Attualità
Seminario a Bari con uno dei fondatori delle Brigate Rosse, scoppia la polemica
Alberto Franceschini risulta tra gli intervistati in un convegno su Moro, il nipote di una vittima: «No a terroristi in cattedra»
Bari - sabato 9 marzo 2019
18.11
Un incontro a Sannicandro di Bari dedicato alla figura di Aldo Moro finisce al centro di una polemica a causa di uno degli ospiti. Tra i partecipanti figura, infatti, l'ex brigatista Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio e Margherita Cagol. Franceschini verrà intervistato all'interno di un convegno in cui saranno presenti anche l'on. Gero Grassi, componente della commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Moro e il presidente del consiglio regionale Mario Loizzo.
Ma la sua presenza non è passata inosservata e Potito Perruggini, presidente di "Anni di piombo" e nipote del brigadiere Giuseppe Ciotta, ucciso da Prima Linea nel 1977 con tre colpi di pistola, ha voluto dire la sua criticando aspramente la scelta dell'organizzazione di far parlare proprio un ex brigatista.
«È vero che il diritto di parola non deve essere negato a nessuno perché è quello che eleva il nostro stato di esseri umani - sottolinea - Ma è anche vero che non può essere dato in questa maniera a chi è stato uno degli artefici del periodo più buio della nostra Italia, soprattutto se ci saranno dei ragazzi di fronte a lui».
«Quello che si chiede è che non vengano mai più messi su una cattedra a parlare - ribadisce Perruggini - ma in un contesto in cui possano dire fatti che le persone di fronte a loro siano in grado di studiare e riscontrare per ricostruire. Persone come storici o investigatori o giornalisti che quegli anni li hanno sentiti sulla propria pelle».
Ma la sua presenza non è passata inosservata e Potito Perruggini, presidente di "Anni di piombo" e nipote del brigadiere Giuseppe Ciotta, ucciso da Prima Linea nel 1977 con tre colpi di pistola, ha voluto dire la sua criticando aspramente la scelta dell'organizzazione di far parlare proprio un ex brigatista.
«È vero che il diritto di parola non deve essere negato a nessuno perché è quello che eleva il nostro stato di esseri umani - sottolinea - Ma è anche vero che non può essere dato in questa maniera a chi è stato uno degli artefici del periodo più buio della nostra Italia, soprattutto se ci saranno dei ragazzi di fronte a lui».
«Quello che si chiede è che non vengano mai più messi su una cattedra a parlare - ribadisce Perruggini - ma in un contesto in cui possano dire fatti che le persone di fronte a loro siano in grado di studiare e riscontrare per ricostruire. Persone come storici o investigatori o giornalisti che quegli anni li hanno sentiti sulla propria pelle».