Calcio
Quando i baresi tifarono per la Stella Rossa
Ricorrono i trent'anni della finale di Coppa dei Campioni al San Nicola
Bari - sabato 29 maggio 2021
13.59
Sono passati 30 anni dalla finale di Coppa dei Campioni allo stadio San Nicola. Ed a vederlo oggi, non si direbbe sia stato un impianto invidiato in tutto il mondo. 29 maggio 1991.
Trent'anni da Olympique Marsiglia-Stella Rossa o se volete da OM-Crvena Zvezda, con gli jugoslavi che divennero campioni d'Europa ai calci di rigore contro ogni pronostico. Jugoslavi, già...
Perché la dolorosissima e sanguinosa guerra fratricida dei Balcani non c'era ancora stata e perché quel gruppo guidato da Ljupko Petrović era un ensemble ben riuscito tra serbi, croati e montenegrini, con Dejan Savicevic a fare la voce del tenore, ma con gente come Robert Procinecki e Sinisa Mihajlovic, oggi allenatore in odor di ritorno alla Lazio, ad impreziosire un undici telecomandato da dietro dal rumeno Miograd Belodedici.
Vinse la Stella Rossa con i Deljie, i temuti ultras della curva nord del Maracanà di Belgrado, che fraternizzarono con gli altri biancorossi, i padroni di casa del Bari, i quali li ospitarono in scene tra il pittoresco ed il grottesco fin nei vicoli della popolarissima Bari Veccha, ben lontana dall'immagine mondana di oggi.
Tifarono per i serbi i baresi e lo fecero, oltre ogni forma di politicamente corretto, in spregio alla spocchia della vigilia mostrata dall'Olympique Marsiglia, data per favoritissima dai media internazionali. Non andò bene a Bari, ma l'OM avrebbe trionfato solo qualche anno più tardi, non senza strascichi successivi.
Migliaia i transalpini che giunsero in maggioranza con decine di treni speciali a Bari, fermandosi nella stazioncina del quartiere Santo Spirito e giungendo in centro con i mezzi pubblici messi a disposizione dal Comune (esisteva la Democrazia Cristiana e l'Esecutivo cittadino era guidato dal prof. Enrico Dalfino), mentre gli slavi arrivarono coloratissimi e chiassosissimi al porto. Lo stesso porto che avrebbe accolto quell'anno l'esodo della Vlora, con migliaia di disperati provenienti dall'Albania, quella sì terra lontana sotto la sferza comunista.
Bari non aveva paura di cosa c'era dall'altra parte dell'Adriatico e lo dimostrò in quella occasione, nonostante il regime fosse ancora in piedi. "Amore levantino", scrisse qualcuno in quelle giornate, che unì due popoli divisi solo da un mare che apparve piccolo piccolo prima dell'evento.
Fu festa, fu evento (arrivato in Puglia soprattutto grazie ad Antonio Matarrese) che in tanti ricordano, nonostante una delle più brutte finali in campo della massima competizione europea, conclusasi con i cinque centri dal dischetto dei serbi e la disperazione dei francesi.
In trent'anni quel luogo, il San Nicola, è andato via via perdendo di fascino, sebbene abbia ospitato una finale per il 3° e 4° posto dei mondiali e dopo la Coppa dei Campioni, i Giochi del Mediterraneo del 1997. Era il principio dell'era d'oro del Bari spesso in A, dei Matarrese potentissimi e di una città che si svegliava dal letargo degli anni '80 e iniziava ad affacciarsi su palcoscenici meno provinciali.
I baresi tifarono Crvena Zvezda pensando che prima o poi, quella finale, l'avrebbero giocata anche loro. Non sapevano che 30 anni di alti e soprattutto bassi li avrebbero attesi, con lo scempio delle ultime stagioni che, a guardare quelle foto del 1991, gridano vendetta. Eravamo altro, chissà se meritavamo altro.
Trent'anni da Olympique Marsiglia-Stella Rossa o se volete da OM-Crvena Zvezda, con gli jugoslavi che divennero campioni d'Europa ai calci di rigore contro ogni pronostico. Jugoslavi, già...
Perché la dolorosissima e sanguinosa guerra fratricida dei Balcani non c'era ancora stata e perché quel gruppo guidato da Ljupko Petrović era un ensemble ben riuscito tra serbi, croati e montenegrini, con Dejan Savicevic a fare la voce del tenore, ma con gente come Robert Procinecki e Sinisa Mihajlovic, oggi allenatore in odor di ritorno alla Lazio, ad impreziosire un undici telecomandato da dietro dal rumeno Miograd Belodedici.
Vinse la Stella Rossa con i Deljie, i temuti ultras della curva nord del Maracanà di Belgrado, che fraternizzarono con gli altri biancorossi, i padroni di casa del Bari, i quali li ospitarono in scene tra il pittoresco ed il grottesco fin nei vicoli della popolarissima Bari Veccha, ben lontana dall'immagine mondana di oggi.
Tifarono per i serbi i baresi e lo fecero, oltre ogni forma di politicamente corretto, in spregio alla spocchia della vigilia mostrata dall'Olympique Marsiglia, data per favoritissima dai media internazionali. Non andò bene a Bari, ma l'OM avrebbe trionfato solo qualche anno più tardi, non senza strascichi successivi.
Migliaia i transalpini che giunsero in maggioranza con decine di treni speciali a Bari, fermandosi nella stazioncina del quartiere Santo Spirito e giungendo in centro con i mezzi pubblici messi a disposizione dal Comune (esisteva la Democrazia Cristiana e l'Esecutivo cittadino era guidato dal prof. Enrico Dalfino), mentre gli slavi arrivarono coloratissimi e chiassosissimi al porto. Lo stesso porto che avrebbe accolto quell'anno l'esodo della Vlora, con migliaia di disperati provenienti dall'Albania, quella sì terra lontana sotto la sferza comunista.
Bari non aveva paura di cosa c'era dall'altra parte dell'Adriatico e lo dimostrò in quella occasione, nonostante il regime fosse ancora in piedi. "Amore levantino", scrisse qualcuno in quelle giornate, che unì due popoli divisi solo da un mare che apparve piccolo piccolo prima dell'evento.
Fu festa, fu evento (arrivato in Puglia soprattutto grazie ad Antonio Matarrese) che in tanti ricordano, nonostante una delle più brutte finali in campo della massima competizione europea, conclusasi con i cinque centri dal dischetto dei serbi e la disperazione dei francesi.
In trent'anni quel luogo, il San Nicola, è andato via via perdendo di fascino, sebbene abbia ospitato una finale per il 3° e 4° posto dei mondiali e dopo la Coppa dei Campioni, i Giochi del Mediterraneo del 1997. Era il principio dell'era d'oro del Bari spesso in A, dei Matarrese potentissimi e di una città che si svegliava dal letargo degli anni '80 e iniziava ad affacciarsi su palcoscenici meno provinciali.
I baresi tifarono Crvena Zvezda pensando che prima o poi, quella finale, l'avrebbero giocata anche loro. Non sapevano che 30 anni di alti e soprattutto bassi li avrebbero attesi, con lo scempio delle ultime stagioni che, a guardare quelle foto del 1991, gridano vendetta. Eravamo altro, chissà se meritavamo altro.