Calcio
L’insostenibile crudeltà del calcio. Bari, per te solo applausi
I galletti arrivano a 2’ dalla serie A; è la delusione più cocente. Ora va deciso il futuro
Bari - lunedì 12 giugno 2023
8.12
Allerta spoiler: il lettore di qui in avanti incontrerà un'ottima dose di retorica. Ma, nella testa di chi scrive, nel momento in cui scrive, non passa null'altro se non il nutrito corollario della retorica del cordoglio per raccontare la delusione di perdere la serie A ad appena 2' dal traguardo. Nella consapevolezza che il linguaggio, in questo caso, è ampiamente insufficiente per descrivere la portata dello shock nella sua interezza.
Proviamo, per convenzione, ad utilizzare il termine "beffa" per rappresentare semanticamente tutto il ventaglio di atroci emozioni provate da qualsiasi tifoso del Bari al momento del goal di Pavoletti, che al 94' manda in paradiso il Cagliari e inchioda i galletti ancora per almeno un anno nell'antinferno della B.
Così fa male, fa malissimo, ed è la più plastica esternazione della crudeltà del calcio, uno sport balordo che ti porta su solo per farti fare più rumore quando cadi. Eh sì, perché era tutto perfetto; c'era ogni ingrediente per pensare "Cavolo, dopo tanti rospi ingoiati questa davvero è la volta buona". A cominciare dai 58mila e passa di un San Nicola che firma il suo record storico di pubblico, passando per i maxischermi disseminati per la città e la provincia, fino ad arrivare al ritorno del "priscio". Sì, perché anche qui la lingua italiana non basta per descrivere quel miscuglio esplosivo di emozioni, entusiasmo e aspettative che soltanto l'intraducibile espressione barese sa rendere.
Ecco perché il goal del caustico 0-1 preso al 94' non è solo la causa di una sconfitta sportiva, ma equivale a un machete che ti taglia le gambe. È uno svuotamento di forze all'improvviso, proprio mentre tutto lo stadio, sotto il diluvio, cantava "RiprendiamolA". Mancava solo un passo, piccolissimo; sembrava davvero il più facile. Ma il calcio è sport crudele, e su questo anche il più allergico alla retorica non può non concordare.
A questo punto, nello schema mentale di chi scrive, ci sarebbe un'ampia e dettagliata disamina tattica della partita. Ma ne vale davvero la pena? Che senso avrebbe? I tanti detrattori di Mignani resterebbero della loro opinione, e cioè che si tratta di un tecnico poco coraggioso, pavido, inadatto a ricoprire il ruolo. Sempre chi scrive, invece, crede che il mister abbia fatto tutto quello che poteva: difendersi con ordine per 94' e cercare di ripartire. Quante occasioni ha avuto il Bari di ripartire? Moltissime. Quasi nessuna è riuscita, perché ai galletti è mancata lucidità, e soprattutto perché il Cagliari ha fatto valere la sua superiorità. Stop.
E fa male sapere di essere stati superati da una squadra a cui i biancorossi hanno dato cinque punti di distacco in campionato, ma è la legge dei playoff; un altro fattore di spettacolarizzazione del calcio, che non divertirebbe se non fosse così sadico, atroce e crudele (come i giochi del circo romano). Non possiamo, però, neanche non riconoscere il fatto che il Cagliari fosse più forte del Bari, con giocatori migliori, più esperti, e un tecnico vincente e navigato come Ranieri, un gigante al cospetto di un esordiente in B come Mignani. Se da una parte in panchina ci sono Pavoletti, Mancosu e Viola, mentre dall'altra Molina e Ceter, questo qualcosa vorrà pure dirlo.
Eppure Mignani ha portato i suoi ad appena 2' dall'impresa, perché tale sarebbe stata, con una squadra partita per salvarsi e che invece allenatore e direttore sportivo (Ciro Polito, quanti meriti anche per lui) hanno portato a rendere ben oltre le sue possibilità. Molti di questi ragazzi giocavano in serie C, e Mignani li ha portati al terzo posto in B, a un passo dalla gloria eterna; piaccia o non piaccia, questo è un fatto. Poi, si sa, il calcio è fatto d episodi; devi saperteli creare, ma ci vuole anche un po' di fortuna perché il pallone decida di girare dalla tua parte.
Eh sì, perché ci sono un paio di momenti chiave di Bari-Cagliari che avrebbero, anche in presa diretta, dovuto far capire che sarebbe andata così. A cominciare dai due cambi forzati: Ceter entra, dà un grande contributo al serrato catenaccio biancorosso, ma dopo neanche un quarto d'ora si fa male, poi anche capitan Di Cesare dà forfait, e Pavoletti segna proprio dove a marcarlo avrebbe dovuto esserci lui, e invece c'era il povero Zuzek. Se a questo ci si aggiunge la montagna di goal falliti all'andata, le due serate nerissime di Cheddira, e il fatto che un elemento fondamentale come Folorunsho abbia giocato sì e no una mezz'ora in questi playoff, allora il quadro è completo.
