Calcio
Bari “barricadiero”, la strategia non paga. Sfuma la A diretta, ora all-in sui playoff
I biancorossi salutano il secondo posto. Mignani stavolta non l’azzecca, c’è materiale su cui lavorare
Bari - domenica 7 maggio 2023
Finisce così, in un torrido pomeriggio maggiolino in Emilia, il sogno della promozione diretta. Ora è ufficiale: il Bari dovrà fare all-in sui playoff per conquistare la serie A e trasformare quello che era - a inizio stagione - un vago desiderio da pronunciare sottovoce in una certezza.
Il palleggio a distanza con il Genoa termina come, in fin dei conti, era anche naturale che terminasse: i rossoblù blindano la promozione diretta, rispettando un pronostico che - a carte coperte - era fin troppo facile, e che solo un Bari enorme è riuscito a tenere in bilico fino a 120' dalla fine della stagione regolare. Non, però, che manchino i rimpianti: il pareggio 1-1 del Braglia contro il Modena rappresenta plasticamente quello che è il Bari, visto in controluce. Nel primo tempo Mignani manda in campo una delle migliori versioni recenti dei galletti, che nella ripresa si sciolgono lentamente ma inesorabilmente, anche a causa di una strategia oltremodo "barricadera", che stavolta - conti alla mano - non paga i suoi dividendi.
Una partita di difficile lettura e analisi, alla luce della bipolarità mostrata dai ragazzi di Mignani nell'arco dei 90' di gioco. Il tecnico sceglie di tornare all'antico in avvio, per giocarsela quasi a specchio con il 4-3-1-2 contro il 4-3-2-1 disegnato da Tesser per il suo Modena. Il rientro di Ricci produce gioco a sinistra, le geometrie di Benali davanti alla difesa funzionano meglio delle ultime volte, Botta sulla trequarti va a intermittenza ma comunque mette apprensione agli avversari. Il Bari della prima frazione gioca e produce: Cheddira stampa il palo (ottimo intervento di Gagno) e Ricci porta in vantaggio i biancorossi con un goal da antologia.
Sembra di rivedere il solito Bari formato trasferta, attento dietro e letale nelle ripartenze. Però la musica cambia, e si fa più cacofonica, nella ripresa, quando Tesser manda dentro Duca, Bonfanti e Mosti, rimodellando il suo Modena prima sul 4-2-3-1, poi sul 4-3-1-2 con l'ingresso di Ionita, e il Bari pian piano si scarica. I biancorossi, stanchi e impauriti, arretrano il baricentro, lasciano spazio alle iniziative degli emiliani, sbagliando spesso e volentieri scelta in fase di ricostruzione della manovra. Stavolta, poi, le scelte di Mignani non portano a nulla di buono: intuendo le difficoltà della sua squadra nel rimettere il gioco, il tecnico ligure passa alle barricate, peccando un po' di coraggio nel tentativo di portare fino in fondo il vantaggio minimo.
Via Botta, Cheddira, Esposito e Benedetti, dentro Mallamo, Folorunsho, Antenucci e Zuzek, con passaggio alla difesa a cinque che schiaccia ancora di più i biancorossi a protezione della loro area di rigore. Non una mossa vincente, perché al 75' Duca si fa toccare da Ricci in area, l'arbitro Mariani fischia il rigore che Diaw trasforma per fissare il risultato.
Certo, sul computo finale della partita pesa anche un po' di sfortuna: a neanche un minuto dal passaggio all'assetto con tre difensori centrali si materializza un episodio quantomeno dubbio (il contatto c'è, per carità, ma non è certamente più vigoroso di quello nel primo tempo di Cittadini su Cheddira in area Modena, sarebbe stato il caso almeno di rivederlo al Var). Magari senza un rigore che poteva anche non esserci, il Bari l'avrebbe portata a casa stringendo i denti; di questo non c'è la controprova. Fermandoci alla solidità dei fatti, rimane la sensazione di un Bari punito da un atteggiamento troppo pauroso e rinunciatario.
