Calcio
Aggrappato al capitano. Bari, la crisi è solo “congelata”
La rete di Valerio Di Cesare porta un po’ di sollievo. Ma i problemi rimangono
Bari - domenica 10 dicembre 2023
Vittoria doveva essere, e vittoria è stata. E questa è davvero l'unica buona notizia, perché il Bari tira un bel sospiro di sollievo, riportandosi a +5 sulla zona playout. Il successo 2-1 contro il Sudtirol al San Nicola è una bella boccata d'ossigeno, ma non abbastanza per mettersi alle spalle la crisi tecnica vista nelle ultime uscite. Il faccione sorridente dopo il goal-vittoria di capitan Di Cesare è l'immagine-copertina della partita del Bari, aggrappato con le unghie e con i denti al suo uomo-simbolo.
Un successo che fa più da "congelatore" per le tante incertezze mostrate dalla squadra di Marino, che ora potrà - quantomeno - preparare le tre partite da qui a fine anno con un po' più di serenità.
Così come un mezzo palliativo è stato il ritiro, che ha avuto l'effetto di curare il sintomo, più che la malattia. Ma, per il momento, va benissimo così; servivano i tre punti, e sono arrivati. Il resto? Bisognerà andarlo a trovare altrove.
Certo, perché il Bari non potrà sempre sperare in avversari "generosi" come il Sudtirol, rimasto in dieci per 75' a causa dell'espulsione di Cuomo, autore di un fallo bruttissimo su Sibilli. D'altra parte, alla lunga, questo Bari (soprattutto quello del primo tempo) non potrà andare lontano. Già in superiorità numerica, i galletti trovano il vantaggio con i due uomini migliori di una prima frazione per larghi tratti imbarazzante: Ricci si procura il rigore, Sibilli lo trasforma col ghiaccio nelle vene.
Sembra tutto fatto, finalmente; eppure i galletti riescono a mettersi nei guai anche quando gli avversari sono a un centimetro dal ko. «Anche io, che sono esperto, ho debolezze e paure; questo non vuol dire che entri in campo timoroso, ma non posso entrare nella testa di tutti i miei compagni». Prosa e musica di Valerio Di Cesare, stoccatore di fino, capitano, anima e corpo del Bari. E nelle sue dichiarazioni post-partita c'è un po' la "summa" dei problemi del Bari: la paura di giocare, la passività in campo, l'incapacità di gestire i momenti decisivi delle partite.
Troppo facile, in questo momento, prendersela con Acampora, ancora una volta il peggiore in campo. Eppure l'ex Benevento sembra davvero l'ottima metonimia che spiega il momento del Bari: lento, compassato, spaesato. Ed è così da diverso tempo (da inizio campionato, a dire il vero), tant'è che appare più che lecito domandarsi: perché non farlo rifiatare un attimo? A maggior ragione dopo aver visto l'incoraggiante prova di Edjouma nel secondo tempo; il francese porta fisicità, dinamismo e freschezza in un reparto dove il solo Benali, pur a singhiozzo, era riuscito a strappare un 6 nella prima frazione.
Insomma, i galletti appaiono capaci di riportare in vita anche un avversario in palese difficoltà come il Sudtirol, che oltre a fare densità a centrocampo con Tait e Peeters, e a creare qualcosa a sinistra con Casiraghi (duello con Pucino stravinto dall'altoatesino) non possono fare altro, vista l'inferiorità numerica. Ma nel goal, rocambolesco, di Vinetot c'è la fotografia esatta di questo Bari, che con le sue indecisioni si attira anche la sfortuna: il difensore ospite colpisce fortuitamente il pallone, Merkaj non la devia e inganna Brenno e Sibilli, lasciando il pallone entrare lemme in rete.
