14 dicembre 2019
9.40
Un'associazione per delinquere, formata da 23 soggetti e con ramificazioni in tutta Italia, finalizzata alla ricettazione e dalla contraffazione di opere d'arte false contraffatte, attribuite al Maestro Nino Caffè e ad altri artisti contemporanei quali Mario Schifano, Paolo Scheggi, Victor Vasarely, Franz Borghese e Luca Alinari è stata scoperta dai carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Bari nel corso di una lunga e complessa attività investigativa.
L'attività, avviata nel marzo 2013 da un controllo eseguito dai carabinieri dello speciale reparto dell'Arma, aveva consentito il sequestro di 21 opere del Maestro Nino Caffè, presso la "EXPO ARTE" della Fiera del Levante di Bari, che presentavano caratteristiche pittoriche del tutto simili ad opere false già sequestrate nel corso di una precedente indagine. La rinnovata presenza sul mercato di opere pittoriche del Maestro Caffè, deceduto nel 1975, destava il fondato sospetto degli investigatori che potesse trattarsi di una nuova produzione di opere false. I successivi accertamenti, infatti, consentivano di appurare che i dipinti falsi erano stati immessi sul mercato con la complicità di gallerie, privati collezionisti, mercanti d'arte e attraverso l'utilizzo di piattaforme "e-commerce".
L'attività consentiva, inoltre, di individuare ed identificare anche gli autori materiali dei falsi che, su commissione, realizzavano i dipinti. Secondo la ricostruzione degli investigatori, il ruolo fondamentale dell'organizzazione criminale veniva svolto proprio dal curatore dell'archivio del Maestro, che attivamente provvedeva a: commissionare le opere a pittori compiacenti; autenticare ogni dipinto falso dei quali rilasciava anche i relativi certificati di autenticità; pubblicare, con la fattiva collaborazione di un gallerista e di un editore, tre "cataloghi generali delle opere di Nino Caffè" (in realtà false) più un quarto catalogo in fase di realizzazione, promuovendo mostre monotematiche, con il coinvolgimento di inconsapevoli personalità politiche ed ottenendo, per alcune, addirittura l'Alto Patrocinio del Senato della Repubblica (09-13/11/2009) e della Comunità Europea il (21/10/2003).
L'associazione criminale, grazie al potere derivante dalla certificazione di autenticità e soprattutto dalla pubblicazione delle opere false sui cataloghi ufficiali del curatore dell'artista, aveva la possibilità di vendere un'enorme quantità di dipinti falsi del maestro Caffè a collezionisti, galleristi, mercanti d'arte e a privati cittadini, di tutta Italia che, in buona fede e certi della loro autenticità, acquistavano, per diverse migliaia di euro ciasuna, le opere che, a loro volta, immettevano sul mercato nazionale.
Le indagini svolte dal Nucleo TPC di Bari sono state compiute, nella fase esecutiva, con la collaborazione di tutti i Nuclei Tutela Patrimonio Culturale presenti sul territorio nazionale e con l'Arma territoriale, ed hanno consentito il sequestro di 481 (oltre 200 solo tra Puglia, Basilicata, Marche e Abruzzo) dipinti attribuiti al Maestro Nino Caffè, tutti risultati falsi al termine di Incidente Probatorio disposto dal Tribunale di Bari.
Gli esiti investigativi consentivano, pertanto, il rinvio a giudizio di 23 persone ritenute responsabili dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e alla contraffazione di opere d'arte. Il provvedimento giudiziario nei riguardi dei componenti del sodalizio criminale costituisce un importante tassello nell'azione di contrasto dei reati nello specifico settore dell'arte contemporanea, perché ha consentito di disvelare le varie aree di azione dell'intera organizzazione, con tutte le sue componenti.
Sono stati inoltre sequestrati tre archivi, custoditi dal curatore, contenenti 3574 opere catalogate. Archivi originali che, di fatto, contenevano anche opere false. Dallo studio delle modalità di catalogazione delle stesse è stata accertata l'esistenza di circa 8000 opere in circolazione. Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati anche 2787 cataloghi generali delle opere di Nino Caffè contenenti l'85% di opere pittoriche false. Le opere sequestrate hanno fruttato all'organizzazione circa un milione e mezzo di euro.
