Calcio
Bari sporco e cinico. Iachini, la concretezza al comando
I galletti non brillano, ma con il nuovo mister centrano la seconda vittoria di fila
Bari - domenica 18 febbraio 2024
Meglio una brutta vittoria di una bella sconfitta, e questo è certo. E lo è ancora di più se si considera la turbolenta situazione in cui versava il Bari fino a due settimane fa, quando il baratro dei playout era a un passo, e mister Beppe Iachini veniva chiamato per rendersi protagonista di un miracolo. E se di miracolo ancora non si può parlare, i sei punti in due partite sono senza dubbio un bel passo in avanti. Il Bari, dopo aver regolato il Lecco ultimo in classifica, sistema anche la FeralpiSalò penultima. Basta il rigore di Sibilli per decretare il punteggio finale di 1-0 al San Nicola, e rilanciare i galletti in zona playoff, da dove si intravvedono scenari e orizzonti più tranquillizzanti rispetto a poco fa.
Chiaro, è ancora un Bari convalescente. La vittoria contro i leoni del Garda non è sicuramente da annoverare tra quelle più brillanti, quanto piuttosto tra quelle raggiunte con grande realismo e spirito di cinismo. Un'attesa lunga 76' minuti, quella del goal, che arriva dagli undici metri grazie al piede e al sangue ghiacciato di Sibilli, un po' lo specchio di questo primo Bari targato Iachini.
Nel suo torrenziale post partita, il mister ha sottolineato - tra le tante altre cose - la prestazione proprio di Sibilli, che (anche frenato dalla caviglia in disordine) non disputa la sua migliore partita, ma va premiato innanzitutto per essersi messo a disposizione, in un momento non facile, e poi per essersi preso una grossa responsabilità dal dischetto. È, come dicevamo, il termometro dell'intervento che sta portando Iachini, tanto sugli aspetti tattici quanto su quelli psicologici della squadra.
Ci si perdonerà l'azzardo senza la controprova, ma non ci sembra troppo ardito azzardare che con la precedente guida tecnica il Bari non sarebbe stato in grado di portare a casa la posta piena. Iachini ha parlato di una casa che sta venendo ricostruita dalle fondamenta, ed è proprio per questo che appare quantomai sensato badare alla sostanza, al concreto, piuttosto che farsi affascinare da alchimie "giochiste" improbabili, e di difficile applicazione con un capitale umano che - anche ora - non smette di mostrare punti di forza uniti a fragilità.
Bene, da questo punto di vista, ha fatto Iachini a sottolineare sia gli "up" che i "down": da approvare c'è la fase difensiva, con un Benali come al solito onnipresente, un Di Cesare monumentale e un Brenno prontissimo nel finale a sfoderare una parata bella e complicata per chiudere la porta in faccia a Manzari e salvare il risultato. La medesima concretezza di cui sopra porta Iachini innanzitutto a sistemare i momenti di non possesso, che di fatto garantiscono al Bari una buona protezione e una discreta tranquillità, al cospetto di un avversario che - va ricordato - sembra scendere in campo con l'obiettivo primario di non prenderlo.
Da rivedere c'è, ed è un aspetto su cui egualmente insiste Iachini, la proposta di gioco con il pallone tra i piedi. Maita ed Edjouma fanno parecchio filtro, recuperano palloni, ma pagano in termini di lucidità quando si tratta di rilanciare l'azione. Puscas lì davanti qualcosa fa con il suo fisico, ma spesso si trova solo a cantare e portare la croce. Il mister, e fa bene a farlo, insiste sull'encomiabile disponibilità e professionalità di Menez, il suo recupero lampo dopo l'infortunio al crociato, ma si vede che il francese è ancora in debito di condizione. Intelligente, però, appare la scelta di tenere l'esplosività di Kallon per la mezzora finale, quando la velocità dell'ex Verona si fa più pericolosa contro un avversario stanco. Da promuovere anche l'ingresso di Lulic, dal cui piede trae origine il galeotto tocco di mano in area di Di Molfetta, che porta al rigore decisivo.
Insomma, per il momento c'è da prendersi il risultato, la classifica più serena, e lo spirito combattivo mostrato da una squadra che - appena quindici giorni fa - sembrava spenta e assente a se stessa. Per vedere, però, il Bari figlio di Iachini ci sarà ancora da aspettare, anche se l'attesa (quando siamo a metà febbraio) non può essere lunga.
C'è chi, tra i tifosi in uscita dal San Nicola, giura di poter mettere la firma sulla garanzia di vincere tutte le partite così, con uno "sporco" Bari di rigore. Ma, anche in questo caso, ci vorrà un Bari più omogeneo, continuo, capace per più tempo di far vedere quanto di buono messo in mostra nel primo quarto d'ora, prima di appiattirsi sulla tattica difensivista di Zaffaroni e della sua FeralpiSalò.
