Calcio
Dalla gestione al blackout. Il Bari stacca la spina, altri due punti vanno via
Biancorossi bipolari contro la Feralpisalò: una partita in discesa rischia di trasformarsi in figuraccia
Bari - domenica 12 novembre 2023
Sembrava, finalmente, arrivato il momento di un pomeriggio tranquillo, l'occasione buona per il Bari di rispettare i pronostici. Ma i biancorossi, quest'anno, sembrano avere come unici fili conduttori delle loro prestazioni l'imprevedibilità e la sofferenza. E così anche una partita in discesa, come quella contro la Feralpisalò al Garilli di Piacenza, si trasforma in uno psicodramma.
Dal controllo più totale delle operazioni al rischio di una figuraccia clamorosa, che al 73' si concretizza anche, almeno fino a quando Achik salva almeno la faccia, a soli 15" dal suo ingresso. Probabilmente, contro l'ultima in classifica, i 1.352 tifosi biancorossi al Garilli, più tutti quelli collegati attraverso radio e televisione, si aspettavano qualcosa di meglio. Non una vittoria facile, per carità, ma certamente un successo sulla carta non impossibile da cogliere, e che avrebbe dato conferme sulla crescita registrata dai biancorossi con l'arrivo di Marino. Un miglioramento piccolo, certo, ma che comunque c'era stato, e che con un secondo tempo di ordinaria follia i biancorossi cancellano per mezzo di un involontario colpo di spugna.
Già, perché l'approccio dei biancorossi alla partita è finalmente all'altezza della situazione e dell'ambizione della squadra. Al 6' cross di Koutspupias da destra, tuffo di Nasti in area e capocciona dritta in rete. Tutto talmente semplice, che sembra quasi difficile da credere, per un Bari apparso in grande difficoltà nel trovare la via della rete durante le prime uscite stagionali, sia con Mignani che con Marino. Al 10', poi, l'occasione già per chiudere i conti: Diaw ruba palla a Ceppitelli, si procura il rigore facendosi abbattere in area da Pizzignacco ma fallisce dal dischetto, ipnotizzato dal portiere lombardo. Anche questa, a ben pensarci, è la fotografia nitida e plastica di un giocatore diventato simbolo di una squadra bipolare: fare e disfare, un'eterna tela di Penelope.
Ed è per questo che non è neanche facile commentare, finanche comprendere, il senso di questa squadra. Sì, perché per una volta sembrava che anche il contributo di Sibilli fosse finalmente inserito in un discorso collettivo, di un organismo che funziona; l'attaccante ex Pisa tira fuori, al 49', la quarta perla del suo campionato, per mettere la parola fine sull'acquisizione del risultato.
Ma questo è il Bari, e la parola fine è sempre complicata da mettere. Certo, nell'autogoal di capitan Di Cesare c'è tanta sfortuna, ma anche tanta irruenza, però non può essere un infortunio del genere a causare uno spegnimento della luce così totale come quello dei biancorossi tra 51' e 81' di gioco. Il Bari esce completamente con la testa dalla partita dopo l'autorete del capitano, permettendo alla Feralpi di rientrare con Zennaro e addirittura di mettere la freccia con Sau.
È vero, Marino ha ragione nel sottolineato il fallo subito da Dorval in occasione del terzo goal e il tocco di mano di Felici in area sul cross del franco-algerino (ce n'era uno analogo di Pucino nell'area del Bari in precedenza), però va sottolineato che in poco più di 20' il Bari abbia concesso all'ultima in classifica la possibilità di segnare un terzo dei suoi goal stagionali totali (nove). E se una settimana fa elogiavamo il clean sheet contro l'Ascoli, sette giorni dopo ci si trova a evidenziare un altro - grave - passo indietro. Chiaramente, come sottolinea il tecnico, gli episodi sono stati decisivi, però non si può fare a meno di notare come blackout del genere siano incompatibili con le ambizioni di playoff dichiarate dalla società in tempi non sospetti.
I due punti persi contro i leoni del Garda si vanno ad aggiungere a tutti quelli già buttati dalla finestra, per via delle tante amnesie denunciate dai galletti, in entrambe le gestioni. Di fatto, l'unica buona notizia è la rete siglata da Achik, un utile elemento in una rosa che appariva incompleta già per il 4-3-1-2 di Mignani (al servizio del quale era stata costruita), e a maggior ragione appare ora insufficiente per sopportare il 3-4-1-2 di Marino.