D'altra parte, davanti a un calo fisico che ci può comunque stare (stagione estenuante, primi caldi, peso della posta in palio) Mignani avrebbe potuto optare per l'ingresso di Morachioli e Bellomo, col passaggio al 4-4-2, ma più di questo è difficile pensare. Sì, perché il Bari (va ricordato) sta trovandosi a giocare per la promozione con una squadra costruita per la salvezza; tranquilla, magari, ma pur sempre salvezza. Il recupero di Maiello e Folorunsho a pieno servizio apre a scenari certamente diversi, ma la composizione di fondo della rosa rimane comunque quella di una squadra che ha fatto molto più di quello per cui era stata costruita.
Non vanno, ora che la volata finale è stata lanciata, dimenticati gli enormi meriti di una squadra e di un mister che sono andati ben oltre aspettative e - probabilmente - potenzialità, spingendo il loro limite sempre un pochino più in là. Questo fatto (visto che di fatti parliamo) va ricordato, così come va sottolineato - a questo punto arrivati - il dovere di crederci, magari anche di osare un po' di più. Il Bari, con ogni probabilità (manca un punto per la matematica) si giocherà i playoff da terza, con la possibilità di andare su anche con quattro pareggi. Un terreno, teoricamente, favorevole a Mignani, che ha proposto anche un calcio offensivo in determinati momenti della stagione, ma che non ha mai rinunciato al suo mantra dell'equilibrio. Però, considerato il fatto che i galletti al San Nicola (dove, sempre in attesa della matematica certezza, si giocheranno le decisive sfide di ritorno nei playoff) hanno vinto appena sei partite in tutto il campionato, stare a fare i conti della serva potrebbe non essere una grande idea.
Giocarsela al massimo, sempre e comunque, è la soluzione suggerita dal buon senso, soprattutto perché ci sarà da fare i conti con un Cagliari che arriva col vento in poppa, con un Sudtirol coriaceo, e con tanti altri avversari agguerriti (e non meno coriacei e qualitativi). Le ultime due partite, con Reggina e Genoa, sanno di prova generale in vista degli spareggi, la porta di servizio dalla quale comunque si può salire in Paradiso, come lo stesso Mignani ha ricordato e come tutta Bari farebbe bene a tener presente.
Il palleggio a distanza con il Genoa termina come, in fin dei conti, era anche naturale che terminasse: i rossoblù blindano la promozione diretta, rispettando un pronostico che - a carte coperte - era fin troppo facile, e che solo un Bari enorme è riuscito a tenere in bilico fino a 120' dalla fine della stagione regolare. Non, però, che manchino i rimpianti: il pareggio 1-1 del Braglia contro il Modena rappresenta plasticamente quello che è il Bari, visto in controluce. Nel primo tempo Mignani manda in campo una delle migliori versioni recenti dei galletti, che nella ripresa si sciolgono lentamente ma inesorabilmente, anche a causa di una strategia oltremodo "barricadera", che stavolta - conti alla mano - non paga i suoi dividendi.
Una partita di difficile lettura e analisi, alla luce della bipolarità mostrata dai ragazzi di Mignani nell'arco dei 90' di gioco. Il tecnico sceglie di tornare all'antico in avvio, per giocarsela quasi a specchio con il 4-3-1-2 contro il 4-3-2-1 disegnato da Tesser per il suo Modena. Il rientro di Ricci produce gioco a sinistra, le geometrie di Benali davanti alla difesa funzionano meglio delle ultime volte, Botta sulla trequarti va a intermittenza ma comunque mette apprensione agli avversari. Il Bari della prima frazione gioca e produce: Cheddira stampa il palo (ottimo intervento di Gagno) e Ricci porta in vantaggio i biancorossi con un goal da antologia.
