Calcio
Altra prova di forza, il Bari mette la quarta. Ora il derby della conferma
I biancorossi a Campobasso dimostrano ancora di saper reagire. E il “priscio” dei tifosi è l’arma in più
Bari - lunedì 18 ottobre 2021
Un'altra prova di forza, che vale la quarta vittoria consecutiva; un traguardo mai raggiunto in questi tre anni di serie C. Il Bari di mister Michele Mignani mette le marce alte, vince e convince: anche a Campobasso i biancorossi offrono una prova di maturità e solidità che vale ben più del il successo 1-3 sugli uomini di Cudini.
Tutto si mette bene già al 4', quando Terranova (sempre più decisivo in entrambe le aree) in tuffo di testa firma il vantaggio su una palla da fermo perfetta di Botta. E poi il solito Bari: palleggio, qualità, verticalizzazioni. Cosa manca? Il colpo del ko. Problema vecchio, ma che si ripropone costantemente. Cheddira fa a sportellate, lotta, sgomita e al 38' paga in lucidità: palla alle spalle delle difesa che l'attaccante biancorosso spara in curva da posizione facile facile.
E qui succede l'imprevisto, entra in gioco la variabile: la difesa per un attimo sbanda, Vitali fa la sponda, Tankorang si invola verso la porta e Frattali lo abbatte. Rossetti trasforma il rigore, al riposo si va in parità. Un fatto che può destabilizzare, togliere certezze, ma non al Bari che va dritto come un treno. Mignani sceglie il centrocampo di qualità: Maita regista, Mallamo e D'Errico mezze ali, esordio dal 1' in difesa per l'ottimo Gigliotti, uno che sa toccare il pallone. Insomma, tanto palleggio ma poca copertura. Il Campobasso a inizio ripresa va vicino al ribaltone con il tiro di Bontà, aumenta i giri e mette in difficoltà il Bari. Ma Mignani va dritto per la sua strada, consapevole difendendo le sue scelte. E anche stavolta ha ragione: Cheddira prima se ne mangia un altro da zero metri (cross di Botta, sempre più centrale nel gioco di Mignani), poi serve a Maita il pallone per l'assist che vale il nuovo vantaggio.
E non poteva che farlo lui, il vecchio leone chiamato alla prova d'orgoglio. Antenucci viene da tre panchine consecutive, un fatto quantomeno insolito per uno come lui. E il pallone dell'1-2 spinto dentro sul secondo palo è solo l'acmé di una prestazione fatta di sostanza, classe (palla semplicemente deliziosa per Botta al 60') e sacrificio. A dimostrazione del fatto che Mirco non è solo la stella polare nel luminescente firmamento costruito da Polito e Mignani, ma si è preso pian piano anche il ruolo di uomo-spogliatoio, quello che ti dà una mano a vincere anche se sta in panca. Chi ha pensato che il Bari potesse fare a meno di lui si è sbagliato: non sarà più intoccabile, ma rimane comunque un calciatore troppo importante per metterlo frettolosamente alla porta.
E poi c'è Cheddira: se ne divora due facili, ma fa il terzo con una giocata sontuosa e un tiro a giro degno del miglior Del Piero dei tempi belli. Un elemento preziosissimo per il gioco di Mignani: forza della natura dal punto di vista fisico, sempre corretto nelle giocate, gli manca giusto un po' più di killer instinct per fare il salto in avanti.
Ma questa, in ultima analisi, è la vittoria di Mignani. Un uomo mite, umile, che sta costruendo un giocattolo che funzione e che piace alla gente. Gli oltre 500 tifosi presenti a Campobasso sono un termometro più che attendibile del "priscio" che si sta riaccendendo attorno a una squadra forte sì, ma che soprattutto non si lascia abbattere dalle difficoltà, come lo stesso Mignani ha sottolineato. Mister e diesse hanno confezionato fin qui un piccolo capolavoro, riportando i tifosi allo stadio, ridando credibilità a una squadra e a una società che a giugno sembravano allo sbando.
Mercoledì con il Foggia si potrebbero già raccogliere i primi frutti: proiezioni generose (ma non inverosimili) parlano di 20mila presenze al San Nicola, sarebbe già un trionfo. E poi c'è un derby, da vincere, per spiccare il volo e alzare ancora di più la voce. L'avversario sarà il Foggia di Zeman, un po' santone, un po' provocatore. Secondo il boemo il Bari di Mignani è primo ma non ha ancora dimostrato nulla; sarebbe bello se iniziasse a farlo proprio nella partita che conta di più. Mignani lo sa: vincere non è mai abbastanza, c'è sempre da confermarsi. Quale occasione migliore di un derby?
