Calcio
Bari punito oltre i suoi limiti, ma ora serve la svolta
Prima sconfitta per i galletti. Di Cesare chiede compattezza, però occorre cambio di passo
Bari - giovedì 28 settembre 2023
0.16
E anche la cortina fumogena dell'imbattibilità cade. Il Bari trova la prima sconfitta in campionato, sul terreno della capolista Parma, e si pone nella condizione di dover tirare una riga e ripensare dalle fondamenta il senso del suo esserci in questo campionato.
Il 2-1 del Tardini punisce i galletti oltre i loro limiti, al termine della partita meglio giocata dagli uomini di Mignani in campionato. Ma questo comunque non basta ai biancorossi per continuare almeno in quella striscia di pareggi che ha funzionato quantomeno da placebo, una piccolo qualcosa su cui far leva, in attesa di tempi migliori.
Stavolta non basta, perché di fronte c'è una corazzata, una società che sembrerebbe aver fatto tesoro degli errori commessi negli anni passati per tentare a petto in fuori l'assalto alla promozione diretta. E il Bari? Sicuramente è un cantiere aperto, ma ormai il tempo stringe. Sì, perché se la generale regola di buon senso è darsi dieci partite di tempo prima di emettere un parziale giudizio, va considerato anche che le prime sette di queste dieci giornate non hanno dato segnali positivi. Ce ne sono ancora tre per cambiare rotta, e poi altre ventotto per ridisegnare l'orizzonte biancorosso in quella che tutti i tifosi sperano ancora essere la stagione del riscatto, dopo quel tremendo 11 giugno.
Un tempo lunghissimo, quindi, ma non infinito. E bisogna agire subito, per dare un'aggiustatina alla classifica che vede il Bari scivolare nella colonna di destra, e per riaccendere un entusiasmo che - onestamente - non è ai suoi massimi storici.
E deve farlo innanzitutto Mignani, correggendo quelli che sono alcuni vizi di forma che il Bari si porta dietro già da un po'. Contro il Parma i biancorossi sono mancati clamorosamente nelle due fasi decisive del match: l'inizio e la fine. L'avvio è ancora una volta troppo ossequioso e timido, al cospetto di una squadra che prima del 15' trova il vantaggio con la giocata di Partipilo, ma che già nei primissimi secondi di gioco si era fatta pericolosa contro le statue di sale della difesa ospite. La retroguardia di Mignani, poi, crolla verticalmente nel finale, quando Di Cesare si ferma per i crampi e il suo sostituto - l'enigmatico Zuzek - si perde allegramente Benedyczak in occasione del goal vittoria.
Difetti che si possono e si devono correggere, al di là delle mancanze strutturali che il roster presenta, e su cui è anche inutile tornare. Meglio, in questa sede, concentrarsi su quelli che sono gli spunti incoraggianti della trasferta emiliana, e ce n'è più d'uno. A cominciare da Marco Nasti, classico uomo di "sacrificio", che fa il lavoro sporco per tenere su la squadra e cucire il gioco tra i reparti, e che viene premiato per il suo impegno con il goal del pari, su gentilissimo regalo del portiere Chichizola. Ma il bravo attaccante deve farsi trovare pronto, e lui lo fa.
Poi Aramu, il vero elemento da cui passerà la crescita del Bari nelle prossime settimane. L'ex Genoa parte pianissimo, come tutto il resto della squadra, ma alla distanza cresce e fa intravvedere qualche pezzo buono del suo vasto repertorio; sua è l'unica conclusione in porta del primo tempo, e sue sono le giocate più interessanti della ripresa.
Già, la ripresa… Mignani ha sottolineato come la qualità del gioco espresso dai sui sia andata in crescendo nella seconda parte, e ha ragione. Però si fa fatica a non sottolineare come il Bari viva troppo di folate, e vada troppo a intermittenza. La squadra fa fatica a produrre gioco a centrocampo, complice anche il momentaccio della sua stella polare (Maita) e il necessario tempo di ambientamento che va riconosciuto ad Acampora. Maiello, però, non può fare tutto da solo, e se Koutsoupias per una volta si rende protagonista di una partita solo "normale", allora le idee scarseggiano preoccupantemente.
Polito si è spinto, nell'ultima apparizione pubblica, a dire che questa squadra è più forte dell'anno scorso; magari (e tutti lo sperano in città) i fatti alla distanza gli daranno ragione, ma per il momento la realtà sembra dire tutt'altro. Sì, perché molta di quella «Negatività» che Di Cesare ha detto di percepire (e il capitano si è guadagnato una auctoritas tanto grande da non poter essere contestato quando sbatte i pugni sul tavolo) deriva proprio dal fatto che il paragone tra questo Bari e quello appena precedente non torna.
