Calcio
Bari campione di autosabotaggio. A gennaio servirà una rivoluzione
I biancorossi chiudono il girone d’andata con undici pareggi e tanti punti interrogativi
Bari - mercoledì 27 dicembre 2023
1.10
Sarebbe bastato vedere solo l'ultima partita per spiegare l'intero girone d'andata del Bari, tutto all'insegna della mediocrità. Finisce 1-1 a Marassi tra Sampdoria e Bari, la degna conclusione di una serie di diciannove partite contrassegnate da un'infinita quantità di perché. Un dato su tutti: undici pareggi e appena quattro vittorie sono il ruolino di marcia dei biancorossi, un motore che va a singhiozzi per mancanza di benzina.
È vero, sono solo quattro le sconfitte al giro di boa, ma questo non basta per salvare qualcosa del girone d'andata. Di fatto, il Bari vince lo scudetto meno edificante di tutti, quello dell'autosabotaggio. Anche al Ferraris il Bari si fa male da solo, come in un copione stantio fedelmente eseguito da una squadra senza mordente, senza identità e con pochissime idee; fa molta più paura il +3 sulla zona playout che sconforto il -5 dalla zona playoff, l'obiettivo fissato da Luigi De Laurentiis a luglio e che a Natale appare un lontano miraggio.
E fa ancora più riflettere il fatto che il goal dell'ex Esposito arrivi al 92', su una serie di svarioni individuali e di reparto, al termine di una partita comunque ben giocata dai galletti. In pieno recupero Maita pensa bene di uscire palla al piede fra tre avversari, finendo per regalarla ai blucerchiati; l'impercettibile Frabotta fa quasi tenerezza quando manca il pallone e lo regala a Depaoli, ed Esposito appoggia in rete a porta vuota. Il problema è che sembrava un finale già scritto, lì dove la storia del girone d'andata racconta di un Bari pericolosamente incline a farsi rimontare.
Però qualcosa da cui ripartire c'è, e su questa piccola base va operata una vera e propria rivoluzione nel mercato di gennaio. Andando con ordine, impossibile non partire dall'unica certezza su cui Marino può contare, e che porta il nome di Peppe Sibilli. Con sei goal nel girone d'andata, l'ex Pisa è l'autentico trascinatore dei galletti, che senza le sue prodezze chissà dove sarebbero ora in classifica. Anche a Marassi una rete pesantissima, che con un po' più di attenzione nel finale da parte del resto della squadra avrebbe portato altri due punti sulla cui importanza è anche inutile soffermarsi.
E poi, il recupero di Menez. Certo, la follia nel finale gli costa l'espulsione e conferma come il problema più grande della carriera del francese sia stata la cronica mancanza di nervi saldi, però quell'assist visionario in occasione del vantaggio biancorosso al minuto 80' è una gemma di puro calcio, che fa ben sperare sul suo contributo nella seconda parte di campionato. Il recupero a tempi di ultra-record dimostra che l'ex Roma e Milan può e vuole spendersi per la causa biancorossa, ed è un mattone importante su cui ricostruire una casa che - al momento - non c'è.
Bene anche Edjouma, un leone a centrocampo nel primo tempo, prima di eclissarsi gradualmente nella ripresa; non sarà un trascinatore, né l'elemento che può caricarsi la squadra sulle spalle, però la sua potenza fisica e anche la facilità con cui va al tiro (nella prima frazione solo una prodezza di Satankovic gli nega il goal dell'anno) possono essere una chiave in più nel gioco di Marino, che finora praticamente non si è visto, più per mancanza di elementi validi che per veri demeriti del tecnico. Migliora anche Maita; tolto lo svarione nel finale, l'ex Catanzaro sembra essere sulla strada del ritorno ai livelli eccelsi a cui l'avevamo ammirato per gran parte dello scorso anno, e anche qui è inutile ribadire quanto serva la sua versione migliore per dare slancio al centrocampo biancorosso. Nota di merito, ancora una volta, per Benali; l'ingresso di un play di ruolo che sostituisca Maiello a gennaio rimane in cima alla "to do list" di Polito, ma il libico comunque più di qualche garanzia in quel ruolo la sta dando.
Il resto? Quasi per intero da rifare. A cominciare dai terzini: se a destra ci sono Dorval e Pucino (ieri allettato con l'influenza) che almeno numericamente riempiono le caselle, e all'occorrenza si può (come a Marassi) adattare Matino per una scelta più bloccata, a sinistra c'è quasi il vuoto pneumatico. L'assenza dello squalificato Ricci costringe all'impiego di Frabotta, e la differenza si vede. L'ex Juve è praticamente inesistente in fase di spinta, e ha sulla coscienza anche il goal del pari blucerchiato, con una marcatura "allegra" su Depaoli. I cinque mesi della sua avventura barese non sono stati sufficienti per capire cosa effettivamente possa aggiungere Frabotta alla causa biancorossa, e non sarebbe un sacrilegio pensare che a gennaio vada via.
