Attualità
Strage di nacchere di mare, ricercatori UniBa scoprono il parassita responsabile
Individuate le cause dell'epidemia nel Golfo di Taranto di una specie fondamentale per l'ecosistema marino mediterraneo
Bari - lunedì 8 aprile 2019
10.32
L'autore della strage di Pinna nobilis, specie meglio conosciuta come nacchera di mare, nel Golfo di Taranto e in altre zone del Mediterraneo ha un nome e un identikit grazie agli studiosi dell'Università di Bari. L'indagine dei ricercatori di Medicina Veterinaria e di Biologia dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro ha svelato il segreto della mortalità di questa specie protetta di mollusco bivalve nel mar Mediterraneo: si tratta di un parassita, la Haplosporidium pinnae.
La ricerca condotta da due team dell'Università degli studi di Bari Aldo Moro guidati da Domenico Otranto, professore di Parassitologia e Malattie Parassitarie e Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria, e Angelo Tursi, professore di Ecologia del Dipartimento di Biologia, in collaborazione con la Prof.ssa Marialetizia Fioravanti e la Dr.ssa Perla Tedesco (Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, dell'Università di Bologna) ha rintracciato le cause della mortalità di migliaia di esemplari di nacchere presenti nel Golfo di Taranto (Mar Ionio). Attualmente sono in corso rilevamenti per accertare la presenza, sia pure sporadica, di individui sopravvissuti a questo grave evento di mortalità causata dal protozoo parassitario e alcuni ancora in vita sono oggetto di attento monitoraggio da parte dei ricercatori universitari del dipartimento di Biologia. Gi esperti confidano che un probabile e futuro ripopolamento dei nostri mari possa avvenire nel prossimo decennio, proprio grazie a questi pochi individui sopravvissuti all'epidemia.
La Pinna nobilis, anche nota come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura, è il più grande mollusco bivalve del Mar Mediterraneo. Gli esemplari di nacchere vivono a una profondità che si aggira tra 0,5 e 60 metri, possono raggiungere l'età di 27 anni e le dimensioni di 120 centimetri.
«Questa è una specie endemica delle nostre acque che svolge un importante ruolo per l'ecosistema marino: filtra grandi volumi di acqua e fornisce un substrato idoneo alla crescita di altri organismi. Si tratta di una specie bentonica, il cui corpo, di forma triangolare, presenta l'apice infisso nella sabbia o, in genere, nei sedimenti ed è ancorato al substrato, spesso rappresentato dalle praterie di Posidonia oceanica, mediante l'ausilio del bisso marino prodotto in grande quantità dalla stessa nacchera», ha spiegato il prof. Tursi, da anni impegnato nello studio di questo interessantissimo bivalve.
«Pinna nobilis è una specie sensibile ai cambiamenti ambientali e alle minacce antropiche come, ad esempio, gli alti livelli di urbanizzazione, gli scarichi urbani e industriali. Per tutti questi motivi, la nacchera è una specie protetta e la sua raccolta è illegale a partire dagli anni '90», ha aggiunto il dottor Giovanni Chimienti (assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia di UniBa e cautore del lavoro scientifico).
Episodi di alta mortalità in diverse popolazioni di nacchera sono stati recentemente registrati in Spagna. Dopo un breve silenzio invernale, la moria è ricominciata nell'estate 2018, interessando, questa volta, esemplari presenti in Italia, in Francia e, ancor più di recente, in Grecia. In seguito a questi episodi di alta mortalità, la nacchera di mare è oggi considerata specie fortemente vulnerabile e a rischio di estinzione in numerose aree del bacino mediterraneo.
Nell'ultimo anno sono improvvisamente morti più di 7mila esemplari nel solo Mar Piccolo di Taranto; la strage dovuta alla parassitosi ha interessato anche ampie zone d'Italia italiane, comprese aree marine protette come Porto Cesareo e Tavolara. La causa di morte di questo bivalve è stata quindi studiata nei laboratori di parassitologia del Dipartimento di Medicina Veterinaria dove gli esemplari di nacchera sono stati analizzati con metodiche di diagnosi molecolare all'avanguardia.
«In seguito ad analisi parassitologiche, batteriologiche ed istopatologiche effettuate su esemplari moribondi di P. nobilis campionati dal Mar Piccolo di Taranto, è stata osservata la presenza di un protozoo flagellato del genere Haplosporidium» spiega Rossella Panarese, dottoranda di ricerca in Parassitologia) e primo Autore di un lavoro internazionale in stampa su Journal of Invertebrate Pathology.