Della squadra sbarazzina, verticale, esuberante ed esplosiva che è arrivata a due centimetri dal sogno promozione quest'anno si vede poco e niente. Alla perfetta organizzazione della passata stagione è subentrata una manovra lenta e prevedibile, che vive quasi esclusivamente del guizzo estemporaneo del singolo (Morachioli, o molto più spesso Sibilli). E, per carità, difficile pretendere che le cose vadano esattamente nello stesso modo; il Bari è stato privato di elementi come Cheddira e Folorunsho, e i loro sostituti (Diaw ed Edjouma) stanno facendo fatica - per motivi diversissimi - a prenderne il posto.
Ma qualcosa si può fare e occorrerà fare fare; questo deve essere il momento della svolta, altrimenti il rischio è di finire in una spirale di mediocrità, che potrebbe anche essere pericolosa in un campionato sempre molto equilibrato come la B, in cui basta poco per trovarsi dal paradiso all'inferno. Urge un cambio di passo, ed è necessario darlo in fretta. Se il capitale tecnico messo a disposizione del mister ha bisogno del suo - giusto - tempo per trasformarsi in squadra, quello che va creato subito è il gruppo, lo spirito pugnace che l'anno scorso ha portato il Bari a superare i suoi limiti, arrivando a due passi dalla gloria.
Mignani ha parlato di «Intervenire sulla testa dei ragazzi», facendo intuire che anche all'interno dello spogliatoio si respiri un certo senso di scoraggiamento; parole che fanno il paio con il «Bisogno di ritrovare entusiasmo» pronunciato all'unisono da Maita e Mignani dopo la trasferta di Terni. E il campo fin qui ha confermato: le difficoltà tecniche che ci sono e che sono importanti, ma regalare costantemente un pezzo di partita agli avversari, concedere occasioni per distrazione, soffrire di poco coraggio sono fatti su cui la parte tecnica deve intervenire, anche con forza se necessario. Il Parma toglie Colak, Partipilo ed Hernani per mandare dentro Benedyczak, Man e Bernabé, un lusso che il Bari non si può permettere; questo è vero, però chiedere un approccio più vivo e battagliero è assolutamente lecito da parte della tifoseria, che ripete a loop il «Meritiamo di più» come monito generale alla squadra, sì, ma soprattutto alla proprietà.
Fortunatamente, la prova d'appello arriva subito. Domenica al San Nicola sarà di scena il lanciatissimo Como, inquilino dei piani altissimi della classifica. Un'occasione perfetta per rilanciarsi e trovare quella spinta che possa togliere il tappo al campionato del Bari, ridando un senso diverso a una stagione fin qui ricca di domande e poverissima di risposte.
Il 2-1 del Tardini punisce i galletti oltre i loro limiti, al termine della partita meglio giocata dagli uomini di Mignani in campionato. Ma questo comunque non basta ai biancorossi per continuare almeno in quella striscia di pareggi che ha funzionato quantomeno da placebo, una piccolo qualcosa su cui far leva, in attesa di tempi migliori.
Stavolta non basta, perché di fronte c'è una corazzata, una società che sembrerebbe aver fatto tesoro degli errori commessi negli anni passati per tentare a petto in fuori l'assalto alla promozione diretta. E il Bari? Sicuramente è un cantiere aperto, ma ormai il tempo stringe. Sì, perché se la generale regola di buon senso è darsi dieci partite di tempo prima di emettere un parziale giudizio, va considerato anche che le prime sette di queste dieci giornate non hanno dato segnali positivi. Ce ne sono ancora tre per cambiare rotta, e poi altre ventotto per ridisegnare l'orizzonte biancorosso in quella che tutti i tifosi sperano ancora essere la stagione del riscatto, dopo quel tremendo 11 giugno.
Un tempo lunghissimo, quindi, ma non infinito. E bisogna agire subito, per dare un'aggiustatina alla classifica che vede il Bari scivolare nella colonna di destra, e per riaccendere un entusiasmo che - onestamente - non è ai suoi massimi storici.
E deve farlo innanzitutto Mignani, correggendo quelli che sono alcuni vizi di forma che il Bari si porta dietro già da un po'. Contro il Parma i biancorossi sono mancati clamorosamente nelle due fasi decisive del match: l'inizio e la fine. L'avvio è ancora una volta troppo ossequioso e timido, al cospetto di una squadra che prima del 15' trova il vantaggio con la giocata di Partipilo, ma che già nei primissimi secondi di gioco si era fatta pericolosa contro le statue di sale della difesa ospite. La retroguardia di Mignani, poi, crolla verticalmente nel finale, quando Di Cesare si ferma per i crampi e il suo sostituto - l'enigmatico Zuzek - si perde allegramente Benedyczak in occasione del goal vittoria.
