mirco antenucci. <span>Foto Ssc Bari </span>
mirco antenucci. Foto Ssc Bari
Calcio

Arbitraggio e sfortuna battono il grande cuore, ma il Bari ne esce più forte

Biancorossi sconfitti a Frosinone con l’uomo in meno. Però la partita della resilienza è vinta

Commentare la sconfitta 1-0 del Bari a Frosinone è abbastanza semplice: l'episodio chiave per la lettura della partita non può non essere l'espulsione di Bellomo dopo appena 20' di gioco. Una decisione, quella dell'arbitro Perenzoni, che si fa grande fatica ad accettare: certo, l'intervento scomposto c'è, ma senza cattiveria e sicuramente senza intenzione. Giusta sembrava l'iniziale decisione di ammonire il trequartista barese, prima della revisione al video. Un episodio che, per un'analisi più larga, dovrebbe richiamare l'attenzione sul tema della incidenza del Var sul calcio e sul suo sviluppo. L'eccessivo ricorso a un sistema pseudoscientifico come la moviola, in talune circostanze, sembrerebbe privare l'arbitro centrale di un metro di giudizio fondamentale, quello del buon senso.

Ed è proprio il buon senso che è mancato in una decisione profondamente condizionante nello sviluppo della partita, soprattutto se si considera che nella ripresa un analogo episodio (i tacchetti di Moro sul volto di Zuzek) è stato valutato solo da giallo.
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Frosinone-Bari 1-0, le dichiarazioni di Maita1 minuto
Tanto, quindi, basterebbe per spiegare la sconfitta (terza consecutiva tra campionato e coppa) dei galletti, ma fermarsi a questo significherebbe non rendere il giusto merito alla grande prestazione della squadra di Mignani. Anche se con zero punti in tasca, il Bari esce dallo Stirpe di Frosinone con una consapevolezza e una rabbia agonistica che anche un pareggio non sarebbero riusciti a dare.

Sì, perché un dato va sottolineato: nel primo tempo, in 10 contro 11, il Bari ha costruito con le iniziative di Cheddira e Folorunsho le più grandi occasioni da goal dell'intera frazione. Un messaggio chiaro, quello della squadra di Mignani: cercare di vincerla, anche in inferiorità, finché le forze lo consentono. E fino all'intervallo, il Bari non ha mostrato un atteggiamento rinunciatario, a semplice protezione del pareggio.

Poi, chiaramente, nella ripresa le cose sono un po' cambiate, con le forze che venivano meno, al cospetto di una squadra in partenza più forte, solidissima in casa e - per di più - in vantaggio di un uomo. Tecnica e tattica lasciano spazio a cuore e sacrificio; se il punteggio dice che il Bari ha perso, la prestazione conferma che sull'indole resiliente dei galletti ci sono pochi margini di dubbio. Qualcuno non ha condiviso la lettura tattica di Mignani, ma la gestione dei cambi (almeno in linea teorica) del tecnico appare corretta. L'inserimento di Mallamo per Antenucci alla mezz'ora priva il Bari di fantasia ed estro negli ultimi metri, ma garantisce corsa e sostenibilità al fianco di Maita, con Folorunsho e Benedetti più larghi per cercare di sfruttare le loro incursioni.

E il Bari regge, rendendosi anche pericolosissimo in un paio di circostanze. Nella ripresa, con Cheddira ormai sulle ginocchia, l'unica mossa plausibile era quella di inserire un attaccante strutturato come Scheidler, insieme a Cangiano che potesse fare da "tergicristalli" tra il bisogno di compattezza a centrocampo e le speranze di transizione offensiva. La mossa non paga, però, semplicemente perché il francese di palle ne tiene poche quanto nessuna, non guadagna falli e aiuta minimamente la squadra a salire. Va assolutamente rivisto, magari quando anche la condizione fisica sarà migliore.

Eppure il Bari non concede quasi nulla alla squadra di Grosso, che con l'inserimento di Frabotta a sinistra e di Boloca tra le linee ravviva la manovra, senza riuscire però ad andare al tiro più di una volta dopo la conclusione di Garritano ben disinnescata da Caprile come un portiere di hockey. La fase difensiva tiene, sorretta dal dinamismo di Mallamo, dal sacrificio di Maita e dall'onnipresenza di Folorunsho. Dietro, la coppia composta da Vicari e dal sempre crescente Zuzek chiude tutti gli spazi, tant'è che Grosso nel finale prova la mossa della disperazione, mandando dentro il centravanti apriscatole Borrelli. Di fatto, però, il Frosinone riesce a farsi vivo solo nel recupero, sfruttando i cross di Frabotta e la defezione di Vicari, che si fa male alla spalla e rimane dentro solo per onor di firma. Proprio bruciando l'ex Spal sullo stacco, Borrelli riesce a gonfiare la rete e a scardinare il fortino biancorosso che - fin lì - aveva tenuto alla perfezione.

Una beffa, dunque, ma ci sono dei lati positivi da prendere, a cominciare dall'enorme spirito di sacrificio messo in campo dai biancorosso. La classifica aveva poco senso prima, e ne ha forse ancora meno adesso; la fluidità delle posizioni in graduatoria - almeno ora - lascia tutto completamente aperto e incerto. Mignani, però, potrà (e dovrà) fare tanta leva sull'ottima prestazione di Frosinone, che a questo Bari può dare ancora più forza mentale e convinzione in campionato. In tanti avrebbero firmato (anche prima dell'espulsione) per un pareggio allo Stirpe, e il Bari è arrivato a meno di 3' da portare a casa un risultato che solo la sfortuna e un arbitraggio discutibile hanno negato.

Poco male, però, perché i biancorossi non hanno l'assillo di vincere a tutti i costi, non inseguono per forza il sogno promozione, e possono anche permettersi il lusso di prendere una sconfitta e trarne preziosi aspetti didascalici. Le occasioni per rifarsi non mancheranno, a cominciare da venerdì prossimo; al San Nicola arriverà la ex capolista Ternana, sconfitta 1-2 dal Genoa (primo proprio con il Frosinone) e a caccia di riscatto. Sarà un'altra prova importante per i galletti, che non avranno ritrovato la vittoria, ma che possono continuare a contare sulla cosa che - nel calcio - fa la differenza: la squadra e il suo spirito.
  • ssc bari
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