Calcio
Bari con il “braccino”, e Longo tuona. Un’altra occasione sprecata
I biancorossi, in vantaggio di un goal e di un uomo, inciampano anche a Cesena. Poco coraggio e scarsa qualità
Bari - domenica 26 gennaio 2025
Se avessimo a disposizione una sola parola per descrivere la stagione del Bari, non esiteremmo a scegliere "rammarico". Sta, infatti, diventando imbarazzante la lista delle occasioni gettate alle ortiche dai biancorossi, incapaci di portare a termine fino in fondo il compito, come testimoniato dai 12 pareggi in 23 uscite. E la partita di Cesena non fa eccezione; anzi. La sfida del Manuzzi è paradigmatica, esemplificativa di tutti i "vorrei ma non posso" che hanno fatto fin qui da mantello e corona alle prestazioni della squadra di Longo, bravissima sia a promettere tanto che a non mantenere la parola.
In terra romagnola finisce 1-1 una sfida ancor meno commentabile delle altre, già di per sé velenose, delusioni. I biancorossi passano avanti a metà primo tempo con la zampata di Favilli, rilanciato dal 1' e bravissimo a tradurre in rete lo spunto di un Obaretin frizzante in fase di spinta e tremebondo in copertura. Sembrava tutto facile, con il Bari capace di legittimare la superiorità nel palleggio e nella gestione rispetto al Cesena dell'ex Mignani; quando al 36' Calò pensa bene di farsi espellere per una violenta gomitata al volto di Benali, neanche il più pessimista dei critici può evitare di fregarsi le mani.
Eppure il Bari è sempre il Bari, la squadra del freno a mano tirato. Avanti di un goal e sopra di un uomo, i galletti riescono nell'impresa ciclopica di fare zero tiri in porta in tutto il secondo tempo, lasciando in vita il Cesena fino all'ultimo. Mignani rischia, con gli inserimenti di Bastoni, Kargbo e La Gumina, il Bari manda in campo il nuovo arrivato Bonfanti e poco altro; alla fine proprio Kargbo semina il panico nella difesa ospite e crea le premesse per il rigore conquistato e trasformato da La Gumina.
Fare l'elenco dei rimpianti sarebbe lungo e, probabilmente, inutile. Basta qui, però, servirci delle parole tonanti di mister Moreno Longo nel post gara, quando il tecnico ha reputato fosse arrivato il momento di richiamare tutti alle proprie responsabilità. Parole con cui l'allenatore piemontese ha inteso sottolineare come non sia possibile arrivare con facilità ai 25 metri e non rischiare una giocata, non avere un moto di coraggio e iniziativa per cercare con insistenza il raddoppio.
È un Bari con il "braccino", pauroso in fase offensiva e punito alla prima disattenzione nelle retrovie. Il Bari gestisce il possesso, ma non affonda. Longo fa la voce grossa, e per quanto lui e Favilli non vogliono parlare di un problema di personalità, è comunque evidente che una questione aperta ci sia. Così come evidente è il difetto di qualità negli ultimi metri di campo, segnalato con la solita schiettezza sempre da Longo. Sì, perché se Dorval per una volta non si inventa qualcosa, e Falletti rimane bloccato nella sua intermittenza, allora nessuno va a schiacciare l'interruttore della giocata vincente. Quando Lella esce per infortunio (l'ennesimo, piove sul bagnato), al suo posto si rivede il solito Sibilli di questo campionato, che fa tanta fatica non solo a rendersi pericoloso in fase offensiva, ma addirittura a non perdere palloni sanguinosi che favoriscono le ripartenza avversarie.
La spiegazione sta un po' tutta qui: una rosa corta, con interpreti che alternano momenti di grande lucidità a black out caratteriali. Ecco il combinato disposto che ha reso così nutrita la pergamena delle chance non sfruttate, e che restituiscono i contorni di un campionato lì nel limbo, "tra color che sono sospesi" nella zona grigia che separa il minimo sindacale dei playoff dalla incolore mediocrità.