Sembra di rivedere il solito Bari formato trasferta, attento dietro e letale nelle ripartenze. Però la musica cambia, e si fa più cacofonica, nella ripresa, quando Tesser manda dentro Duca, Bonfanti e Mosti, rimodellando il suo Modena prima sul 4-2-3-1, poi sul 4-3-1-2 con l'ingresso di Ionita, e il Bari pian piano si scarica. I biancorossi, stanchi e impauriti, arretrano il baricentro, lasciano spazio alle iniziative degli emiliani, sbagliando spesso e volentieri scelta in fase di ricostruzione della manovra. Stavolta, poi, le scelte di Mignani non portano a nulla di buono: intuendo le difficoltà della sua squadra nel rimettere il gioco, il tecnico ligure passa alle barricate, peccando un po' di coraggio nel tentativo di portare fino in fondo il vantaggio minimo.
Via Botta, Cheddira, Esposito e Benedetti, dentro Mallamo, Folorunsho, Antenucci e Zuzek, con passaggio alla difesa a cinque che schiaccia ancora di più i biancorossi a protezione della loro area di rigore. Non una mossa vincente, perché al 75' Duca si fa toccare da Ricci in area, l'arbitro Mariani fischia il rigore che Diaw trasforma per fissare il risultato.
Certo, sul computo finale della partita pesa anche un po' di sfortuna: a neanche un minuto dal passaggio all'assetto con tre difensori centrali si materializza un episodio quantomeno dubbio (il contatto c'è, per carità, ma non è certamente più vigoroso di quello nel primo tempo di Cittadini su Cheddira in area Modena, sarebbe stato il caso almeno di rivederlo al Var). Magari senza un rigore che poteva anche non esserci, il Bari l'avrebbe portata a casa stringendo i denti; di questo non c'è la controprova. Fermandoci alla solidità dei fatti, rimane la sensazione di un Bari punito da un atteggiamento troppo pauroso e rinunciatario.
D'altra parte, davanti a un calo fisico che ci può comunque stare (stagione estenuante, primi caldi, peso della posta in palio) Mignani avrebbe potuto optare per l'ingresso di Morachioli e Bellomo, col passaggio al 4-4-2, ma più di questo è difficile pensare. Sì, perché il Bari (va ricordato) sta trovandosi a giocare per la promozione con una squadra costruita per la salvezza; tranquilla, magari, ma pur sempre salvezza. Il recupero di Maiello e Folorunsho a pieno servizio apre a scenari certamente diversi, ma la composizione di fondo della rosa rimane comunque quella di una squadra che ha fatto molto più di quello per cui era stata costruita.
Non vanno, ora che la volata finale è stata lanciata, dimenticati gli enormi meriti di una squadra e di un mister che sono andati ben oltre aspettative e - probabilmente - potenzialità, spingendo il loro limite sempre un pochino più in là. Questo fatto (visto che di fatti parliamo) va ricordato, così come va sottolineato - a questo punto arrivati - il dovere di crederci, magari anche di osare un po' di più. Il Bari, con ogni probabilità (manca un punto per la matematica) si giocherà i playoff da terza, con la possibilità di andare su anche con quattro pareggi. Un terreno, teoricamente, favorevole a Mignani, che ha proposto anche un calcio offensivo in determinati momenti della stagione, ma che non ha mai rinunciato al suo mantra dell'equilibrio. Però, considerato il fatto che i galletti al San Nicola (dove, sempre in attesa della matematica certezza, si giocheranno le decisive sfide di ritorno nei playoff) hanno vinto appena sei partite in tutto il campionato, stare a fare i conti della serva potrebbe non essere una grande idea.
Giocarsela al massimo, sempre e comunque, è la soluzione suggerita dal buon senso, soprattutto perché ci sarà da fare i conti con un Cagliari che arriva col vento in poppa, con un Sudtirol coriaceo, e con tanti altri avversari agguerriti (e non meno coriacei e qualitativi). Le ultime due partite, con Reggina e Genoa, sanno di prova generale in vista degli spareggi, la porta di servizio dalla quale comunque si può salire in Paradiso, come lo stesso Mignani ha ricordato e come tutta Bari farebbe bene a tener presente.