Difetti che si possono e si devono correggere, al di là delle mancanze strutturali che il roster presenta, e su cui è anche inutile tornare. Meglio, in questa sede, concentrarsi su quelli che sono gli spunti incoraggianti della trasferta emiliana, e ce n'è più d'uno. A cominciare da Marco Nasti, classico uomo di "sacrificio", che fa il lavoro sporco per tenere su la squadra e cucire il gioco tra i reparti, e che viene premiato per il suo impegno con il goal del pari, su gentilissimo regalo del portiere Chichizola. Ma il bravo attaccante deve farsi trovare pronto, e lui lo fa.
Poi Aramu, il vero elemento da cui passerà la crescita del Bari nelle prossime settimane. L'ex Genoa parte pianissimo, come tutto il resto della squadra, ma alla distanza cresce e fa intravvedere qualche pezzo buono del suo vasto repertorio; sua è l'unica conclusione in porta del primo tempo, e sue sono le giocate più interessanti della ripresa.
Già, la ripresa… Mignani ha sottolineato come la qualità del gioco espresso dai sui sia andata in crescendo nella seconda parte, e ha ragione. Però si fa fatica a non sottolineare come il Bari viva troppo di folate, e vada troppo a intermittenza. La squadra fa fatica a produrre gioco a centrocampo, complice anche il momentaccio della sua stella polare (Maita) e il necessario tempo di ambientamento che va riconosciuto ad Acampora. Maiello, però, non può fare tutto da solo, e se Koutsoupias per una volta si rende protagonista di una partita solo "normale", allora le idee scarseggiano preoccupantemente.
Polito si è spinto, nell'ultima apparizione pubblica, a dire che questa squadra è più forte dell'anno scorso; magari (e tutti lo sperano in città) i fatti alla distanza gli daranno ragione, ma per il momento la realtà sembra dire tutt'altro. Sì, perché molta di quella «Negatività» che Di Cesare ha detto di percepire (e il capitano si è guadagnato una auctoritas tanto grande da non poter essere contestato quando sbatte i pugni sul tavolo) deriva proprio dal fatto che il paragone tra questo Bari e quello appena precedente non torna.
Della squadra sbarazzina, verticale, esuberante ed esplosiva che è arrivata a due centimetri dal sogno promozione quest'anno si vede poco e niente. Alla perfetta organizzazione della passata stagione è subentrata una manovra lenta e prevedibile, che vive quasi esclusivamente del guizzo estemporaneo del singolo (Morachioli, o molto più spesso Sibilli). E, per carità, difficile pretendere che le cose vadano esattamente nello stesso modo; il Bari è stato privato di elementi come Cheddira e Folorunsho, e i loro sostituti (Diaw ed Edjouma) stanno facendo fatica - per motivi diversissimi - a prenderne il posto.
Ma qualcosa si può fare e occorrerà fare fare; questo deve essere il momento della svolta, altrimenti il rischio è di finire in una spirale di mediocrità, che potrebbe anche essere pericolosa in un campionato sempre molto equilibrato come la B, in cui basta poco per trovarsi dal paradiso all'inferno. Urge un cambio di passo, ed è necessario darlo in fretta. Se il capitale tecnico messo a disposizione del mister ha bisogno del suo - giusto - tempo per trasformarsi in squadra, quello che va creato subito è il gruppo, lo spirito pugnace che l'anno scorso ha portato il Bari a superare i suoi limiti, arrivando a due passi dalla gloria.
Mignani ha parlato di «Intervenire sulla testa dei ragazzi», facendo intuire che anche all'interno dello spogliatoio si respiri un certo senso di scoraggiamento; parole che fanno il paio con il «Bisogno di ritrovare entusiasmo» pronunciato all'unisono da Maita e Mignani dopo la trasferta di Terni. E il campo fin qui ha confermato: le difficoltà tecniche che ci sono e che sono importanti, ma regalare costantemente un pezzo di partita agli avversari, concedere occasioni per distrazione, soffrire di poco coraggio sono fatti su cui la parte tecnica deve intervenire, anche con forza se necessario. Il Parma toglie Colak, Partipilo ed Hernani per mandare dentro Benedyczak, Man e Bernabé, un lusso che il Bari non si può permettere; questo è vero, però chiedere un approccio più vivo e battagliero è assolutamente lecito da parte della tifoseria, che ripete a loop il «Meritiamo di più» come monito generale alla squadra, sì, ma soprattutto alla proprietà.
Fortunatamente, la prova d'appello arriva subito. Domenica al San Nicola sarà di scena il lanciatissimo Como, inquilino dei piani altissimi della classifica. Un'occasione perfetta per rilanciarsi e trovare quella spinta che possa togliere il tappo al campionato del Bari, ridando un senso diverso a una stagione fin qui ricca di domande e poverissima di risposte.