Calcio
Inarrestabile Bari, e adesso si può sognare?
I biancorossi vincono anche a Venezia, i tifosi si accendono e nascondersi non è più così semplice
Bari - domenica 9 ottobre 2022
0.38
La prima può essere un caso, la seconda una fortunata coincidenza, la terza il ricchissimo bottino di una giornata di grazia. Ma la quarta? La quarta non può più essere semplicemente spiegata con la cabala o la religione. Il Bari vince a Venezia, un 1-2 che regala ai galletti la quarta vittoria di fila, la terza in trasferta, e il primo posto in condominio con la Reggina. No, non può e non deve essere interpretato come un caso sparuto; i biancorossi sono in vetta alla B, con merito e per mezzo del lavoro. Innanzitutto di Polito, che a fari spenti a costruito una squadra sorprendentemente competitiva, poi dei calciatori che ci stanno mettendo qualcosa in più anche dello straordinario, e poi di mister Mignani che - con la sua solita umiltà - ha messo in piedi un giocattolino perfetto in ogni sua componente.
Sì, perché al Penzo di Venezia i galletti sfoderano l'ennesima di una serie di prestazioni perfette, forse anche più convincente del fragoroso 6-2 rifilato al Brescia. La prima, e fondamentale, cosa da sottolineare è l'atteggiamento. In parecchi avrebbero formato per un segno X sul campo di una squadra che - fino a maggio - faceva la serie A; ma si sarebbero sbagliati. Eh già, perché il Bari fin dalle prime battute se la gioca per la posta piena, e nel primo tempo si lascia preferire per larghi tratti alla squadra venete. E non solo con le ripartenze, ma anche con la manovra contro un compatto 3-5-2, quello di Javorcic, completamente schierato. Il Bari prova a darle, e dimostra anche di saperle incassare: il primo tempo è godibile, con occasioni da entrambe le parti, ma con zero goal. Insomma, c'erano tutte le premesse, nella ripresa, per impostare una gara conservatrice e difendere lo 0-0. Ma Mignani lo aveva detto alla vigilia: «Non so come si prepari una partita per il pareggio». E, a quanto pare, non lo sa davvero; l'avvio di ripresa dei galletti è di quelli con partenza a cannone. E il bello è che il Bari si rende pericoloso a ogni partita sempre con lo stesso schema: palla recuperata in fretta, scarico sul trequartista o sulla mezzala, verticalizzazione rapida per Cheddira che o va al tiro o cerca l'assist. Uno schema semplicissimo, antico come il calcio, ma che gli avversari fanno una fatica abnorme a contenere. Il perché è presto detto: il Bari ha una condizione fisica, al momento, troppo superiore agli altri. Merito di Mignani, del professor D'Urbano e del loro staff, che hanno impostato la preparazione per partire subito con le marce alte, ed evidentemente nessuno se lo aspettava. A favore dei biancorossi c'è, va detto, un evidente fattore sottovalutazione da parte degli avversari di B, che uno alla volta ne stanno pagando il prezzo.
Basti dire che i due goal del Bari arrivano nello stesso identico modo: prima Bellomo va verticale e profondo da Cheddira, che la mette in mezzo per il delizioso tocco di Antenucci (uno che deve aver fatto il patto con Lucifero per rendere come un ragazzino esordiente all'età di 38 anni), poi va in solitaria e si procura un rigore trasformato con freddezza olimpica. È, davvero, sempre lo stesso schema; ma le altre trovano difficoltà insormontabili a controbattere, più che a leggerlo. Lo stato atletico della squadra è una delle spiegazioni più plausibili.
Ma tutto questo non basta a venire a capo di un momento di grazia che ai più rimane meravigliosamente inspiegabile, quasi ineffabile. Il Bari appare inarrestabile perché pensa e agisce da gruppo; basti vedere il ruolo degli innesti dalla panchina. D'Errico fa, al solito, la sua preziosa prova in entrambe le fasi, e nel secondo goal c'è lo zampino di Benedetti (entrato per Maita e decisivo in fase di recupero) e Salcedo (dentro per Antenucci e autore dell'assist verticale). Anche l'ingresso di Terranova nel finale è utilissimo per dare una mano e respingere gli assalti della "Serenissima". E poco importa, quindi, se la difesa torna a non essere perfetta sulle palle alte; il Bari subisce il pareggio di Ceccaroni e lo gestisce con la freddezza di una squadra che sa cosa vuole (vincere) e cosa fare.