Così come non appare remota l'ipotesi di chiudere in anticipo il rapporto con Acampora e Aramu, presentati in estate come due top player della categoria, ma rivelatisi solamente altri punti interrogativi da aggiungere a una lista già ben nutrita. La plastica rappresentazione di un mercato estivo completamente fallimentare, fatto di scelte sbagliate e - in molti casi - incomprensibili. A cominciare da quella di tenere solo due attaccanti centrali di ruolo: Diaw avrebbe fatto comodo al Bari, questo è certo, ma purtroppo non ha dimostrato di godere di una salute di ferro (e chissà quando recupererà dall'intervento alla schiena), mentre Nasti è decisamente troppo acerbo per reggere da solo tutto il peso dell'attacco. Per non parlare della fine che ha fatto Morachioli: nel 4-3-3 di Marino, un modulo che punta tutto sulla qualità degli esterni, l'unico esterno di ruolo del roster non gioca praticamente mai. Altro mistero irrisolto e, forse, irrisolvibile. Il risultato è una cronica difficoltà a buttare il pallone in porta, come testimoniano tutti i numeri negativi dell'attacco biancorosso: appena 18 reti messe a segno, meno di una a partita in media. C'è abbastanza su cui riflettere per la dirigenza e per i "sette attaccanti" in rosa.
Insomma, servirà almeno un intervento deciso in ogni reparto, a cominciare da quello offensivo dove mancano qualità e alternative. Un aspetto che lo stesso Marino non ha mancato di sottolineare, evidenziando al contempo tutta la problematicità dell'organico del Bari. E poi, è appena il caso di ricordarlo, nella rivoluzione di gennaio va inserito anche un cambio di mentalità generale. Perché se è vero che con gli innesti giusti (che poi, a trovarli nella finestra di riparazione…) gli aspetti tecnici e tattici possono essere sistemati, è altrettanto vero che Marino si sbilancia troppo parlando di «Casualità» per spiegare i tanti punti gettati alle ortiche dal suo Bari. Una squadra così pericolosamente incline a farsi rimontare non può essere semplicemente sfortunata; c'è qualcosa di più, ed è giusto pretendere che il mood generale cambi.
Soprattutto perché, al netto di una feroce contestazione alla proprietà, il sostengo della piazza biancorossa (almeno del suo nucleo storico e solido) alla squadra non è mai mancato; un apporto che ha bisogno di risposte serie che lo controbilancino. Il presidente De Laurentiis ha parlato di un mercato aggressivo, e tale deve essere, fin dai primi giorni. Attendere ancora una volta le ultime ore, per poi accogliere prestiti strappati per i capelli e senza prospettiva, non va più bene. È arrivato il momento dei fatti; se rivoluzione deve essere, che rivoluzione sia. Almeno per provare a dare un senso a questo campionato, e per tentare di ricucire un rapporto che, da quel maledetto 11 giugno, si è (forse irrimediabilmente) logorato.
È vero, sono solo quattro le sconfitte al giro di boa, ma questo non basta per salvare qualcosa del girone d'andata. Di fatto, il Bari vince lo scudetto meno edificante di tutti, quello dell'autosabotaggio. Anche al Ferraris il Bari si fa male da solo, come in un copione stantio fedelmente eseguito da una squadra senza mordente, senza identità e con pochissime idee; fa molta più paura il +3 sulla zona playout che sconforto il -5 dalla zona playoff, l'obiettivo fissato da Luigi De Laurentiis a luglio e che a Natale appare un lontano miraggio.
E fa ancora più riflettere il fatto che il goal dell'ex Esposito arrivi al 92', su una serie di svarioni individuali e di reparto, al termine di una partita comunque ben giocata dai galletti. In pieno recupero Maita pensa bene di uscire palla al piede fra tre avversari, finendo per regalarla ai blucerchiati; l'impercettibile Frabotta fa quasi tenerezza quando manca il pallone e lo regala a Depaoli, ed Esposito appoggia in rete a porta vuota. Il problema è che sembrava un finale già scritto, lì dove la storia del girone d'andata racconta di un Bari pericolosamente incline a farsi rimontare.
Però qualcosa da cui ripartire c'è, e su questa piccola base va operata una vera e propria rivoluzione nel mercato di gennaio. Andando con ordine, impossibile non partire dall'unica certezza su cui Marino può contare, e che porta il nome di Peppe Sibilli. Con sei goal nel girone d'andata, l'ex Pisa è l'autentico trascinatore dei galletti, che senza le sue prodezze chissà dove sarebbero ora in classifica. Anche a Marassi una rete pesantissima, che con un po' più di attenzione nel finale da parte del resto della squadra avrebbe portato altri due punti sulla cui importanza è anche inutile soffermarsi.
E poi, il recupero di Menez. Certo, la follia nel finale gli costa l'espulsione e conferma come il problema più grande della carriera del francese sia stata la cronica mancanza di nervi saldi, però quell'assist visionario in occasione del vantaggio biancorosso al minuto 80' è una gemma di puro calcio, che fa ben sperare sul suo contributo nella seconda parte di campionato. Il recupero a tempi di ultra-record dimostra che l'ex Roma e Milan può e vuole spendersi per la causa biancorossa, ed è un mattone importante su cui ricostruire una casa che - al momento - non c'è.