Tutto si mette bene già al 4', quando Terranova (sempre più decisivo in entrambe le aree) in tuffo di testa firma il vantaggio su una palla da fermo perfetta di Botta. E poi il solito Bari: palleggio, qualità, verticalizzazioni. Cosa manca? Il colpo del ko. Problema vecchio, ma che si ripropone costantemente. Cheddira fa a sportellate, lotta, sgomita e al 38' paga in lucidità: palla alle spalle delle difesa che l'attaccante biancorosso spara in curva da posizione facile facile.
E qui succede l'imprevisto, entra in gioco la variabile: la difesa per un attimo sbanda, Vitali fa la sponda, Tankorang si invola verso la porta e Frattali lo abbatte. Rossetti trasforma il rigore, al riposo si va in parità. Un fatto che può destabilizzare, togliere certezze, ma non al Bari che va dritto come un treno. Mignani sceglie il centrocampo di qualità: Maita regista, Mallamo e D'Errico mezze ali, esordio dal 1' in difesa per l'ottimo Gigliotti, uno che sa toccare il pallone. Insomma, tanto palleggio ma poca copertura. Il Campobasso a inizio ripresa va vicino al ribaltone con il tiro di Bontà, aumenta i giri e mette in difficoltà il Bari. Ma Mignani va dritto per la sua strada, consapevole difendendo le sue scelte. E anche stavolta ha ragione: Cheddira prima se ne mangia un altro da zero metri (cross di Botta, sempre più centrale nel gioco di Mignani), poi serve a Maita il pallone per l'assist che vale il nuovo vantaggio.
E non poteva che farlo lui, il vecchio leone chiamato alla prova d'orgoglio. Antenucci viene da tre panchine consecutive, un fatto quantomeno insolito per uno come lui. E il pallone dell'1-2 spinto dentro sul secondo palo è solo l'acmé di una prestazione fatta di sostanza, classe (palla semplicemente deliziosa per Botta al 60') e sacrificio. A dimostrazione del fatto che Mirco non è solo la stella polare nel luminescente firmamento costruito da Polito e Mignani, ma si è preso pian piano anche il ruolo di uomo-spogliatoio, quello che ti dà una mano a vincere anche se sta in panca. Chi ha pensato che il Bari potesse fare a meno di lui si è sbagliato: non sarà più intoccabile, ma rimane comunque un calciatore troppo importante per metterlo frettolosamente alla porta.
E poi c'è Cheddira: se ne divora due facili, ma fa il terzo con una giocata sontuosa e un tiro a giro degno del miglior Del Piero dei tempi belli. Un elemento preziosissimo per il gioco di Mignani: forza della natura dal punto di vista fisico, sempre corretto nelle giocate, gli manca giusto un po' più di killer instinct per fare il salto in avanti.
Ma questa, in ultima analisi, è la vittoria di Mignani. Un uomo mite, umile, che sta costruendo un giocattolo che funzione e che piace alla gente. Gli oltre 500 tifosi presenti a Campobasso sono un termometro più che attendibile del "priscio" che si sta riaccendendo attorno a una squadra forte sì, ma che soprattutto non si lascia abbattere dalle difficoltà, come lo stesso Mignani ha sottolineato. Mister e diesse hanno confezionato fin qui un piccolo capolavoro, riportando i tifosi allo stadio, ridando credibilità a una squadra e a una società che a giugno sembravano allo sbando.
Mercoledì con il Foggia si potrebbero già raccogliere i primi frutti: proiezioni generose (ma non inverosimili) parlano di 20mila presenze al San Nicola, sarebbe già un trionfo. E poi c'è un derby, da vincere, per spiccare il volo e alzare ancora di più la voce. L'avversario sarà il Foggia di Zeman, un po' santone, un po' provocatore. Secondo il boemo il Bari di Mignani è primo ma non ha ancora dimostrato nulla; sarebbe bello se iniziasse a farlo proprio nella partita che conta di più. Mignani lo sa: vincere non è mai abbastanza, c'è sempre da confermarsi. Quale occasione migliore di un derby?