Sul punteggio di 1-1, a 20' dalla fine, il 99% delle squadre si sarebbe accontentato del punto; che, poi, a Venezia non è mai da buttare. Il Bari no; la mentalità fa sempre la differenza nel calcio, e i risultati raccolti dai galletti fin qui lo dimostrano. Se, poi, puoi contare su un Cheddira in stato di grazia (ogni aggettivo ulteriore sarebbe ripetitivo e inutile) e un Caprile sempre più decisiva rivelazione, allora è tutto un po' più facile. Nota di merito va anche alla super coppia centrale Di Cesare-Vicari, alla catena mancina Folorunsho-Ricci, a Maiello che non perde mai la posizione, e alla coppia Maita-Pucino, che sa dosare fosforo, esperienza e accortezza in ripiegamento.
E adesso? Il Bari l'ha combinata grossa, nascondersi dietro il solo obiettivo salvezza è impossibile. Certo, fa piacere sapere che più di metà della quota buona per rimanere in B è stata messa in cascina, con appena otto partite disputate; poco non è. Però i tifosi fanno i tifosi, e la mente corre. A Venezia erano quasi 1.600, praticamente il Bari giocava in casa, a 800 chilometri dal San Nicola. Un entusiasmo del genere attorno alla squadra non si vedeva da una vita, e ora è giusto sognare; fosse anche per il puro gusto di farlo.
A ogni modo (scoccia dirlo, ma la prudenza non è mai troppa), è giusto usare cautela. Innanzitutto perché, in questa serie B, ci sono squadre più forti e attrezzate: facilissimo nominare il Genoa, ma anche Cagliari e lo stesso Venezia, le ultime due vittime di Mignani e compagnia lontano dal San Nicola. E poi Parma, Frosinone, Benevento, la Reggina di Inzaghi che prima non lo è di certo per caso, come non lo è il Bari.
E, poi, c'è sempre la spada di Damocle della multiproprietà. Forse ottobre è un mese ancora troppo "acerbo" per parlarne sul serio, ma è il caso che i De Laurentiis inizino a pensare concretamente a cosa vogliono fare da grandi. La piazza vuole sognare, e per la prima volta da una vita a questa parte può farlo, grazie a una squadra che ha smesso già da un po' di stupire, diventando una (quasi) certezza. Risolvere le ambiguità societarie, adesso, non è più un dovere procrastinabile: i De Laurentiis facciano in fretta, perché pensare in grande adesso non solo è opportuno, ma è anche giusto. Dopo tanto soffrire, Bari certamente sente di meritarlo.
Sì, perché al Penzo di Venezia i galletti sfoderano l'ennesima di una serie di prestazioni perfette, forse anche più convincente del fragoroso 6-2 rifilato al Brescia. La prima, e fondamentale, cosa da sottolineare è l'atteggiamento. In parecchi avrebbero formato per un segno X sul campo di una squadra che - fino a maggio - faceva la serie A; ma si sarebbero sbagliati. Eh già, perché il Bari fin dalle prime battute se la gioca per la posta piena, e nel primo tempo si lascia preferire per larghi tratti alla squadra venete. E non solo con le ripartenze, ma anche con la manovra contro un compatto 3-5-2, quello di Javorcic, completamente schierato. Il Bari prova a darle, e dimostra anche di saperle incassare: il primo tempo è godibile, con occasioni da entrambe le parti, ma con zero goal. Insomma, c'erano tutte le premesse, nella ripresa, per impostare una gara conservatrice e difendere lo 0-0. Ma Mignani lo aveva detto alla vigilia: «Non so come si prepari una partita per il pareggio». E, a quanto pare, non lo sa davvero; l'avvio di ripresa dei galletti è di quelli con partenza a cannone. E il bello è che il Bari si rende pericoloso a ogni partita sempre con lo stesso schema: palla recuperata in fretta, scarico sul trequartista o sulla mezzala, verticalizzazione rapida per Cheddira che o va al tiro o cerca l'assist. Uno schema semplicissimo, antico come il calcio, ma che gli avversari fanno una fatica abnorme a contenere. Il perché è presto detto: il Bari ha una condizione fisica, al momento, troppo superiore agli altri. Merito di Mignani, del professor D'Urbano e del loro staff, che hanno impostato la preparazione per partire subito con le marce alte, ed evidentemente nessuno se lo aspettava. A favore dei biancorossi c'è, va detto, un evidente fattore sottovalutazione da parte degli avversari di B, che uno alla volta ne stanno pagando il prezzo.
