Calcio
1990-2020: la storia sofferta dello stadio San Nicola
I 30 anni della cosiddetta "astronave" all’insegna di ciò che poteva essere e non è stato
Bari - lunedì 8 giugno 2020
Bari, 3 giugno 1990, si gioca l'amichevole di lusso tra il Bari del mister molfettese Gaetano Salvemini, fresco vincitore della Mitropa Cup, e il Milan di Arrigo Sacchi fresco bicampione d'Europa, ma privo dei nazionali Baresi, Maldini, Donadoni e Ancelotti e del fenomenale trio olandese formato da Marco Van Basten, Ruud Gullit e Frank Rijkaard: tutti impegnati nella preparazione dell'ormai imminente mondiale di Italia '90.
Quella partita - per la cronaca, vinta 2-0 dal Bari – inaugura il nuovissimo stadio San Nicola, uno dei dodici impianti che ospiteranno la rassegna iridata.
Fortissimamente voluto dalla famiglia Matarrese sia per evitare lo smacco di un possibile spostamento a Lecce della sede delle gare mondiali, sia soprattutto per accrescere le proprie ambizioni (tanto da riuscire a portare a Bari la finale per il terzo posto) lo stadio San Nicola doveva (e poteva) costituire un punto di svolta per l'intero movimento calcistico regionale che proprio in quegli anni viveva il suo momento migliore.
Ma soprattutto l'"astronave" progettata da Renzo Piano, negli ambiziosi progetti dei Matarrese, sarebbe dovuta essere la casa di un Bari decisamente proiettato ai vertici del calcio italiano.
Il sorteggio mondiale del dicembre '89, oltre al miracoloso Camerun di N'Kono e Milla, aveva spedito a giocare a Bari squadre come la Romania e l'ultima Unione Sovietica, quasi a voler stabilire simbolicamente nel capoluogo pugliese un ponte ideale con quei Balcani appena liberatisi dal giogo del "Socialismo reale"
Per la cronaca, il girone B di Italia '90 (che comprende anche l'Argentina di Maradona, che però gioca a Napoli) lo vince incredibilmente il Camerun davanti a rumeni e argentini, con l'URSS malinconicamente ultima ed eliminata.
Dopo i gironi, Bari ospita l'ottavo di finale tra il Costarica e l'ultima Cecoslovacchia unita, con ampio successo di quest'ultima, e soprattutto la storica finale di consolazione tra Italia e Inghilterra con la famosissima "ola" finale che in pratica sancì il disgelo calcistico fra le due parti esattamente cinque anni dopo i tragici fatti dell'Heysel.
Un anno dopo il mondiale italiano, esattamente il 29 maggio 1991, lo Stadio San Nicola vive forse il suo momento di massima importanza ospitando la finale di Coppa dei Campioni tra Olimpique Marsiglia e Stella Rossa Belgrado. Un altro appuntamento con la storia per il capoluogo pugliese, non tanto per la partita in se – vinta ai rigori dalla Stella Rossa dopo due ore di insopportabile noia -, ma per quello che in pratica è stato il canto del cigno dello Stato jugoslavo, che di li a poco sprofonderà nel dramma della disgregazione e della guerra.
Dopo il picco del biennio 1990/91, pur se in tono minore, il nuovo stadio barese ospiterà altri eventi di portata internazionale, come ad esempio i Giochi del Mediterraneo del 1997 e sei partite della Nazionale di calcio, di cui tre valevoli per competizioni internazionali.
Già, ma il Bari? Lo avevamo lasciato brillante vincitore della Mitropa Cup e reduce da un ottimo nono posto in campionato, pronto a disputare il torneo di Serie A 1990/91 nella sua nuova casa da quasi 60 mila posti, tutti a sedere. Il presidente Vincenzo Matarrese, per l'occasione, veste di biancorosso l'ex interista Enrico Cucchi, il giovane nazionale rumeno Florin Raducioiu e l'ex milanista bicampione d'Europa Angelo Colombo, con il chiarissimo intento di andare a rafforzare una squadra che già annovera gente come Maiellaro, Joao Paulo, Gerson, Brambati, Terracenere ecc.
Tuttavia il Bari edizione 1990/91 non andrà oltre una tranquilla salvezza, offrendo specialmente in trasferta delle prestazioni ben al di sotto delle aspettative di inizio stagione. Naturalmente non mancano in questa stagione picchi di euforia come il secco 2-0 che un Bari imbottito di riserve rifila alla Juventus di Tacconi, Baggio, Haessler e Schillaci, o come la vittoria per 2-1 (sempre al San Nicola) su di un Milan praticamente già in vacanza che sancisce la permanenza in Serie A dei galletti.