Ai biancorossi, comunque, il merito di aver iniziato a riaccendere una minima fiammella di entusiasmo tra i tifosi, sempre più incattiviti nella contestazione alla famiglia De Laurentiis, anche ieri invitata senza mezzi termini a cedere il club del galletto. Solo i risultati sul campo e le prospettive di una classifica migliore possono far segnare, se non una pace, quantomeno una tregua in vista dell'ottenimento di un obiettivo comune: la serie A per i supporters biancorossi, la migliore vendibilità possibile per la FilmAuro proprietaria del titolo sportivo. E, in questo, Iachini con la sua grinta sembra davvero l'uomo giusto.
Chiaro, è ancora un Bari convalescente. La vittoria contro i leoni del Garda non è sicuramente da annoverare tra quelle più brillanti, quanto piuttosto tra quelle raggiunte con grande realismo e spirito di cinismo. Un'attesa lunga 76' minuti, quella del goal, che arriva dagli undici metri grazie al piede e al sangue ghiacciato di Sibilli, un po' lo specchio di questo primo Bari targato Iachini.
Nel suo torrenziale post partita, il mister ha sottolineato - tra le tante altre cose - la prestazione proprio di Sibilli, che (anche frenato dalla caviglia in disordine) non disputa la sua migliore partita, ma va premiato innanzitutto per essersi messo a disposizione, in un momento non facile, e poi per essersi preso una grossa responsabilità dal dischetto. È, come dicevamo, il termometro dell'intervento che sta portando Iachini, tanto sugli aspetti tattici quanto su quelli psicologici della squadra.
Ci si perdonerà l'azzardo senza la controprova, ma non ci sembra troppo ardito azzardare che con la precedente guida tecnica il Bari non sarebbe stato in grado di portare a casa la posta piena. Iachini ha parlato di una casa che sta venendo ricostruita dalle fondamenta, ed è proprio per questo che appare quantomai sensato badare alla sostanza, al concreto, piuttosto che farsi affascinare da alchimie "giochiste" improbabili, e di difficile applicazione con un capitale umano che - anche ora - non smette di mostrare punti di forza uniti a fragilità.
Bene, da questo punto di vista, ha fatto Iachini a sottolineare sia gli "up" che i "down": da approvare c'è la fase difensiva, con un Benali come al solito onnipresente, un Di Cesare monumentale e un Brenno prontissimo nel finale a sfoderare una parata bella e complicata per chiudere la porta in faccia a Manzari e salvare il risultato. La medesima concretezza di cui sopra porta Iachini innanzitutto a sistemare i momenti di non possesso, che di fatto garantiscono al Bari una buona protezione e una discreta tranquillità, al cospetto di un avversario che - va ricordato - sembra scendere in campo con l'obiettivo primario di non prenderlo.
Da rivedere c'è, ed è un aspetto su cui egualmente insiste Iachini, la proposta di gioco con il pallone tra i piedi. Maita ed Edjouma fanno parecchio filtro, recuperano palloni, ma pagano in termini di lucidità quando si tratta di rilanciare l'azione. Puscas lì davanti qualcosa fa con il suo fisico, ma spesso si trova solo a cantare e portare la croce. Il mister, e fa bene a farlo, insiste sull'encomiabile disponibilità e professionalità di Menez, il suo recupero lampo dopo l'infortunio al crociato, ma si vede che il francese è ancora in debito di condizione. Intelligente, però, appare la scelta di tenere l'esplosività di Kallon per la mezzora finale, quando la velocità dell'ex Verona si fa più pericolosa contro un avversario stanco. Da promuovere anche l'ingresso di Lulic, dal cui piede trae origine il galeotto tocco di mano in area di Di Molfetta, che porta al rigore decisivo.
Insomma, per il momento c'è da prendersi il risultato, la classifica più serena, e lo spirito combattivo mostrato da una squadra che - appena quindici giorni fa - sembrava spenta e assente a se stessa. Per vedere, però, il Bari figlio di Iachini ci sarà ancora da aspettare, anche se l'attesa (quando siamo a metà febbraio) non può essere lunga.
C'è chi, tra i tifosi in uscita dal San Nicola, giura di poter mettere la firma sulla garanzia di vincere tutte le partite così, con uno "sporco" Bari di rigore. Ma, anche in questo caso, ci vorrà un Bari più omogeneo, continuo, capace per più tempo di far vedere quanto di buono messo in mostra nel primo quarto d'ora, prima di appiattirsi sulla tattica difensivista di Zaffaroni e della sua FeralpiSalò.
Ai biancorossi, comunque, il merito di aver iniziato a riaccendere una minima fiammella di entusiasmo tra i tifosi, sempre più incattiviti nella contestazione alla famiglia De Laurentiis, anche ieri invitata senza mezzi termini a cedere il club del galletto. Solo i risultati sul campo e le prospettive di una classifica migliore possono far segnare, se non una pace, quantomeno una tregua in vista dell'ottenimento di un obiettivo comune: la serie A per i supporters biancorossi, la migliore vendibilità possibile per la FilmAuro proprietaria del titolo sportivo. E, in questo, Iachini con la sua grinta sembra davvero l'uomo giusto.