Nella ripresa, per quanto Marino possa insistere nel sottolineare i meriti del suo Bari più che le difficoltà dell'avversario, la superiorità numerica alla lunga si fa sentire, e il Bari sfonda. Più con la forza dei nervi e con il terrore di un risultato negativo, che con le idee. Dorval ed Edjouma un po' rivitalizzano la manovra dei biancorossi, che trovano a un quarto d'ora dalla fine il goal con la prodezza mancina del capitano, a risolvere un pomeriggio che si stava trasformando nell'ennesimo psicodramma. Fa ben sperare, anche se bisogna dirlo sottovoce, il fatto che nell'azione della rete decisiva entri anche Aramu, apparso in lieve crescita rispetto alle ultime uscite. In un momento in cui, con le assenze di Diaw e Nasti (a La Spezia sarà Sibilli a mancare), emerge tutta l'approssimazione con cui è stato costruito il reparto offensivo, una mezza buona notizia non può che far piacere.
Non basta, però, e questo lo sanno tutti. Lo sa Marino («Nel primo tempo c'è stato un black out, eravamo tutti da sostituire, compreso l'allenatore»), lo sa Di Cesare («A gennaio dovrà essere fatto un altro campionato, se vogliamo ambire a qualcosa di importante. Io sono rimasto per questo motivo, il mio sogno è quello. Ma al momento non siamo pronti per quell'obiettivo»), lo sa Polito. E dovrebbe rendersene conto anche la proprietà, la famiglia De Laurentiis, anche ieri pesantemente contestata dal tifo organizzato, che ha invocato quanto prima un cambio di mano.
Ora, dal momento che il presidente Luigi De Laurentiis è irreperibile, non parla con la stampa e non si confronta con la città da luglio, è ben difficile ipotizzare quali siano i piani societari della proprietà, a breve, medio e lungo termine. Un atteggiamento che, peraltro, dà adito anche alle ricostruzioni più fantasiose, lascia spazio alle voci di corridoio, e aggiunge confusione a confusione.
Ma, d'altra parte, è anche vero che il tempo delle parole è terminato già da un pezzo. Dopo le prossime tre partite, da giocare con i denti stretti e le dita incrociate, inizierà il mercato di gennaio, il luogo dove dirigenza e proprietà dovranno dare le vere risposte alle domande della città. Conosciamo benissimo le difficoltà della campagna trasferimenti invernale, in cui i pezzi pregiati si muovono solo per certe cifre. Ecco, quindi, che servirà allentare i cordoni della borsa, dare un segnale di buona volontà a una piazza ancora sotto shock per lo scorso 11 giugno, e desiderosa di tornare a sognare. Il momento dei fatti si avvicina, e stavolta non si può sbagliare ancora.
Un successo che fa più da "congelatore" per le tante incertezze mostrate dalla squadra di Marino, che ora potrà - quantomeno - preparare le tre partite da qui a fine anno con un po' più di serenità.
Così come un mezzo palliativo è stato il ritiro, che ha avuto l'effetto di curare il sintomo, più che la malattia. Ma, per il momento, va benissimo così; servivano i tre punti, e sono arrivati. Il resto? Bisognerà andarlo a trovare altrove.
Certo, perché il Bari non potrà sempre sperare in avversari "generosi" come il Sudtirol, rimasto in dieci per 75' a causa dell'espulsione di Cuomo, autore di un fallo bruttissimo su Sibilli. D'altra parte, alla lunga, questo Bari (soprattutto quello del primo tempo) non potrà andare lontano. Già in superiorità numerica, i galletti trovano il vantaggio con i due uomini migliori di una prima frazione per larghi tratti imbarazzante: Ricci si procura il rigore, Sibilli lo trasforma col ghiaccio nelle vene.
Sembra tutto fatto, finalmente; eppure i galletti riescono a mettersi nei guai anche quando gli avversari sono a un centimetro dal ko. «Anche io, che sono esperto, ho debolezze e paure; questo non vuol dire che entri in campo timoroso, ma non posso entrare nella testa di tutti i miei compagni». Prosa e musica di Valerio Di Cesare, stoccatore di fino, capitano, anima e corpo del Bari. E nelle sue dichiarazioni post-partita c'è un po' la "summa" dei problemi del Bari: la paura di giocare, la passività in campo, l'incapacità di gestire i momenti decisivi delle partite.