Si tratta di un parassita presente nella ghiandola digestiva del bivalve che non consente al mollusco di alimentarsi portandolo alla morte. Haplosporidium pinnae (questo il nome scientifico del mortale protozoo) è stato segnalato nel golfo di Taranto per la prima volta in Italia e sembra possa essere arrivato dalle coste spagnole. «Non è ben chiaro come questo parassita sia giunto nelle nostre acque. Si suppone che le correnti marine, i movimenti delle imbarcazioni, che favoriscono l'insorgenza della mortalità di P. nobilissoprattutto nelle aree portuali, e l'aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale siano tra i fattori determinanti per la diffusione di questo parassita così come di molti altri che stanno colonizzando i nostri ecosistemi» conclude il prof. Otranto.
La ricerca condotta da due team dell'Università degli studi di Bari Aldo Moro guidati da Domenico Otranto, professore di Parassitologia e Malattie Parassitarie e Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria, e Angelo Tursi, professore di Ecologia del Dipartimento di Biologia, in collaborazione con la Prof.ssa Marialetizia Fioravanti e la Dr.ssa Perla Tedesco (Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie, dell'Università di Bologna) ha rintracciato le cause della mortalità di migliaia di esemplari di nacchere presenti nel Golfo di Taranto (Mar Ionio). Attualmente sono in corso rilevamenti per accertare la presenza, sia pure sporadica, di individui sopravvissuti a questo grave evento di mortalità causata dal protozoo parassitario e alcuni ancora in vita sono oggetto di attento monitoraggio da parte dei ricercatori universitari del dipartimento di Biologia. Gi esperti confidano che un probabile e futuro ripopolamento dei nostri mari possa avvenire nel prossimo decennio, proprio grazie a questi pochi individui sopravvissuti all'epidemia.
La Pinna nobilis, anche nota come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura, è il più grande mollusco bivalve del Mar Mediterraneo. Gli esemplari di nacchere vivono a una profondità che si aggira tra 0,5 e 60 metri, possono raggiungere l'età di 27 anni e le dimensioni di 120 centimetri.
«Questa è una specie endemica delle nostre acque che svolge un importante ruolo per l'ecosistema marino: filtra grandi volumi di acqua e fornisce un substrato idoneo alla crescita di altri organismi. Si tratta di una specie bentonica, il cui corpo, di forma triangolare, presenta l'apice infisso nella sabbia o, in genere, nei sedimenti ed è ancorato al substrato, spesso rappresentato dalle praterie di Posidonia oceanica, mediante l'ausilio del bisso marino prodotto in grande quantità dalla stessa nacchera», ha spiegato il prof. Tursi, da anni impegnato nello studio di questo interessantissimo bivalve.
«Pinna nobilis è una specie sensibile ai cambiamenti ambientali e alle minacce antropiche come, ad esempio, gli alti livelli di urbanizzazione, gli scarichi urbani e industriali. Per tutti questi motivi, la nacchera è una specie protetta e la sua raccolta è illegale a partire dagli anni '90», ha aggiunto il dottor Giovanni Chimienti (assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia di UniBa e cautore del lavoro scientifico).
Episodi di alta mortalità in diverse popolazioni di nacchera sono stati recentemente registrati in Spagna. Dopo un breve silenzio invernale, la moria è ricominciata nell'estate 2018, interessando, questa volta, esemplari presenti in Italia, in Francia e, ancor più di recente, in Grecia. In seguito a questi episodi di alta mortalità, la nacchera di mare è oggi considerata specie fortemente vulnerabile e a rischio di estinzione in numerose aree del bacino mediterraneo.
Nell'ultimo anno sono improvvisamente morti più di 7mila esemplari nel solo Mar Piccolo di Taranto; la strage dovuta alla parassitosi ha interessato anche ampie zone d'Italia italiane, comprese aree marine protette come Porto Cesareo e Tavolara. La causa di morte di questo bivalve è stata quindi studiata nei laboratori di parassitologia del Dipartimento di Medicina Veterinaria dove gli esemplari di nacchera sono stati analizzati con metodiche di diagnosi molecolare all'avanguardia.
«In seguito ad analisi parassitologiche, batteriologiche ed istopatologiche effettuate su esemplari moribondi di P. nobilis campionati dal Mar Piccolo di Taranto, è stata osservata la presenza di un protozoo flagellato del genere Haplosporidium» spiega Rossella Panarese, dottoranda di ricerca in Parassitologia) e primo Autore di un lavoro internazionale in stampa su Journal of Invertebrate Pathology.
Si tratta di un parassita presente nella ghiandola digestiva del bivalve che non consente al mollusco di alimentarsi portandolo alla morte. Haplosporidium pinnae (questo il nome scientifico del mortale protozoo) è stato segnalato nel golfo di Taranto per la prima volta in Italia e sembra possa essere arrivato dalle coste spagnole. «Non è ben chiaro come questo parassita sia giunto nelle nostre acque. Si suppone che le correnti marine, i movimenti delle imbarcazioni, che favoriscono l'insorgenza della mortalità di P. nobilissoprattutto nelle aree portuali, e l'aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale siano tra i fattori determinanti per la diffusione di questo parassita così come di molti altri che stanno colonizzando i nostri ecosistemi» conclude il prof. Otranto.