Bene anche Edjouma, un leone a centrocampo nel primo tempo, prima di eclissarsi gradualmente nella ripresa; non sarà un trascinatore, né l'elemento che può caricarsi la squadra sulle spalle, però la sua potenza fisica e anche la facilità con cui va al tiro (nella prima frazione solo una prodezza di Satankovic gli nega il goal dell'anno) possono essere una chiave in più nel gioco di Marino, che finora praticamente non si è visto, più per mancanza di elementi validi che per veri demeriti del tecnico. Migliora anche Maita; tolto lo svarione nel finale, l'ex Catanzaro sembra essere sulla strada del ritorno ai livelli eccelsi a cui l'avevamo ammirato per gran parte dello scorso anno, e anche qui è inutile ribadire quanto serva la sua versione migliore per dare slancio al centrocampo biancorosso. Nota di merito, ancora una volta, per Benali; l'ingresso di un play di ruolo che sostituisca Maiello a gennaio rimane in cima alla "to do list" di Polito, ma il libico comunque più di qualche garanzia in quel ruolo la sta dando.
Il resto? Quasi per intero da rifare. A cominciare dai terzini: se a destra ci sono Dorval e Pucino (ieri allettato con l'influenza) che almeno numericamente riempiono le caselle, e all'occorrenza si può (come a Marassi) adattare Matino per una scelta più bloccata, a sinistra c'è quasi il vuoto pneumatico. L'assenza dello squalificato Ricci costringe all'impiego di Frabotta, e la differenza si vede. L'ex Juve è praticamente inesistente in fase di spinta, e ha sulla coscienza anche il goal del pari blucerchiato, con una marcatura "allegra" su Depaoli. I cinque mesi della sua avventura barese non sono stati sufficienti per capire cosa effettivamente possa aggiungere Frabotta alla causa biancorossa, e non sarebbe un sacrilegio pensare che a gennaio vada via.
Così come non appare remota l'ipotesi di chiudere in anticipo il rapporto con Acampora e Aramu, presentati in estate come due top player della categoria, ma rivelatisi solamente altri punti interrogativi da aggiungere a una lista già ben nutrita. La plastica rappresentazione di un mercato estivo completamente fallimentare, fatto di scelte sbagliate e - in molti casi - incomprensibili. A cominciare da quella di tenere solo due attaccanti centrali di ruolo: Diaw avrebbe fatto comodo al Bari, questo è certo, ma purtroppo non ha dimostrato di godere di una salute di ferro (e chissà quando recupererà dall'intervento alla schiena), mentre Nasti è decisamente troppo acerbo per reggere da solo tutto il peso dell'attacco. Per non parlare della fine che ha fatto Morachioli: nel 4-3-3 di Marino, un modulo che punta tutto sulla qualità degli esterni, l'unico esterno di ruolo del roster non gioca praticamente mai. Altro mistero irrisolto e, forse, irrisolvibile. Il risultato è una cronica difficoltà a buttare il pallone in porta, come testimoniano tutti i numeri negativi dell'attacco biancorosso: appena 18 reti messe a segno, meno di una a partita in media. C'è abbastanza su cui riflettere per la dirigenza e per i "sette attaccanti" in rosa.
Insomma, servirà almeno un intervento deciso in ogni reparto, a cominciare da quello offensivo dove mancano qualità e alternative. Un aspetto che lo stesso Marino non ha mancato di sottolineare, evidenziando al contempo tutta la problematicità dell'organico del Bari. E poi, è appena il caso di ricordarlo, nella rivoluzione di gennaio va inserito anche un cambio di mentalità generale. Perché se è vero che con gli innesti giusti (che poi, a trovarli nella finestra di riparazione…) gli aspetti tecnici e tattici possono essere sistemati, è altrettanto vero che Marino si sbilancia troppo parlando di «Casualità» per spiegare i tanti punti gettati alle ortiche dal suo Bari. Una squadra così pericolosamente incline a farsi rimontare non può essere semplicemente sfortunata; c'è qualcosa di più, ed è giusto pretendere che il mood generale cambi.
Soprattutto perché, al netto di una feroce contestazione alla proprietà, il sostengo della piazza biancorossa (almeno del suo nucleo storico e solido) alla squadra non è mai mancato; un apporto che ha bisogno di risposte serie che lo controbilancino. Il presidente De Laurentiis ha parlato di un mercato aggressivo, e tale deve essere, fin dai primi giorni. Attendere ancora una volta le ultime ore, per poi accogliere prestiti strappati per i capelli e senza prospettiva, non va più bene. È arrivato il momento dei fatti; se rivoluzione deve essere, che rivoluzione sia. Almeno per provare a dare un senso a questo campionato, e per tentare di ricucire un rapporto che, da quel maledetto 11 giugno, si è (forse irrimediabilmente) logorato.