Si giunge così all'estate del 1991. L'estate dei sogni. L'estate della roboante campagna acquisti che vede si partire Pietro Maiellaro, ma che vede arrivare a Bari il forte nazionale inglese David Platt, grande protagonista a Italia '90, e due giovani croati già considerati ben più che semplici promesse: l'esterno sinistro Robert Jarni dall'Hajduk di Spalato, e soprattutto l' "eroe di Zagabria" Zvonimir "Zorro" Boban.
Matarrese non si nasconde più e proclama urbi et orbi di puntare per la stagione 1991/92 alla qualificazione in Coppa UEFA.
Finisce purtroppo che il 17 maggio 1992 un malinconico zero a zero da Cagliari sancisce la retrocessione in Serie B di quello che sulla carta doveva essere (e forse lo era) il Bari più forte di sempre.
Se punto di svolta doveva essere, certamente la stagione 1991/92 per i biancorossi lo è stata: ma in modo totalmente negativo. Da quel momento, infatti, e per quasi tutti gli anni Novanta, tra andamento da classica squadra ascensore tra A e B, e contestazioni alla famiglia Matarrese (ormai con sempre meno peso anche in federazione) che si fanno via via sempre più insistenti, uno stadio San Nicola caratterizzato da vuoti sempre più larghi, da "astronave" e punto di riferimento del football made in Puglia inizia ad assumere sempre più i contorni dell'ennesima cattedrale nel deserto di cui è pieno il Mezzogiorno d'Italia. E a tal proposito non sono pochi i supporters biancorossi – soprattutto i meno giovani – che, vista l'evidente discrasia tra ambizioni e risultati concreti, iniziano sempre più a rimpiangere l'aria più genuina e familiare del caro vecchio stadio "Della Vittoria", teatro tra i tanti, delle gesta del famoso "Bari dei baresi" o di quello di metà anni Ottanta che fu capace di centrare la doppia promozione dalla Serie C/1 alla Serie A.
Neanche i quattro anni di A del Bari di Fascetti, l'improvvisa esplosione di Antonio Cassano, e la brevissima ma brillante parentesi Conte-Ventura riescono a fermare il progressivo disamoramento della tifoseria barese. Il resto purtroppo è tristemente noto a tutti: il pasticciaccio di Bari-Lecce del 2011, i commoventi "salviamo la Bari" del 2014, il play off con il Latina, il fallimento, la Serie D.
Tutto questo, anche dal punto di vista delle spese di semplice manutenzione, inevitabilmente si è riversato sullo stato di salute di uno stadio, il San Nicola, nato come casa del calcio moderno e che allo stato attuale pare essere diventato per la tifoseria barese stessa una struttura a volte più sopportata che amata, più che altro perché teatro di grandi attese tradite e simbolo di un passaggi fin troppo repentino dai fantomatici propositi di grandeur degli inizi alla mera sopravvivenza dei nostri giorni.
Quella partita - per la cronaca, vinta 2-0 dal Bari – inaugura il nuovissimo stadio San Nicola, uno dei dodici impianti che ospiteranno la rassegna iridata.
Fortissimamente voluto dalla famiglia Matarrese sia per evitare lo smacco di un possibile spostamento a Lecce della sede delle gare mondiali, sia soprattutto per accrescere le proprie ambizioni (tanto da riuscire a portare a Bari la finale per il terzo posto) lo stadio San Nicola doveva (e poteva) costituire un punto di svolta per l'intero movimento calcistico regionale che proprio in quegli anni viveva il suo momento migliore.
Ma soprattutto l'"astronave" progettata da Renzo Piano, negli ambiziosi progetti dei Matarrese, sarebbe dovuta essere la casa di un Bari decisamente proiettato ai vertici del calcio italiano.
Il sorteggio mondiale del dicembre '89, oltre al miracoloso Camerun di N'Kono e Milla, aveva spedito a giocare a Bari squadre come la Romania e l'ultima Unione Sovietica, quasi a voler stabilire simbolicamente nel capoluogo pugliese un ponte ideale con quei Balcani appena liberatisi dal giogo del "Socialismo reale"
Per la cronaca, il girone B di Italia '90 (che comprende anche l'Argentina di Maradona, che però gioca a Napoli) lo vince incredibilmente il Camerun davanti a rumeni e argentini, con l'URSS malinconicamente ultima ed eliminata.
Dopo i gironi, Bari ospita l'ottavo di finale tra il Costarica e l'ultima Cecoslovacchia unita, con ampio successo di quest'ultima, e soprattutto la storica finale di consolazione tra Italia e Inghilterra con la famosissima "ola" finale che in pratica sancì il disgelo calcistico fra le due parti esattamente cinque anni dopo i tragici fatti dell'Heysel.