Già, Folorunsho… Nessun giocatore vince le partite da solo, per carità, ma se tra andata e ritorno l'ex Lazio gioco scarsi 20' e procura un rigore prima, e stampa la traversa poi, allora si capisce quanto il Bari ci sia andato a perdere con il suo ginocchio capriccioso. Ed è proprio la traversa di Folorunsho la sliding door della partita: due centimetri più sotto ed è goal, ma la palla non entra e allora è tutto più difficile. Maita si fa saltare, Zuzek si fa anticipare, Pavoletti fa il Pavoletti e da un metro la sbatte dentro, lì dove neanche il miracoloso Caprile può fare niente.
È andata così; di tempo per leccarsi le ferite e processare questa incommensurabile delusione ce ne sarà. Per ora solo applausi per il Bari, il suo allenatore, i suoi calciatori, e il suo direttore. È stata sfiorata un'impresa epica, che però andrà a finire sulla mensola delle grandi occasioni mancate, insieme a tante altre nella storia biancorossa.
Adesso urgono questioni più importanti. A cominciare dal dover trovare risposta alla domanda: che ne sarà del Bari? Sì, perché anche con la permanenza in serie B c'è una grossa fetta di tifoseria che vorrebbe vedere i De Laurentiis cedere il club. Non fosse altro per smettere di sentire i deliri irrazionali del freno a mano, o il next level del complottiamo secondo cui il goal di Pavoletti al 94' (come la traversa di Folorunsho e le parate miracolose di Caprile) fosse stato l'atto finale di un copione scritto a tavolino per non far salire il Bari in serie A.
Discorsi irrazionali, come d'altra parte irrazionale è l'essenza stessa del tifo. Nulla, ma veramente nulla, avrebbe consigliato ai 58mila di andare a passare una serataccia al San Nicola, con una viabilità imbarazzante e un servizio d'ordine lacunoso. Nulla, poi, avrebbe suggerito a migliaia di cuori biancorossi di viaggiare per l'Italia intera al seguito del Bari, investendo tempo e denaro. Ma, si sa, l'amore non ha ragioni, e quei "pazzi" dei baresi hanno stravinto il campionato dal tifo già ad agosto.
Ora, però, servono risposte da parte della proprietà? Cosa si farà? Il Bari verrà ceduto, mettendo fine all'incubo della multiproprietà? Mignani e Polito resteranno ai loro posti? La squadra resterà ai De Laurentiis? Se sì, ci saranno investimenti adeguati per puntare alla promozione diretta l'anno prossimo? Sono tutti quesiti che devono essere risolti, e subito, senza i soliti indugi e conciliaboli provati che i De Laurentiis si sono spesso concessi in passato a Bari. Servono parole chiare da parte del presidente Luigi De Laurentiis, e servono subito. Già questa settimana, perché Bari non può aspettare e vuole continuare a sognare, anche dopo la delusione di aver visto svanire sul più bello il miraggio del riscatto dopo la caduta nella polvere.
Proviamo, per convenzione, ad utilizzare il termine "beffa" per rappresentare semanticamente tutto il ventaglio di atroci emozioni provate da qualsiasi tifoso del Bari al momento del goal di Pavoletti, che al 94' manda in paradiso il Cagliari e inchioda i galletti ancora per almeno un anno nell'antinferno della B.
Così fa male, fa malissimo, ed è la più plastica esternazione della crudeltà del calcio, uno sport balordo che ti porta su solo per farti fare più rumore quando cadi. Eh sì, perché era tutto perfetto; c'era ogni ingrediente per pensare "Cavolo, dopo tanti rospi ingoiati questa davvero è la volta buona". A cominciare dai 58mila e passa di un San Nicola che firma il suo record storico di pubblico, passando per i maxischermi disseminati per la città e la provincia, fino ad arrivare al ritorno del "priscio". Sì, perché anche qui la lingua italiana non basta per descrivere quel miscuglio esplosivo di emozioni, entusiasmo e aspettative che soltanto l'intraducibile espressione barese sa rendere.
Ecco perché il goal del caustico 0-1 preso al 94' non è solo la causa di una sconfitta sportiva, ma equivale a un machete che ti taglia le gambe. È uno svuotamento di forze all'improvviso, proprio mentre tutto lo stadio, sotto il diluvio, cantava "RiprendiamolA". Mancava solo un passo, piccolissimo; sembrava davvero il più facile. Ma il calcio è sport crudele, e su questo anche il più allergico alla retorica non può non concordare.
A questo punto, nello schema mentale di chi scrive, ci sarebbe un'ampia e dettagliata disamina tattica della partita. Ma ne vale davvero la pena? Che senso avrebbe? I tanti detrattori di Mignani resterebbero della loro opinione, e cioè che si tratta di un tecnico poco coraggioso, pavido, inadatto a ricoprire il ruolo. Sempre chi scrive, invece, crede che il mister abbia fatto tutto quello che poteva: difendersi con ordine per 94' e cercare di ripartire. Quante occasioni ha avuto il Bari di ripartire? Moltissime. Quasi nessuna è riuscita, perché ai galletti è mancata lucidità, e soprattutto perché il Cagliari ha fatto valere la sua superiorità. Stop.
