Scuola e Lavoro
Trony, lavoratori avvisati della chiusura via whatsapp
Sit-in nel pomeriggio di fronte alle saracinesche chiuse di corso Vittorio Emauele, i sindacati: «Ci sono clienti che chiedono merce già pagata»
Bari - sabato 17 marzo 2018
19.40
Saracinesca chiusa e dipendenti in presidio. Succede a Bari oggi pomeriggio, in corso Vittorio Emanuele davanti ad uno dei negozi Trony che da oggi sono chiusi, in seguito alla notizia del fallimento dell'azienda giunta ieri sera. Dipendenti che da tempo erano consapevoli di una situazione difficile, ma che all'improvviso si trovano senza lavoro e con alcuna sicurezza del proprio futuro. Soprattutto se consideriamo il modo in cui sono stati avvisati della situazione. Prima i sindacati comunicano loro del fallimento della DPS, azienda che gestisce la catena, e poi uno scarno messaggio whatsapp dice loro che da oggi i negozi sarebbero stati chiusi.
«C'era già crisi – ci racconta una delle dipendenti presente al sit-in – il mese di gennaio ci hanno pagato il 20% della retribuzione, ma in questi giorni ci avevano liquidato la restante parte della mensilità. Ora aspettiamo febbraio, il TFR, ecc… La cosa più brutta è stata che ieri sera i sindacati ci hanno dato la notizia del fallimento e solo tramite whatsapp un dirigente ci ha avvisati che oggi non avremmo dovuto lavorare e che i negozi sarebbero stati chiusi».
«Il modo in cui i dipendenti sono stati avvisati - ci dice Barbara Neglia di Filcams Cgil Bari – è il motivo principale per cui nei prossimi giorni scriveremo una mail al curatore fallimentare, dando la disponibilità dei lavoratori sottolineando che in questi giorni non sono al lavoro, perché hanno ricevuto a mezzo whatsapp la decisione di non aprire il negozio, a differenza dei negozi del nord in cui le saracinesche sono chiuse, ma i lavoratori sono all'interno».
«Il problema vero – sottolinea – oltre a quello occupazionale, è che nel frattempo che noi siamo qui in presidio è anche arrivata gente che reclamava la merce, hanno liste nozze da gestire, cose in sospeso di persone che avrebbero dovuto ritirare in quanto già pagate. Oltre al danno c'è anche la beffa per i clienti».
«Noi ora cercheremo di lavorare sul doppio binario – prosegue Neglia – quello regionale, provando a chiedere un focus sul terziario, essendo la grande distribuzione in crisi, e parallelamente chiederemo un incontro al Mise essendo una vertenza nazionale, chiedendo soluzioni alternative. Un danno reale è che nel momento in cui i dipendenti non hanno più la cassa integrazione per cessazione attività, non hanno più neanche la facoltà di poter temporeggiare e cercare soluzioni alternative».
«La situazione attuale è che i 26 dipendenti di Bari – conclude – stanno comunque maturando la retribuzione, non essendo intercorsa la lettera di licenziamento. In seguito, nella procedura fallimentare loro si dovranno insinuare come creditori privilegiati per recuperare da DPS il TFR, invece dall'altra società, con cui sono stati finora, le retribuzioni mancanti».
«C'era già crisi – ci racconta una delle dipendenti presente al sit-in – il mese di gennaio ci hanno pagato il 20% della retribuzione, ma in questi giorni ci avevano liquidato la restante parte della mensilità. Ora aspettiamo febbraio, il TFR, ecc… La cosa più brutta è stata che ieri sera i sindacati ci hanno dato la notizia del fallimento e solo tramite whatsapp un dirigente ci ha avvisati che oggi non avremmo dovuto lavorare e che i negozi sarebbero stati chiusi».
«Il modo in cui i dipendenti sono stati avvisati - ci dice Barbara Neglia di Filcams Cgil Bari – è il motivo principale per cui nei prossimi giorni scriveremo una mail al curatore fallimentare, dando la disponibilità dei lavoratori sottolineando che in questi giorni non sono al lavoro, perché hanno ricevuto a mezzo whatsapp la decisione di non aprire il negozio, a differenza dei negozi del nord in cui le saracinesche sono chiuse, ma i lavoratori sono all'interno».
«Il problema vero – sottolinea – oltre a quello occupazionale, è che nel frattempo che noi siamo qui in presidio è anche arrivata gente che reclamava la merce, hanno liste nozze da gestire, cose in sospeso di persone che avrebbero dovuto ritirare in quanto già pagate. Oltre al danno c'è anche la beffa per i clienti».
«Noi ora cercheremo di lavorare sul doppio binario – prosegue Neglia – quello regionale, provando a chiedere un focus sul terziario, essendo la grande distribuzione in crisi, e parallelamente chiederemo un incontro al Mise essendo una vertenza nazionale, chiedendo soluzioni alternative. Un danno reale è che nel momento in cui i dipendenti non hanno più la cassa integrazione per cessazione attività, non hanno più neanche la facoltà di poter temporeggiare e cercare soluzioni alternative».
«La situazione attuale è che i 26 dipendenti di Bari – conclude – stanno comunque maturando la retribuzione, non essendo intercorsa la lettera di licenziamento. In seguito, nella procedura fallimentare loro si dovranno insinuare come creditori privilegiati per recuperare da DPS il TFR, invece dall'altra società, con cui sono stati finora, le retribuzioni mancanti».