Calcio
Il Bari cade nel “trappolone” Ascoli, una sconfitta salutare?
I biancorossi cedono alla tattica ordinata e “ostruzionista” dei marchigiani. Tanti ancora i margini di miglioramento
Bari - domenica 16 ottobre 2022
10.27
Proviamo ad analizzarla col senno del poi, quello che di solito non sbaglia. Il Bari era la squadra più in forma del campionato, mentre un Ascoli in difficoltà veniva al San Nicola per salvare all'ultimo tuffo la panchina di Bucchi. Insomma, i contorni del "trappolone" per i biancorossi c'erano tutti, e così è stato. Il Bari conosce la prima sconfitta della sua stagione, davanti agli oltre 31mila della "astronave" di Renzo Piano.
I cabalisti faranno, al solito, ricorso alla "maledizione": col San Nicola pieno i risultati non arrivano. Ma sarebbe troppo sbrigativo attribuire questo 0-2 solo alla pressione degli spalti gremiti, delle aspettative e dell'entusiasmo che - giocoforza - si era venuto a creare attorno a una squadra che, avesse preso 3 punti invece che zero contro i marchigiani, era pronta a salire da sola in vetta alla classifica della B.
Ma, anche qui, è ancora troppo presto per parlare di rammarico e occasione persa. Va, però, trovata una chiave di lettura a questa sconfitta inaspettata, proprio perché frutto di una trappola ben ordita dai bianconeri di Bucchi. Non è, infatti, la sconfitta in sé a preoccupare, quanto l'impressione che l'Ascoli abbia, in un certo senso, "fatto scuola": per battere il Bari, quel Bari così straripante, c'era bisogno di una partita difensivamente compatta e attenta, e il "picchio" la porta a casa con estrema lucidità. Come ha giustamente detto Di Cesare nel post gara, il Bari ha facilità estrema di gioco in 40/50 metri, ma contro una squadra (l'Ascoli) scesa in campo con un 3-5-2 solidissimo, brava a chiudere tutti gli spazi e ad appiattirsi a ridosso della propria area per non dare profondità, la banda Mignani va in grande difficoltà. Bucchi prepara una tattica "ostruzionista" che funziona come la sabbia negli ingranaggi che sembravano perfettamente ordinati dei biancorossi; la gestione molto nervosa dell'arbitro Rutella, soprattutto nella ripresa, dà il suo contributo a spezzettare il gioco e ad affaticare la ricerca di ritmo da parte del Bari.
Certo, qualche attenuante c'è; a cominciare dall'assenza di Maiello. L'ex Frosinone, infatti, è uno di cui è più facile accorgersi quando non c'è, perché senza di lui mancano clamorosamente equilibrio e ordine a centrocampo. Per carità, Maita in posizione di regista fa la sua onestissima figura, ma è pur sempre una mezz'ala, con i pregi e i difetti della mezz'ala: grande visione di gioco, sì, ma anche una tendenza a portar palla che - per chi gioca davanti alla difesa - è sempre un azzardo pericoloso. Dalla sua, invece, Maiello è uno abituato a giocare a due tocchi, e soprattutto a non perdere mai la posizione; il profilo ideale per quel ruolo, e se dovesse mancare a lungo sarebbe una perdita difficilissima da colmare.
In più, a non convincere - stavolta - sono stati anche i cambi di Mignani, che di solito le partite le vince proprio mettendo mano alla panchina. Lasciare Bellomo negli spogliatoi all'intervallo è stata una scelta rischiosa, e che non ha pagato: l'intenzione, inserendo Salcedo, era quella di mandar dentro un elemento più bravo a giocare nello stretto delle maglie nere dei marchigiani, ma in questa sorta di 4-3-3 anomalo l'ex Spezia e Verona non riesce davvero mai a trovare la sua posizione. Poi, il nervoso Di Cesare (sostituito da Terranova) toglie un cambio a Mignani, che deve posticipare l'ingresso di D'Errico solo nel finale, quando la capacità di palleggio del numero 9 sarebbe servita già sullo 0-0. A poco, infine, porta l'ingresso di Ceter per Cheddira, con Scheidler che rimane per 96' e passa minuti in panchina quando la sua fisicità e la sua tecnica anche nel breve avrebbero fatto comodo in campo.