È evidente, quindi, che più di qualcosa serva con urgenza nell'ultima settimana della campagna trasferimenti invernale, che fin qui ha portato alla corte di Longo il solo Bonfanti (anche lui in prestito secco) per rimpolpare un attacco mutilato dagli infortuni. A sentire Longo, non servono solo "riempitivi", ma calciatori che sappiano dare personalità e qualità a un Bari ancora in attesa di dare un senso compiuto al suo campionato e alle ambizioni di una tifoseria che, è giusto ribadirlo, è la sola a vincere sempre, su ogni campo.
In terra romagnola finisce 1-1 una sfida ancor meno commentabile delle altre, già di per sé velenose, delusioni. I biancorossi passano avanti a metà primo tempo con la zampata di Favilli, rilanciato dal 1' e bravissimo a tradurre in rete lo spunto di un Obaretin frizzante in fase di spinta e tremebondo in copertura. Sembrava tutto facile, con il Bari capace di legittimare la superiorità nel palleggio e nella gestione rispetto al Cesena dell'ex Mignani; quando al 36' Calò pensa bene di farsi espellere per una violenta gomitata al volto di Benali, neanche il più pessimista dei critici può evitare di fregarsi le mani.
Eppure il Bari è sempre il Bari, la squadra del freno a mano tirato. Avanti di un goal e sopra di un uomo, i galletti riescono nell'impresa ciclopica di fare zero tiri in porta in tutto il secondo tempo, lasciando in vita il Cesena fino all'ultimo. Mignani rischia, con gli inserimenti di Bastoni, Kargbo e La Gumina, il Bari manda in campo il nuovo arrivato Bonfanti e poco altro; alla fine proprio Kargbo semina il panico nella difesa ospite e crea le premesse per il rigore conquistato e trasformato da La Gumina.
Fare l'elenco dei rimpianti sarebbe lungo e, probabilmente, inutile. Basta qui, però, servirci delle parole tonanti di mister Moreno Longo nel post gara, quando il tecnico ha reputato fosse arrivato il momento di richiamare tutti alle proprie responsabilità. Parole con cui l'allenatore piemontese ha inteso sottolineare come non sia possibile arrivare con facilità ai 25 metri e non rischiare una giocata, non avere un moto di coraggio e iniziativa per cercare con insistenza il raddoppio.
È un Bari con il "braccino", pauroso in fase offensiva e punito alla prima disattenzione nelle retrovie. Il Bari gestisce il possesso, ma non affonda. Longo fa la voce grossa, e per quanto lui e Favilli non vogliono parlare di un problema di personalità, è comunque evidente che una questione aperta ci sia. Così come evidente è il difetto di qualità negli ultimi metri di campo, segnalato con la solita schiettezza sempre da Longo. Sì, perché se Dorval per una volta non si inventa qualcosa, e Falletti rimane bloccato nella sua intermittenza, allora nessuno va a schiacciare l'interruttore della giocata vincente. Quando Lella esce per infortunio (l'ennesimo, piove sul bagnato), al suo posto si rivede il solito Sibilli di questo campionato, che fa tanta fatica non solo a rendersi pericoloso in fase offensiva, ma addirittura a non perdere palloni sanguinosi che favoriscono le ripartenza avversarie.
La spiegazione sta un po' tutta qui: una rosa corta, con interpreti che alternano momenti di grande lucidità a black out caratteriali. Ecco il combinato disposto che ha reso così nutrita la pergamena delle chance non sfruttate, e che restituiscono i contorni di un campionato lì nel limbo, "tra color che sono sospesi" nella zona grigia che separa il minimo sindacale dei playoff dalla incolore mediocrità.
È evidente, quindi, che più di qualcosa serva con urgenza nell'ultima settimana della campagna trasferimenti invernale, che fin qui ha portato alla corte di Longo il solo Bonfanti (anche lui in prestito secco) per rimpolpare un attacco mutilato dagli infortuni. A sentire Longo, non servono solo "riempitivi", ma calciatori che sappiano dare personalità e qualità a un Bari ancora in attesa di dare un senso compiuto al suo campionato e alle ambizioni di una tifoseria che, è giusto ribadirlo, è la sola a vincere sempre, su ogni campo.