Ex CARA
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Cronaca

Violenza sessuale di gruppo al CARA di Bari-Palese, fermati in 5

Arrestati quattro nigeriani; si cerca il quinto uomo. Fondamentale per le indagini la denuncia della vittima

Si sarebbero resi autori di una violenza sessuale di gruppo ai danni di una giovane connazionale all'interno del CARA (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) di Bari Palese. Ieri la maxi-operazione della Squadra mobile della Questura di Bari, che ha sgominato una gang composta da 5 nigeriani: 4 sono stati raggiunti nel capoluogo e in provincia da ordinanza di custodia cautelare e arrestati con l'accusa di violenza privata e violenza sessuale di gruppo in concorso, mentre un quinto uomo è ricercato dalla Polizia di Stato .

I fatti si riferirebbero ai primi giorni del maggio 2017, quando gli arrestati, giovani tra i 21 ed i 37 anni, alcuni dei quali con precedenti di polizia ed in posizione irregolare nel territorio dello Stato (uno di essi, in particolare, già detenuto in carcere per omicidio di un cittadino nigeriano avvenuto l'8 maggio 2017), avrebbero fatto irruzione all'interno di un modulo abitativo del Centro Accoglienza di Bari-Palese. Facendo leva sulla forza intimidatrice derivante dalla comune appartenenza a uno specifico gruppo etnico, i cui comportamenti ed attività sono spesso votati alla violenta sopraffazione ed al sopruso nei confronti dei connazionali, i cinque avrebbero prima bloccato una ragazza nigeriana, O. F. di 24 anni, per poi costringerla, minacciandola con un'arma da taglio, a subire un rapporto sessuale non consenziente.

Dopo diversi mesi la vittima ha trovato il coraggio di denunciare l'episodio, sebbene fosse molto impaurita, considerato il clima di omertà vigente all'interno della comunità nigeriana del Capoluogo ed il senso di timore per eventuali ulteriori ripercussioni ai sui danni. A fare la differenza sono state le attenzioni investigative della Squadra Mobile e le cure prestategli dell'Associazione di protezione che l'ha presa in carico. Rasserenatsi, la giovane vittima ha trovato il coraggio di esporre la sua versione dei fatti.

La ragazza ha così raccontato la sua storia agli agenti: una volta approdata sulle coste italiane a inizio 2017. dopo l'infinito iter che contraddistingue le carovane di migranti che, dopo aver raggiunto la Libia ed avervi stanziato per settimane, pagando lautamente coloro che organizzano i viaggi della speranza, vengono caricati su imbarcazioni di fortuna e poi abbandonati in alto mare al loro destino. Al suo arrivo nel nostro Paese, la giovane donna sarebbe stata minacciata da non meglio indicati connazionali e costretta a prostituirsi per ripagare interamente il debito contratto per il viaggio in Italia, pari a una somma di circa 20.000 euro.

Trascorso qualche giorno, la ragazza sarebbe però riuscita a scampare alla prigionia e ai ricatti dei suoi sfruttatori, raggiungendo il CARA di Bari- Palese. Qui, sin da subito, sarebbe stata oggetto di attenzioni sessuali da parte di un suo connazionale, tale "Egbon", che l'avrebbe varie volte importunata. Davanti al rifiuto in più occasioni opposto dalla ragazza, l'uomo una sera l'avrebbe minacciata di morte armato di coltello "a scatto". Attorniata successivamente dal branco, la ragazza sarebbe stato colpita da tutti ripetutamente con schiaffi e pugni al volto, e trascinata in una stanza, dove Egbon avrebbe consumato il rapporto sessuale con lei, mentre gli altri impedivano l'accesso alla camera ad estranei. Successivamente l'intera gang avrebbe continuato a picchiarla con brutalità, nonostante i vani tentativi della donna di chiedere aiuto.

Le immediate indagini avviate dalla Sezione Contrasto al Crimine Extracomunitario e Prostituzione, per altro confortate da una pregressa attività investigativa portata avanti per fare luce sui fenomeni delittuosi perpetrati da gang nigeriane in tema di furti, rapine, estorsioni ed intimidazioni sia all'interno che all'esterno del CARA, hanno condotto i poliziotti, anche grazie ad alcune fondamentali testimonianze, a tutti i responsabili delle gravi violenze attuate sulla vittima acquisendo, così, elementi che hanno consentito alla Procura della Repubblica di Bari di richiedere ed ottenere dal Giudice delle Indagini Preliminari la misura cautelare in carcere.
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