Insomma, più di un tema di accurata riflessione per riempire le prossime due settimane, contraddistinte dalla pausa per le nazionali e da 15 giorni di lavoro continuativo. Un'altra preziosa occasione da cogliere, forse davvero l'ultima, per svoltare la stagione e dare un senso a un campionato indecifrabile. Al San Nicola arriverà il lanciato Venezia, quello che Marino ha definito «Un bel banco di prova». Basta guardare i fatti per capire quanto abbia ragione.
Dal controllo più totale delle operazioni al rischio di una figuraccia clamorosa, che al 73' si concretizza anche, almeno fino a quando Achik salva almeno la faccia, a soli 15" dal suo ingresso. Probabilmente, contro l'ultima in classifica, i 1.352 tifosi biancorossi al Garilli, più tutti quelli collegati attraverso radio e televisione, si aspettavano qualcosa di meglio. Non una vittoria facile, per carità, ma certamente un successo sulla carta non impossibile da cogliere, e che avrebbe dato conferme sulla crescita registrata dai biancorossi con l'arrivo di Marino. Un miglioramento piccolo, certo, ma che comunque c'era stato, e che con un secondo tempo di ordinaria follia i biancorossi cancellano per mezzo di un involontario colpo di spugna.
Già, perché l'approccio dei biancorossi alla partita è finalmente all'altezza della situazione e dell'ambizione della squadra. Al 6' cross di Koutspupias da destra, tuffo di Nasti in area e capocciona dritta in rete. Tutto talmente semplice, che sembra quasi difficile da credere, per un Bari apparso in grande difficoltà nel trovare la via della rete durante le prime uscite stagionali, sia con Mignani che con Marino. Al 10', poi, l'occasione già per chiudere i conti: Diaw ruba palla a Ceppitelli, si procura il rigore facendosi abbattere in area da Pizzignacco ma fallisce dal dischetto, ipnotizzato dal portiere lombardo. Anche questa, a ben pensarci, è la fotografia nitida e plastica di un giocatore diventato simbolo di una squadra bipolare: fare e disfare, un'eterna tela di Penelope.
Ed è per questo che non è neanche facile commentare, finanche comprendere, il senso di questa squadra. Sì, perché per una volta sembrava che anche il contributo di Sibilli fosse finalmente inserito in un discorso collettivo, di un organismo che funziona; l'attaccante ex Pisa tira fuori, al 49', la quarta perla del suo campionato, per mettere la parola fine sull'acquisizione del risultato.
Ma questo è il Bari, e la parola fine è sempre complicata da mettere. Certo, nell'autogoal di capitan Di Cesare c'è tanta sfortuna, ma anche tanta irruenza, però non può essere un infortunio del genere a causare uno spegnimento della luce così totale come quello dei biancorossi tra 51' e 81' di gioco. Il Bari esce completamente con la testa dalla partita dopo l'autorete del capitano, permettendo alla Feralpi di rientrare con Zennaro e addirittura di mettere la freccia con Sau.
È vero, Marino ha ragione nel sottolineato il fallo subito da Dorval in occasione del terzo goal e il tocco di mano di Felici in area sul cross del franco-algerino (ce n'era uno analogo di Pucino nell'area del Bari in precedenza), però va sottolineato che in poco più di 20' il Bari abbia concesso all'ultima in classifica la possibilità di segnare un terzo dei suoi goal stagionali totali (nove). E se una settimana fa elogiavamo il clean sheet contro l'Ascoli, sette giorni dopo ci si trova a evidenziare un altro - grave - passo indietro. Chiaramente, come sottolinea il tecnico, gli episodi sono stati decisivi, però non si può fare a meno di notare come blackout del genere siano incompatibili con le ambizioni di playoff dichiarate dalla società in tempi non sospetti.
I due punti persi contro i leoni del Garda si vanno ad aggiungere a tutti quelli già buttati dalla finestra, per via delle tante amnesie denunciate dai galletti, in entrambe le gestioni. Di fatto, l'unica buona notizia è la rete siglata da Achik, un utile elemento in una rosa che appariva incompleta già per il 4-3-1-2 di Mignani (al servizio del quale era stata costruita), e a maggior ragione appare ora insufficiente per sopportare il 3-4-1-2 di Marino.
Insomma, più di un tema di accurata riflessione per riempire le prossime due settimane, contraddistinte dalla pausa per le nazionali e da 15 giorni di lavoro continuativo. Un'altra preziosa occasione da cogliere, forse davvero l'ultima, per svoltare la stagione e dare un senso a un campionato indecifrabile. Al San Nicola arriverà il lanciato Venezia, quello che Marino ha definito «Un bel banco di prova». Basta guardare i fatti per capire quanto abbia ragione.