Speciale
Tvboy fa indossare la tuta dell'Ilva a Di Maio per le strade di Bari
Intervista allo street artist definito il Banksy italiano: «Ho voluto metterlo nei panni di chi sta dall'altra parte per un giorno»
Bari - lunedì 15 ottobre 2018
16.32
La grande street art italiana è sbarcata a Bari con Tvboy. L'artista, al secolo Salvatore Benintende, è in mostra alla galleria Formaquattro fino a novembre e qualche sera fa, in un'incursione notturna ha colorato la nostra città con la sua arte. E così per le vie di Bari è possibile vedere Checco Zalone in cerca di un posto fisso, Cristiano Ronaldo con lo striscione del Bari, San Nicola e un inconsueto Luigi Di Maio indossare la tuta dell'Ilva. Per nostra fortuna le opere sono ancora presenti per le vie della città, cosa che non sempre è successa dato che in diverse occasioni, in altre città, sono stati molto solerti ad eliminare l'arte dissacrante di Tvboy, un esempio su tutti il murale rappresentante Virginia Raggi a Roma. Da noi sono ancora osservabili da tutti anzi è possibile fare una specie di caccia al tesoro per trovarle tutte, dato che sono in diverse zone, noi siamo riusciti a trovarne solo due. Abbiamo voluto sentire dalla sua voce cosa c'è dietro la scelta di essere a Bari e dei soggetti che ha voluto rappresentare nella nostra città.
Come nasce la mostra che si sta svolgendo ora a Bari? E perché la scelta di fare diverse opere in giro per la città?
«Questa mostra rientra in un progetto che ho da diversi anni, che punta a portare la mia arte in giro per l'Italia e per l'Europa, recentemente siamo stati a Berlino e presto andremo ad Amsterdam. In ogni luogo mi piace reinterpretare i miti e le icone locali attraverso la mia arte, anche per fare un omaggio alle persone che vivono la città, anche perché credo che la street art ha un pegno verso chi quei luoghi li vive».
Perché Di Maio con la tuta dell'Ilva?
«Quest'opera rientra tra la serie di lavori che sono stati definiti i murales impossibili, sono situazioni immaginarie che prendono spunto dalla realtà, che sembrano impossibili ma che a volte poi si avverano, come ad esempio il bacio Salvini-Di Maio diventato un patto di governo. Rappresenta Di Maio che da ministro del lavoro per un giorno si mette nei panni di quelli che stanno dall'altra parte, i lavoratori, e si reca all'Ilva e va a lavorare. È un'opera ironica, di conciliazione ma allo stesso tempo di provocazione, in linea con le mie ultime opere».
E le altre come sono nate, che messaggio hai voluto dare a Bari e ai baresi?
«Con Albano e Romina ho voluto rendere un omaggio a loro due prima di tutti i gossip. L'altra che invece mi piace molto rappresenta san Nicola con un immigrato in braccio. D'altronde lo stesso san Nicola è un santo che viene dal Medio Oriente ed è anche il protettore dei defraudati, dei poveri. Una figura che vuole conciliare, dati i temi sull'immigrazione molto attuali ora con il governo di Salvini, ma anche far riflettere sul ruolo della Chiesa e anche di tutti noi nell'aiutare le persone in difficoltà».
Negli ultimi mesi a Bari c'è stata una piccola polemica per quanto riguarda la street art. Ci sono alcuni muri autorizzati in città e poi c'è la Caserma Rossani dove in pieno giorno e senza autorizzazioni i ragazzi del collettivo che la occupa insieme all'artista Elias Tano hanno colorato il muro della caserma con il successivo plauso del sindaco. Che ne pensi?
«Non vivendo a Bari non ho seguito molto queste vicende, l'unica cosa che posso dire è che è encomiabile che le città si aprano alla street art concedendo degli spazi, anche se a me, insieme al mio collettivo, come ho già detto diverse volte, interessa andare a scegliere degli spazi che non offendano nessuno, nel senso che non ci interessa andare su muri storici o a rovinare proprietà private, ma preferiamo agire in luoghi abbandonati o in degrado per nobilitare la città. Ma devono essere tutti posti legati in qualche modo al soggetto. A me in fondo piace una street art non autorizzata».
Come nasce la mostra che si sta svolgendo ora a Bari? E perché la scelta di fare diverse opere in giro per la città?
«Questa mostra rientra in un progetto che ho da diversi anni, che punta a portare la mia arte in giro per l'Italia e per l'Europa, recentemente siamo stati a Berlino e presto andremo ad Amsterdam. In ogni luogo mi piace reinterpretare i miti e le icone locali attraverso la mia arte, anche per fare un omaggio alle persone che vivono la città, anche perché credo che la street art ha un pegno verso chi quei luoghi li vive».
Perché Di Maio con la tuta dell'Ilva?
«Quest'opera rientra tra la serie di lavori che sono stati definiti i murales impossibili, sono situazioni immaginarie che prendono spunto dalla realtà, che sembrano impossibili ma che a volte poi si avverano, come ad esempio il bacio Salvini-Di Maio diventato un patto di governo. Rappresenta Di Maio che da ministro del lavoro per un giorno si mette nei panni di quelli che stanno dall'altra parte, i lavoratori, e si reca all'Ilva e va a lavorare. È un'opera ironica, di conciliazione ma allo stesso tempo di provocazione, in linea con le mie ultime opere».
E le altre come sono nate, che messaggio hai voluto dare a Bari e ai baresi?
«Con Albano e Romina ho voluto rendere un omaggio a loro due prima di tutti i gossip. L'altra che invece mi piace molto rappresenta san Nicola con un immigrato in braccio. D'altronde lo stesso san Nicola è un santo che viene dal Medio Oriente ed è anche il protettore dei defraudati, dei poveri. Una figura che vuole conciliare, dati i temi sull'immigrazione molto attuali ora con il governo di Salvini, ma anche far riflettere sul ruolo della Chiesa e anche di tutti noi nell'aiutare le persone in difficoltà».
Negli ultimi mesi a Bari c'è stata una piccola polemica per quanto riguarda la street art. Ci sono alcuni muri autorizzati in città e poi c'è la Caserma Rossani dove in pieno giorno e senza autorizzazioni i ragazzi del collettivo che la occupa insieme all'artista Elias Tano hanno colorato il muro della caserma con il successivo plauso del sindaco. Che ne pensi?
«Non vivendo a Bari non ho seguito molto queste vicende, l'unica cosa che posso dire è che è encomiabile che le città si aprano alla street art concedendo degli spazi, anche se a me, insieme al mio collettivo, come ho già detto diverse volte, interessa andare a scegliere degli spazi che non offendano nessuno, nel senso che non ci interessa andare su muri storici o a rovinare proprietà private, ma preferiamo agire in luoghi abbandonati o in degrado per nobilitare la città. Ma devono essere tutti posti legati in qualche modo al soggetto. A me in fondo piace una street art non autorizzata».