Basti dire che i due goal del Bari arrivano nello stesso identico modo: prima Bellomo va verticale e profondo da Cheddira, che la mette in mezzo per il delizioso tocco di Antenucci (uno che deve aver fatto il patto con Lucifero per rendere come un ragazzino esordiente all'età di 38 anni), poi va in solitaria e si procura un rigore trasformato con freddezza olimpica. È, davvero, sempre lo stesso schema; ma le altre trovano difficoltà insormontabili a controbattere, più che a leggerlo. Lo stato atletico della squadra è una delle spiegazioni più plausibili.
Ma tutto questo non basta a venire a capo di un momento di grazia che ai più rimane meravigliosamente inspiegabile, quasi ineffabile. Il Bari appare inarrestabile perché pensa e agisce da gruppo; basti vedere il ruolo degli innesti dalla panchina. D'Errico fa, al solito, la sua preziosa prova in entrambe le fasi, e nel secondo goal c'è lo zampino di Benedetti (entrato per Maita e decisivo in fase di recupero) e Salcedo (dentro per Antenucci e autore dell'assist verticale). Anche l'ingresso di Terranova nel finale è utilissimo per dare una mano e respingere gli assalti della "Serenissima". E poco importa, quindi, se la difesa torna a non essere perfetta sulle palle alte; il Bari subisce il pareggio di Ceccaroni e lo gestisce con la freddezza di una squadra che sa cosa vuole (vincere) e cosa fare.
Sul punteggio di 1-1, a 20' dalla fine, il 99% delle squadre si sarebbe accontentato del punto; che, poi, a Venezia non è mai da buttare. Il Bari no; la mentalità fa sempre la differenza nel calcio, e i risultati raccolti dai galletti fin qui lo dimostrano. Se, poi, puoi contare su un Cheddira in stato di grazia (ogni aggettivo ulteriore sarebbe ripetitivo e inutile) e un Caprile sempre più decisiva rivelazione, allora è tutto un po' più facile. Nota di merito va anche alla super coppia centrale Di Cesare-Vicari, alla catena mancina Folorunsho-Ricci, a Maiello che non perde mai la posizione, e alla coppia Maita-Pucino, che sa dosare fosforo, esperienza e accortezza in ripiegamento.
E adesso? Il Bari l'ha combinata grossa, nascondersi dietro il solo obiettivo salvezza è impossibile. Certo, fa piacere sapere che più di metà della quota buona per rimanere in B è stata messa in cascina, con appena otto partite disputate; poco non è. Però i tifosi fanno i tifosi, e la mente corre. A Venezia erano quasi 1.600, praticamente il Bari giocava in casa, a 800 chilometri dal San Nicola. Un entusiasmo del genere attorno alla squadra non si vedeva da una vita, e ora è giusto sognare; fosse anche per il puro gusto di farlo.
A ogni modo (scoccia dirlo, ma la prudenza non è mai troppa), è giusto usare cautela. Innanzitutto perché, in questa serie B, ci sono squadre più forti e attrezzate: facilissimo nominare il Genoa, ma anche Cagliari e lo stesso Venezia, le ultime due vittime di Mignani e compagnia lontano dal San Nicola. E poi Parma, Frosinone, Benevento, la Reggina di Inzaghi che prima non lo è di certo per caso, come non lo è il Bari.
E, poi, c'è sempre la spada di Damocle della multiproprietà. Forse ottobre è un mese ancora troppo "acerbo" per parlarne sul serio, ma è il caso che i De Laurentiis inizino a pensare concretamente a cosa vogliono fare da grandi. La piazza vuole sognare, e per la prima volta da una vita a questa parte può farlo, grazie a una squadra che ha smesso già da un po' di stupire, diventando una (quasi) certezza. Risolvere le ambiguità societarie, adesso, non è più un dovere procrastinabile: i De Laurentiis facciano in fretta, perché pensare in grande adesso non solo è opportuno, ma è anche giusto. Dopo tanto soffrire, Bari certamente sente di meritarlo.