Un anno dopo il mondiale italiano, esattamente il 29 maggio 1991, lo Stadio San Nicola vive forse il suo momento di massima importanza ospitando la finale di Coppa dei Campioni tra Olimpique Marsiglia e Stella Rossa Belgrado. Un altro appuntamento con la storia per il capoluogo pugliese, non tanto per la partita in se – vinta ai rigori dalla Stella Rossa dopo due ore di insopportabile noia -, ma per quello che in pratica è stato il canto del cigno dello Stato jugoslavo, che di li a poco sprofonderà nel dramma della disgregazione e della guerra.
Dopo il picco del biennio 1990/91, pur se in tono minore, il nuovo stadio barese ospiterà altri eventi di portata internazionale, come ad esempio i Giochi del Mediterraneo del 1997 e sei partite della Nazionale di calcio, di cui tre valevoli per competizioni internazionali.
Già, ma il Bari? Lo avevamo lasciato brillante vincitore della Mitropa Cup e reduce da un ottimo nono posto in campionato, pronto a disputare il torneo di Serie A 1990/91 nella sua nuova casa da quasi 60 mila posti, tutti a sedere. Il presidente Vincenzo Matarrese, per l'occasione, veste di biancorosso l'ex interista Enrico Cucchi, il giovane nazionale rumeno Florin Raducioiu e l'ex milanista bicampione d'Europa Angelo Colombo, con il chiarissimo intento di andare a rafforzare una squadra che già annovera gente come Maiellaro, Joao Paulo, Gerson, Brambati, Terracenere ecc.
Tuttavia il Bari edizione 1990/91 non andrà oltre una tranquilla salvezza, offrendo specialmente in trasferta delle prestazioni ben al di sotto delle aspettative di inizio stagione. Naturalmente non mancano in questa stagione picchi di euforia come il secco 2-0 che un Bari imbottito di riserve rifila alla Juventus di Tacconi, Baggio, Haessler e Schillaci, o come la vittoria per 2-1 (sempre al San Nicola) su di un Milan praticamente già in vacanza che sancisce la permanenza in Serie A dei galletti.
Si giunge così all'estate del 1991. L'estate dei sogni. L'estate della roboante campagna acquisti che vede si partire Pietro Maiellaro, ma che vede arrivare a Bari il forte nazionale inglese David Platt, grande protagonista a Italia '90, e due giovani croati già considerati ben più che semplici promesse: l'esterno sinistro Robert Jarni dall'Hajduk di Spalato, e soprattutto l' "eroe di Zagabria" Zvonimir "Zorro" Boban.
Matarrese non si nasconde più e proclama urbi et orbi di puntare per la stagione 1991/92 alla qualificazione in Coppa UEFA.
Finisce purtroppo che il 17 maggio 1992 un malinconico zero a zero da Cagliari sancisce la retrocessione in Serie B di quello che sulla carta doveva essere (e forse lo era) il Bari più forte di sempre.
Se punto di svolta doveva essere, certamente la stagione 1991/92 per i biancorossi lo è stata: ma in modo totalmente negativo. Da quel momento, infatti, e per quasi tutti gli anni Novanta, tra andamento da classica squadra ascensore tra A e B, e contestazioni alla famiglia Matarrese (ormai con sempre meno peso anche in federazione) che si fanno via via sempre più insistenti, uno stadio San Nicola caratterizzato da vuoti sempre più larghi, da "astronave" e punto di riferimento del football made in Puglia inizia ad assumere sempre più i contorni dell'ennesima cattedrale nel deserto di cui è pieno il Mezzogiorno d'Italia. E a tal proposito non sono pochi i supporters biancorossi – soprattutto i meno giovani – che, vista l'evidente discrasia tra ambizioni e risultati concreti, iniziano sempre più a rimpiangere l'aria più genuina e familiare del caro vecchio stadio "Della Vittoria", teatro tra i tanti, delle gesta del famoso "Bari dei baresi" o di quello di metà anni Ottanta che fu capace di centrare la doppia promozione dalla Serie C/1 alla Serie A.
Neanche i quattro anni di A del Bari di Fascetti, l'improvvisa esplosione di Antonio Cassano, e la brevissima ma brillante parentesi Conte-Ventura riescono a fermare il progressivo disamoramento della tifoseria barese. Il resto purtroppo è tristemente noto a tutti: il pasticciaccio di Bari-Lecce del 2011, i commoventi "salviamo la Bari" del 2014, il play off con il Latina, il fallimento, la Serie D.
Tutto questo, anche dal punto di vista delle spese di semplice manutenzione, inevitabilmente si è riversato sullo stato di salute di uno stadio, il San Nicola, nato come casa del calcio moderno e che allo stato attuale pare essere diventato per la tifoseria barese stessa una struttura a volte più sopportata che amata, più che altro perché teatro di grandi attese tradite e simbolo di un passaggi fin troppo repentino dai fantomatici propositi di grandeur degli inizi alla mera sopravvivenza dei nostri giorni.