Certo, c'è da dire che il Bari prende goal da Simic su una mischia furibonda in area, anche se il precedente goal annullato a Dionisi è ammantato da una spessa cortina di dubbi. Sembra, però, abbastanza chiaro che senza Di Cesare la difesa perda di leadership, ma anche di certezze tecniche e tattiche. Un aspetto su cui Mignani dovrà lavorare, cercando di inserire al più presto anche Zuzek per capire cosa potrà effettivamente dare al pacchetto arretrato.
Insomma, sconfitta meritata per il Bari, che però qualcosa avrebbe anche da recriminare. Sì, perché - pur senza rubare l'occhio o convincere particolarmente - nel primo tempo i galletti si fanno preferire; Antenucci sfiora l'euro goal al 3', poi se ne mangia uno molto piacere semplice al 46'. Quella palla, colpita d'esterno e perduta a metri dalla porta dell'ex Guarna, è la prima, vera, sliding door di un pomeriggio in cui è mancata anche un po' di lucidità. Mignani ha parlato di frenesia, dando un'interpretazione corretta a quello stato un po' confusionale della squadra nei momenti chiave della partita. Il bel goal di Dionisi nel recupero, con la complicità di D'Errico e Vicari, certifica un sabato in cui nulla è andato come avrebbe dovuto.
Non è, però, un sabato da dimenticare; anzi. Questa sconfitta, che pur doveva arrivare prima o dopo, può essere tanto salutare quanto didascalica se, come certamente farà Mignani, analizzata nel dettaglio. Innanzitutto, perché stimolerà i galletti a trovare un piano B, da applicare in caso di partite spigolose contro squadre chiuse; e, in questa serie B pazza e imprevedibile, di partite del genere ne ricapiteranno. E, poi, perché questo risultato riporta tutti con i piedi per terra, dopo una settimana tra le nuvole del primato in classifica: l'obiettivo del Bari è, e rimane, una salvezza tranquilla, magari con affaccio sui playoff che - già a ottobre - saranno con ogni probabilità tra i più competitivi degli ultimi dieci anni.
Ora, dunque, è il momento di fare un bel rese: mercoledì, per fortuna, si torna già in campo per la coppa Italia, e la sfida con il Parma al Tardini rappresenta un primo, vero, banco di prova per testare la capacità di reazione dei biancorossi. Altre risposte si avranno in campionato: Frosinone in trasferta e Ternana (capolista) in casa sono i prossimi due impegni, da cui potremmo iniziare veramente a capire di che pasta è fatto questo Bari.
I cabalisti faranno, al solito, ricorso alla "maledizione": col San Nicola pieno i risultati non arrivano. Ma sarebbe troppo sbrigativo attribuire questo 0-2 solo alla pressione degli spalti gremiti, delle aspettative e dell'entusiasmo che - giocoforza - si era venuto a creare attorno a una squadra che, avesse preso 3 punti invece che zero contro i marchigiani, era pronta a salire da sola in vetta alla classifica della B.
Ma, anche qui, è ancora troppo presto per parlare di rammarico e occasione persa. Va, però, trovata una chiave di lettura a questa sconfitta inaspettata, proprio perché frutto di una trappola ben ordita dai bianconeri di Bucchi. Non è, infatti, la sconfitta in sé a preoccupare, quanto l'impressione che l'Ascoli abbia, in un certo senso, "fatto scuola": per battere il Bari, quel Bari così straripante, c'era bisogno di una partita difensivamente compatta e attenta, e il "picchio" la porta a casa con estrema lucidità. Come ha giustamente detto Di Cesare nel post gara, il Bari ha facilità estrema di gioco in 40/50 metri, ma contro una squadra (l'Ascoli) scesa in campo con un 3-5-2 solidissimo, brava a chiudere tutti gli spazi e ad appiattirsi a ridosso della propria area per non dare profondità, la banda Mignani va in grande difficoltà. Bucchi prepara una tattica "ostruzionista" che funziona come la sabbia negli ingranaggi che sembravano perfettamente ordinati dei biancorossi; la gestione molto nervosa dell'arbitro Rutella, soprattutto nella ripresa, dà il suo contributo a spezzettare il gioco e ad affaticare la ricerca di ritmo da parte del Bari.
