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Calcio

Figuraccia Bari, ora il rischio è perdere la bussola

Biancorossi umiliati dal Venezia, la piazza tumultua. Il futuro prossimo non è roseo

Intervenendo all'emittente ufficiale della SSC Bari, in settimana il direttore sportivo Ciro Polito ha detto che in questo campionato si sarebbero gettate le basi per il prossimo, nell'ottica del progetto di risalita in serie A spalmato su tre anni. Bene, se le premesse sono queste, la conclusione non sembra promettere nulla di buono.

Alla prima uscita dopo le esternazioni del diesse, il Bari viene umiliato in casa dal Venezia: 0-3 al San Nicola, in una partita senza storia e senza appello. Per carità, contro la squadra che si è conquistata il diritto di guardare tutte le altre dall'alto in basso, perdere ci può stare; ma i segnali di resa sono molto complicati da accettare.

Il Bari conosce la prima sconfitta dell'era Marino, appena la seconda in quattordici giornate di campionato; ma questi numeri non danno l'esatta dimensione della sfiducia comunicata dalla squadra a tutto l'ambiente. La fotografia di un pomeriggio grigio, e non solo per la pioggia battente e il primo freddo invernale, è tutta nel minuto 38', quando Pucino arma il destro da fuori ma manca l'impatto col pallone. Ecco, il Bari sembra proprio questo: una collezione di errori, di vorrei ma non posso.

La differenza vista in campo tra Bari e Venezia sta proprio qui: i neroverdarancio, ben allenati da Vanoli, hanno dato l'impressione di sapere esattamente cosa fare in campo, per disinnescare i (pochi) pericoli portati dal Bari e far valere la loro superiore qualità sulle fasce. Il goal di Pierini, assistito da Zampano da sinistra, è un saggio di come il calcio possa essere semplice ed efficace allo stesso tempo. Il povero Dorval per tutta la partita va alla ricerca della coppia Johnsen-Zampano, senza cavare mezzo ragno dal buco.

Dalla sua, la squadra biancorossa sembra persa in alchimie complesse, in schemi e sequenze numeriche senza sviluppi e senza esito. Anche i piccoli progressi visti nelle prime uscite di Marino vengono spazzati via dal vento di tramontana e dalla pioggia di un pomeriggio di mezzo autunno, insieme a quelle residue certezze che avevano resistito alle turbolenze contro la FeralpiSalò.

Fin troppo facile è, oggi, prendersela con Aramu, chiamato in causa all'ultimo secondo per sostituire Diaw, acciaccato nel riscaldamento, e apparso totalmente fuori dagli schemi della squadra. Con novembre che rapidamente declina verso dicembre, anche la giustificazione del ritardo di condizione non regge più, e appaiono molto chiare le lacune lasciate aperte dal mercato, nonostante il diesse abbia più volte parlato di «Sette attaccanti in rosa». Di fatto, però, se Nasti non tira la carretta e Sibilli non si inventa un goal da casa sua, la notte è buia e triste. E quando Marino ribadisce l'importanza di un forfait come quello di Diaw, allora vuol dire che le responsabilità di diesse e società sono inoppugnabili.

Il Bari va vicino al goal solo con la traversa che Tessmann si colpisce da solo, e la quantità di palloni gettati in area senza essere raccolti da altri se non dai difensori del Venezia racconta chiaramente come ai galletti manchi un attaccante che veda la porta e faccia goal. Nei fatti, si salva solo Benali, tornato titolare dopo una vita e davvero l'ultimo a mollare la presa. Poi, nel recupero, le reti di Tessmann e Dembele sono solo il certificato di una partita senza storia, per quanto Marino si sforzi (in buona fede, non c'è dubbio) di dire che la squadra ha tenuto botta contro un avversario candidato alla promozione diretta. Il limite vero del Bari è di essere una squadra incapace di tenere i nervi saldi; subito il primo goal, i galletti evaporano, girano a vuoto, non combinano più nulla.

Del pomeriggio di Bari-Venezia, però, rimangono solo la figuraccia e la dura contestazione rivolta dai tifosi della nord (eroici a cantare per 90', sotto il diluvio e davanti a uno spettacolo grottesco) a squadra e proprietà; la cartina al tornasole di una piazza che tumultua. Inviti che, però, fino a ora sono rimasti colpevolmente inascoltati; il rischio è che si perda la bussola, che sfugga tutto di mano e che questo campionato - da stagione di transizione - si trasformi in una lotta per la sopravvivenza in serie B. E anche questo alla piazza di Bari andrebbe risparmiato, con un po' di sforzo e buona volontà. L'epoca delle parole sta volgendo al termine, ora servono quei fatti che, fino a ora, non si sono visti.
  • ssc bari
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