E fa male sapere di essere stati superati da una squadra a cui i biancorossi hanno dato cinque punti di distacco in campionato, ma è la legge dei playoff; un altro fattore di spettacolarizzazione del calcio, che non divertirebbe se non fosse così sadico, atroce e crudele (come i giochi del circo romano). Non possiamo, però, neanche non riconoscere il fatto che il Cagliari fosse più forte del Bari, con giocatori migliori, più esperti, e un tecnico vincente e navigato come Ranieri, un gigante al cospetto di un esordiente in B come Mignani. Se da una parte in panchina ci sono Pavoletti, Mancosu e Viola, mentre dall'altra Molina e Ceter, questo qualcosa vorrà pure dirlo.
Eppure Mignani ha portato i suoi ad appena 2' dall'impresa, perché tale sarebbe stata, con una squadra partita per salvarsi e che invece allenatore e direttore sportivo (Ciro Polito, quanti meriti anche per lui) hanno portato a rendere ben oltre le sue possibilità. Molti di questi ragazzi giocavano in serie C, e Mignani li ha portati al terzo posto in B, a un passo dalla gloria eterna; piaccia o non piaccia, questo è un fatto. Poi, si sa, il calcio è fatto d episodi; devi saperteli creare, ma ci vuole anche un po' di fortuna perché il pallone decida di girare dalla tua parte.
Eh sì, perché ci sono un paio di momenti chiave di Bari-Cagliari che avrebbero, anche in presa diretta, dovuto far capire che sarebbe andata così. A cominciare dai due cambi forzati: Ceter entra, dà un grande contributo al serrato catenaccio biancorosso, ma dopo neanche un quarto d'ora si fa male, poi anche capitan Di Cesare dà forfait, e Pavoletti segna proprio dove a marcarlo avrebbe dovuto esserci lui, e invece c'era il povero Zuzek. Se a questo ci si aggiunge la montagna di goal falliti all'andata, le due serate nerissime di Cheddira, e il fatto che un elemento fondamentale come Folorunsho abbia giocato sì e no una mezz'ora in questi playoff, allora il quadro è completo.
Già, Folorunsho… Nessun giocatore vince le partite da solo, per carità, ma se tra andata e ritorno l'ex Lazio gioco scarsi 20' e procura un rigore prima, e stampa la traversa poi, allora si capisce quanto il Bari ci sia andato a perdere con il suo ginocchio capriccioso. Ed è proprio la traversa di Folorunsho la sliding door della partita: due centimetri più sotto ed è goal, ma la palla non entra e allora è tutto più difficile. Maita si fa saltare, Zuzek si fa anticipare, Pavoletti fa il Pavoletti e da un metro la sbatte dentro, lì dove neanche il miracoloso Caprile può fare niente.
È andata così; di tempo per leccarsi le ferite e processare questa incommensurabile delusione ce ne sarà. Per ora solo applausi per il Bari, il suo allenatore, i suoi calciatori, e il suo direttore. È stata sfiorata un'impresa epica, che però andrà a finire sulla mensola delle grandi occasioni mancate, insieme a tante altre nella storia biancorossa.
Adesso urgono questioni più importanti. A cominciare dal dover trovare risposta alla domanda: che ne sarà del Bari? Sì, perché anche con la permanenza in serie B c'è una grossa fetta di tifoseria che vorrebbe vedere i De Laurentiis cedere il club. Non fosse altro per smettere di sentire i deliri irrazionali del freno a mano, o il next level del complottiamo secondo cui il goal di Pavoletti al 94' (come la traversa di Folorunsho e le parate miracolose di Caprile) fosse stato l'atto finale di un copione scritto a tavolino per non far salire il Bari in serie A.
Discorsi irrazionali, come d'altra parte irrazionale è l'essenza stessa del tifo. Nulla, ma veramente nulla, avrebbe consigliato ai 58mila di andare a passare una serataccia al San Nicola, con una viabilità imbarazzante e un servizio d'ordine lacunoso. Nulla, poi, avrebbe suggerito a migliaia di cuori biancorossi di viaggiare per l'Italia intera al seguito del Bari, investendo tempo e denaro. Ma, si sa, l'amore non ha ragioni, e quei "pazzi" dei baresi hanno stravinto il campionato dal tifo già ad agosto.
Ora, però, servono risposte da parte della proprietà? Cosa si farà? Il Bari verrà ceduto, mettendo fine all'incubo della multiproprietà? Mignani e Polito resteranno ai loro posti? La squadra resterà ai De Laurentiis? Se sì, ci saranno investimenti adeguati per puntare alla promozione diretta l'anno prossimo? Sono tutti quesiti che devono essere risolti, e subito, senza i soliti indugi e conciliaboli provati che i De Laurentiis si sono spesso concessi in passato a Bari. Servono parole chiare da parte del presidente Luigi De Laurentiis, e servono subito. Già questa settimana, perché Bari non può aspettare e vuole continuare a sognare, anche dopo la delusione di aver visto svanire sul più bello il miraggio del riscatto dopo la caduta nella polvere.