Certo, qualche attenuante c'è; a cominciare dall'assenza di Maiello. L'ex Frosinone, infatti, è uno di cui è più facile accorgersi quando non c'è, perché senza di lui mancano clamorosamente equilibrio e ordine a centrocampo. Per carità, Maita in posizione di regista fa la sua onestissima figura, ma è pur sempre una mezz'ala, con i pregi e i difetti della mezz'ala: grande visione di gioco, sì, ma anche una tendenza a portar palla che - per chi gioca davanti alla difesa - è sempre un azzardo pericoloso. Dalla sua, invece, Maiello è uno abituato a giocare a due tocchi, e soprattutto a non perdere mai la posizione; il profilo ideale per quel ruolo, e se dovesse mancare a lungo sarebbe una perdita difficilissima da colmare.
In più, a non convincere - stavolta - sono stati anche i cambi di Mignani, che di solito le partite le vince proprio mettendo mano alla panchina. Lasciare Bellomo negli spogliatoi all'intervallo è stata una scelta rischiosa, e che non ha pagato: l'intenzione, inserendo Salcedo, era quella di mandar dentro un elemento più bravo a giocare nello stretto delle maglie nere dei marchigiani, ma in questa sorta di 4-3-3 anomalo l'ex Spezia e Verona non riesce davvero mai a trovare la sua posizione. Poi, il nervoso Di Cesare (sostituito da Terranova) toglie un cambio a Mignani, che deve posticipare l'ingresso di D'Errico solo nel finale, quando la capacità di palleggio del numero 9 sarebbe servita già sullo 0-0. A poco, infine, porta l'ingresso di Ceter per Cheddira, con Scheidler che rimane per 96' e passa minuti in panchina quando la sua fisicità e la sua tecnica anche nel breve avrebbero fatto comodo in campo.
Certo, c'è da dire che il Bari prende goal da Simic su una mischia furibonda in area, anche se il precedente goal annullato a Dionisi è ammantato da una spessa cortina di dubbi. Sembra, però, abbastanza chiaro che senza Di Cesare la difesa perda di leadership, ma anche di certezze tecniche e tattiche. Un aspetto su cui Mignani dovrà lavorare, cercando di inserire al più presto anche Zuzek per capire cosa potrà effettivamente dare al pacchetto arretrato.
Insomma, sconfitta meritata per il Bari, che però qualcosa avrebbe anche da recriminare. Sì, perché - pur senza rubare l'occhio o convincere particolarmente - nel primo tempo i galletti si fanno preferire; Antenucci sfiora l'euro goal al 3', poi se ne mangia uno molto piacere semplice al 46'. Quella palla, colpita d'esterno e perduta a metri dalla porta dell'ex Guarna, è la prima, vera, sliding door di un pomeriggio in cui è mancata anche un po' di lucidità. Mignani ha parlato di frenesia, dando un'interpretazione corretta a quello stato un po' confusionale della squadra nei momenti chiave della partita. Il bel goal di Dionisi nel recupero, con la complicità di D'Errico e Vicari, certifica un sabato in cui nulla è andato come avrebbe dovuto.
Non è, però, un sabato da dimenticare; anzi. Questa sconfitta, che pur doveva arrivare prima o dopo, può essere tanto salutare quanto didascalica se, come certamente farà Mignani, analizzata nel dettaglio. Innanzitutto, perché stimolerà i galletti a trovare un piano B, da applicare in caso di partite spigolose contro squadre chiuse; e, in questa serie B pazza e imprevedibile, di partite del genere ne ricapiteranno. E, poi, perché questo risultato riporta tutti con i piedi per terra, dopo una settimana tra le nuvole del primato in classifica: l'obiettivo del Bari è, e rimane, una salvezza tranquilla, magari con affaccio sui playoff che - già a ottobre - saranno con ogni probabilità tra i più competitivi degli ultimi dieci anni.
Ora, dunque, è il momento di fare un bel rese: mercoledì, per fortuna, si torna già in campo per la coppa Italia, e la sfida con il Parma al Tardini rappresenta un primo, vero, banco di prova per testare la capacità di reazione dei biancorossi. Altre risposte si avranno in campionato: Frosinone in trasferta e Ternana (capolista) in casa sono i prossimi due impegni, da cui potremmo iniziare veramente a capire di che pasta è fatto questo Bari.