Calcio
Bari piange la scomparsa di Gigi Frisini, opinionista del mondo del calcio
Aveva 77 anni, fu artefice del marchio Liberty Bari ed ex direttore sportivo del San Paolo Bari
Bari - martedì 2 giugno 2020
12.04
Il mondo del calcio in lutto per la scomparsa di Gigi Frisini a 77 anni. Ex calciatore del settore giovanile del Bari, si era contraddistinto negli anni per aver ricoperto il ruolo di direttore sportivo della squadra San Paolo Bari, e per essere stato proprietario e artefice del marchio Liberty Bari.
Nella sua carriera si è fatto conoscere come opinionista calcistico e memoria storica del Bari calcio, e per la collaborazione alla realizzazione della mostra Museo dello Sport barese.
Il messaggio di cordoglio del club biancorosso: «Il presidente Luigi De Laurentiis e tutta la SSC Bari si uniscono al dolore della famiglia Frisini privata dell'affetto di Gigi, indimenticabile figura della storia biancorossa. Ai suoi cari vanno le condoglianze e l'abbraccio di tutta la famiglia biancorossa».
«Era un amico di poche parole, vero, leale, che faceva scherzi anche crudeli, come nei riti iniziatici degli spogliatoi di tutti gli sport - scrive Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia. Quelli con le docce fredde, la puzza del sudore e della canfora, con le tavole ai piedi delle panche per sbattere gli scarpini infangati della granella. Quella sostanza abrasiva che quando strisciavi per terra s'infilava sotto pelle per anni. L'andatura altalenante per le gambe martoriate da mille partite e da tante entrate assassine. La durezza apparente del volto, da difensore arcigno e insuperabile, disposto a tutto per non farti andare in porta. Quel naso storto e schiacciato, piano piano, nel tempo, divenne dolce e malinconico, consapevole del tempo che inesorabilmente passava. Ho perso un amico che ho ammirato sin da ragazzino, quando lo vedevo uscire, dal nostro comune condominio di viale Unità d'Italia 25, con donne stupende trasportate su auto sportive che sbalordivano noi adolescenti. Aveva l'atteggiamento troppo sicuro di sè, del calciatore orgoglioso di essere un giocatore di calcio. Apparteneva ad un'elite di persone perbene, che in amicizia e sportività, amavano il calcio sopra ogni altra cosa, senza mai cadere nel fanatismo. Rimanevano obiettivi amanti del gioco, tifosi solo del Bari. Mio Padre - al quale Gigi era legato e col quale aveva giocato qualche partita amatoriale dopo che entrambi avevano lasciato il calcio - aveva la sua stessa espressione feroce e dolcissima. Una faccia, la loro, che non aveva paura di niente e che doveva far paura per almeno 90 minuti alla settimana. E quando si incontravano davanti all'ascensore, Gigi cambiava espressione, guardandolo col rispetto che veniva dall'aver appreso da altri calciatori la sua storia sportiva. Entrambi amavano il calcio e "sapevano trattare la palla". Ho dovuto seppellire mio Padre col pallone nella bara per questa ragione. E Gigi non mancava mai di ricordarlo, per rispetto verso di lui e per amore verso di me. Mi aveva detto che tutto stava andando bene, passando a piedi sotto casa mia, forse per non darmi pensiero. Mi sembra impossibile che anche lui abbia perso proprio la partita più importante».
Foto da Facebook
Nella sua carriera si è fatto conoscere come opinionista calcistico e memoria storica del Bari calcio, e per la collaborazione alla realizzazione della mostra Museo dello Sport barese.
Il messaggio di cordoglio del club biancorosso: «Il presidente Luigi De Laurentiis e tutta la SSC Bari si uniscono al dolore della famiglia Frisini privata dell'affetto di Gigi, indimenticabile figura della storia biancorossa. Ai suoi cari vanno le condoglianze e l'abbraccio di tutta la famiglia biancorossa».
«Era un amico di poche parole, vero, leale, che faceva scherzi anche crudeli, come nei riti iniziatici degli spogliatoi di tutti gli sport - scrive Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia. Quelli con le docce fredde, la puzza del sudore e della canfora, con le tavole ai piedi delle panche per sbattere gli scarpini infangati della granella. Quella sostanza abrasiva che quando strisciavi per terra s'infilava sotto pelle per anni. L'andatura altalenante per le gambe martoriate da mille partite e da tante entrate assassine. La durezza apparente del volto, da difensore arcigno e insuperabile, disposto a tutto per non farti andare in porta. Quel naso storto e schiacciato, piano piano, nel tempo, divenne dolce e malinconico, consapevole del tempo che inesorabilmente passava. Ho perso un amico che ho ammirato sin da ragazzino, quando lo vedevo uscire, dal nostro comune condominio di viale Unità d'Italia 25, con donne stupende trasportate su auto sportive che sbalordivano noi adolescenti. Aveva l'atteggiamento troppo sicuro di sè, del calciatore orgoglioso di essere un giocatore di calcio. Apparteneva ad un'elite di persone perbene, che in amicizia e sportività, amavano il calcio sopra ogni altra cosa, senza mai cadere nel fanatismo. Rimanevano obiettivi amanti del gioco, tifosi solo del Bari. Mio Padre - al quale Gigi era legato e col quale aveva giocato qualche partita amatoriale dopo che entrambi avevano lasciato il calcio - aveva la sua stessa espressione feroce e dolcissima. Una faccia, la loro, che non aveva paura di niente e che doveva far paura per almeno 90 minuti alla settimana. E quando si incontravano davanti all'ascensore, Gigi cambiava espressione, guardandolo col rispetto che veniva dall'aver appreso da altri calciatori la sua storia sportiva. Entrambi amavano il calcio e "sapevano trattare la palla". Ho dovuto seppellire mio Padre col pallone nella bara per questa ragione. E Gigi non mancava mai di ricordarlo, per rispetto verso di lui e per amore verso di me. Mi aveva detto che tutto stava andando bene, passando a piedi sotto casa mia, forse per non darmi pensiero. Mi sembra impossibile che anche lui abbia perso proprio la partita più importante».
Foto da Facebook