Troppo facile, in questo momento, prendersela con Acampora, ancora una volta il peggiore in campo. Eppure l'ex Benevento sembra davvero l'ottima metonimia che spiega il momento del Bari: lento, compassato, spaesato. Ed è così da diverso tempo (da inizio campionato, a dire il vero), tant'è che appare più che lecito domandarsi: perché non farlo rifiatare un attimo? A maggior ragione dopo aver visto l'incoraggiante prova di Edjouma nel secondo tempo; il francese porta fisicità, dinamismo e freschezza in un reparto dove il solo Benali, pur a singhiozzo, era riuscito a strappare un 6 nella prima frazione.
Insomma, i galletti appaiono capaci di riportare in vita anche un avversario in palese difficoltà come il Sudtirol, che oltre a fare densità a centrocampo con Tait e Peeters, e a creare qualcosa a sinistra con Casiraghi (duello con Pucino stravinto dall'altoatesino) non possono fare altro, vista l'inferiorità numerica. Ma nel goal, rocambolesco, di Vinetot c'è la fotografia esatta di questo Bari, che con le sue indecisioni si attira anche la sfortuna: il difensore ospite colpisce fortuitamente il pallone, Merkaj non la devia e inganna Brenno e Sibilli, lasciando il pallone entrare lemme in rete.
Nella ripresa, per quanto Marino possa insistere nel sottolineare i meriti del suo Bari più che le difficoltà dell'avversario, la superiorità numerica alla lunga si fa sentire, e il Bari sfonda. Più con la forza dei nervi e con il terrore di un risultato negativo, che con le idee. Dorval ed Edjouma un po' rivitalizzano la manovra dei biancorossi, che trovano a un quarto d'ora dalla fine il goal con la prodezza mancina del capitano, a risolvere un pomeriggio che si stava trasformando nell'ennesimo psicodramma. Fa ben sperare, anche se bisogna dirlo sottovoce, il fatto che nell'azione della rete decisiva entri anche Aramu, apparso in lieve crescita rispetto alle ultime uscite. In un momento in cui, con le assenze di Diaw e Nasti (a La Spezia sarà Sibilli a mancare), emerge tutta l'approssimazione con cui è stato costruito il reparto offensivo, una mezza buona notizia non può che far piacere.
Non basta, però, e questo lo sanno tutti. Lo sa Marino («Nel primo tempo c'è stato un black out, eravamo tutti da sostituire, compreso l'allenatore»), lo sa Di Cesare («A gennaio dovrà essere fatto un altro campionato, se vogliamo ambire a qualcosa di importante. Io sono rimasto per questo motivo, il mio sogno è quello. Ma al momento non siamo pronti per quell'obiettivo»), lo sa Polito. E dovrebbe rendersene conto anche la proprietà, la famiglia De Laurentiis, anche ieri pesantemente contestata dal tifo organizzato, che ha invocato quanto prima un cambio di mano.
Ora, dal momento che il presidente Luigi De Laurentiis è irreperibile, non parla con la stampa e non si confronta con la città da luglio, è ben difficile ipotizzare quali siano i piani societari della proprietà, a breve, medio e lungo termine. Un atteggiamento che, peraltro, dà adito anche alle ricostruzioni più fantasiose, lascia spazio alle voci di corridoio, e aggiunge confusione a confusione.
Ma, d'altra parte, è anche vero che il tempo delle parole è terminato già da un pezzo. Dopo le prossime tre partite, da giocare con i denti stretti e le dita incrociate, inizierà il mercato di gennaio, il luogo dove dirigenza e proprietà dovranno dare le vere risposte alle domande della città. Conosciamo benissimo le difficoltà della campagna trasferimenti invernale, in cui i pezzi pregiati si muovono solo per certe cifre. Ecco, quindi, che servirà allentare i cordoni della borsa, dare un segnale di buona volontà a una piazza ancora sotto shock per lo scorso 11 giugno, e desiderosa di tornare a sognare. Il momento dei fatti si avvicina, e stavolta non si può sbagliare ancora.