L'attività, avviata nel marzo 2013 da un controllo eseguito dai carabinieri dello speciale reparto dell'Arma, aveva consentito il sequestro di 21 opere del Maestro Nino Caffè, presso la "EXPO ARTE" della Fiera del Levante di Bari, che presentavano caratteristiche pittoriche del tutto simili ad opere false già sequestrate nel corso di una precedente indagine. La rinnovata presenza sul mercato di opere pittoriche del Maestro Caffè, deceduto nel 1975, destava il fondato sospetto degli investigatori che potesse trattarsi di una nuova produzione di opere false. I successivi accertamenti, infatti, consentivano di appurare che i dipinti falsi erano stati immessi sul mercato con la complicità di gallerie, privati collezionisti, mercanti d'arte e attraverso l'utilizzo di piattaforme "e-commerce".
L'attività consentiva, inoltre, di individuare ed identificare anche gli autori materiali dei falsi che, su commissione, realizzavano i dipinti. Secondo la ricostruzione degli investigatori, il ruolo fondamentale dell'organizzazione criminale veniva svolto proprio dal curatore dell'archivio del Maestro, che attivamente provvedeva a: commissionare le opere a pittori compiacenti; autenticare ogni dipinto falso dei quali rilasciava anche i relativi certificati di autenticità; pubblicare, con la fattiva collaborazione di un gallerista e di un editore, tre "cataloghi generali delle opere di Nino Caffè" (in realtà false) più un quarto catalogo in fase di realizzazione, promuovendo mostre monotematiche, con il coinvolgimento di inconsapevoli personalità politiche ed ottenendo, per alcune, addirittura l'Alto Patrocinio del Senato della Repubblica (09-13/11/2009) e della Comunità Europea il (21/10/2003).
L'associazione criminale, grazie al potere derivante dalla certificazione di autenticità e soprattutto dalla pubblicazione delle opere false sui cataloghi ufficiali del curatore dell'artista, aveva la possibilità di vendere un'enorme quantità di dipinti falsi del maestro Caffè a collezionisti, galleristi, mercanti d'arte e a privati cittadini, di tutta Italia che, in buona fede e certi della loro autenticità, acquistavano, per diverse migliaia di euro ciasuna, le opere che, a loro volta, immettevano sul mercato nazionale.
Le indagini svolte dal Nucleo TPC di Bari sono state compiute, nella fase esecutiva, con la collaborazione di tutti i Nuclei Tutela Patrimonio Culturale presenti sul territorio nazionale e con l'Arma territoriale, ed hanno consentito il sequestro di 481 (oltre 200 solo tra Puglia, Basilicata, Marche e Abruzzo) dipinti attribuiti al Maestro Nino Caffè, tutti risultati falsi al termine di Incidente Probatorio disposto dal Tribunale di Bari.
Gli esiti investigativi consentivano, pertanto, il rinvio a giudizio di 23 persone ritenute responsabili dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e alla contraffazione di opere d'arte. Il provvedimento giudiziario nei riguardi dei componenti del sodalizio criminale costituisce un importante tassello nell'azione di contrasto dei reati nello specifico settore dell'arte contemporanea, perché ha consentito di disvelare le varie aree di azione dell'intera organizzazione, con tutte le sue componenti.
Sono stati inoltre sequestrati tre archivi, custoditi dal curatore, contenenti 3574 opere catalogate. Archivi originali che, di fatto, contenevano anche opere false. Dallo studio delle modalità di catalogazione delle stesse è stata accertata l'esistenza di circa 8000 opere in circolazione. Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati anche 2787 cataloghi generali delle opere di Nino Caffè contenenti l'85% di opere pittoriche false. Le opere sequestrate hanno fruttato all'organizzazione circa un milione e mezzo di euro.