Calcio
Segnali di vita sul pianeta Bari, ma ora servono i risultati
Il buon secondo tempo contro il Pisa dà speranza ai biancorossi, però è il momento dei fatti
Bari - domenica 21 aprile 2024
"Segnali di vita nei cortili e nelle case all'imbrunire". È il verso del maestro Franco Battiato che scegliamo questa settimana per descrivere il momento del Bari calcio, tra deboli accenni di speranza e ansia per una classifica sempre più deficitaria. Già, perché anche senza luci che facciano ricordare le meccaniche celesti evocate dal cantautore immortale, i galletti raccolgono un pareggio per 1-1 contro il Pisa al San Nicola, che per i destini del piazzamento salvezza cambia tanto poco quanto niente, ma (a un occhio ottimista) può comunque assumere il contorno di una flebile fiammella con cui scaldarsi il cuore, in questa primavera resa folle dall'incontrollabile cambiamento climatico in corso. C'è ancora vita sul pianeta Bari; a un certo punto, sembrava anche inutile sperarci, e quindi ogni miglioramento appare come una piccola-grande conquista.
Il rigore di Puscas fissa il punteggio sulla parità, dopo il vantaggio siglato da Calabresi per la squadra di Aquilani, appena al 3' di gioco. Eh sì, all'inizio sembrava l'esposizione della più elementare legge dell'addizione aritmetica: cambia l'ordine degli addendi, ma il risultato rimane immutato. Lo stesso approccio drammatico e confusionario che aveva caratterizzato l'ultimo, infausto, periodo della breve epoca Iachini, infatti, si ripropone anche alla prima di mister Federico Giampaolo, il vertice di quella che appare a tutti gli effetti una "democrazia corinthiana" declinata con colori biancorossi.
Il mister, promosso dalla primavera alla prima squadra per guidare una sorta di autogestione interna, l'ha spiegata con il cambio tattico operato all'ultimo secondo da Aquilani, che opta per un 4-3-3 speculare e manda in confusione l'avversario, preparatosi su 4-2-3-1 più laborisoo. Può darsi, per carità, ma la memoria non può fare a meno di correre alle partite contro Cremonese, Venezia e tante altre ancora, che sono costate al Bari molti di quei punti che ora, inesorabilmente, mancano per la salvezza.
Lo shock dura una mezz'oretta, il tempo per il Pisa di imperversare, spadroneggiare sul campo, dominare, ma non chiudere la partita. Bravo il Bari ad assorbire il colpo, a far sfogare i nerazzurri toscani, e a rimettere la barca in linea di galleggiamento. Il secondo tempo, infatti, è la rappresentazione plastica di una delle migliori versioni stagionali dei biancorossi (se non addirittura la migliore in assoluto). Aggressivi, concentrati, tenaci, pronti a contendere ogni pallone all'avversario; un atteggiamento quasi inedito per il Bari, che però porta i galletti a conquistare il meritato pareggio con il rigore di Puscas (platealmente rimproverato da Di Cesare nel primo tempo, all'ennesimo controllo sbagliato), e poi a sfiorare anche il colpaccio nel finale con Nasti, stoppato da un Nicolas superlativo tra i pali (molto più sicuro del suo dirimpettaio, Brenno, un portiere che gioca con addosso il terrore di far danni, e per poco non ci riesce anche stavolta). E poi anche occasioni con Sibilli, Morachioli e Benali nel finale; insomma, roba che non si vedeva da una vita.
Verrebbe da chiedersi: perché non è successo prima? Tutti quanti, a partire dai tifosi per finire a calciatori, staff e dirigenza, avrebbero volentieri fatto a meno di questa sofferenza, che sarà anche catartica, ma di certo non è piacevole. La risposta, molto chiara, è arrivata nel post gara da Mattia Maita, uno dei senatori dello spogliatoio e il migliore in campo per distacco tra i galletti. Una conferenza stampa dal sapore (era ora) di operazione verità, in cui l'esperto centrocampista biancorosso ha - nei fatti - ammesso la fronda del gruppo squadra contro Iachini e le sue metodologie, che ha portato lunedì scorso all'ennesimo terremoto e al licenziamento del tecnico marchigiano. Incompatibilità caratteriali, probabilmente; sta di fatto che Maita, Di Cesare e compagni si sono assunti una responsabilità gigantesca, al pari del diesse Polito (cacciato dalla panchina per troppa foga, finalmente lo spirito combattivo che la città gli ha sempre riconosciuto). La "miracolosa" epifania di Kallon, tra i migliori in campo dopo esserci rassegnati alla fine della sua esperienza biancorossa per l'infortunio patito durante la gestione Iachini, è uno dei tanti misteri irrisolti di questa stagione, che sarebbe comica se non fosse tragica; ma se serve a salvare la baracca, va bene anche questo.
L'esperienza della già citata "democrazia corinthiana" biancorossa è un rischio enorme, quando rimangono appena 12 punti in palio per salvare una barca che sta affondando. Certo, Maita dice che questo gruppo non è peggiore né migliore di quello dello scorso anno, che tutti (e lui in particolare, non è difficile credergli visto l'attaccamento che ha sempre dimostrato alla maglia, anche se è parecchio discutibile come quella grigia vista contro il Pisa) stanno male per questa situazione incresciosa, tuttavia è difficile riconoscere un Socrates anche nei ranghi dei più esperti calciatori in rosa. È una scommessa, che però può anche funzionare; d'altra parte, quando ci si è affidati alle pseudo "certezze" (Iachini è solo l'ultimo esempio in ordine di tempo, ma da Aramu ad Acampora, passando per Puscas, Lulic e Menez, si potrebbero fare infiniti esempi) le cose non sono andate meglio.
Insomma, quel secondo tempo di ardore e coraggio è un gracile, ma pur sempre esistente, segnale da cui ripartire. Potrebbe anche essere quella piccola leva che chiedeva Archimede per sollevare il mondo, ma ora serve far seguire i fatti alle parole. E, a proposito di Archimede, sabato si andrà a Cosenza, nella magnogreca Calabria, a caccia di punti salvezza in uno scontro diretto che solo a pensarci mette i brividi, anche alla luce della vittoria dei rossoblù per 0-4 in casa della Reggiana. Non uscire dal Marulla con la posta piena equivarrebbe a più di tre quarti di retrocessione, o quantomeno a prenotare un biglietto "economy" per i playout, ennesimo terno al lotto che tutti quanti vorremmo (nei limiti del possibile) evitare. Ora è il momento di far corrispondere alle prestazioni e alle parole anche i fatti, è arrivata l'ora di fare i risultati. La vittoria manca da nove partite; un digiuno troppo lungo, che va interrotto a tutti i costi per alimentare le speranze di salvezza, o quantomeno per chiudere questa drammatica stagione senza un ulteriore rimpianto da aggiungere a una lista già ottimamente nutrita.
Il rigore di Puscas fissa il punteggio sulla parità, dopo il vantaggio siglato da Calabresi per la squadra di Aquilani, appena al 3' di gioco. Eh sì, all'inizio sembrava l'esposizione della più elementare legge dell'addizione aritmetica: cambia l'ordine degli addendi, ma il risultato rimane immutato. Lo stesso approccio drammatico e confusionario che aveva caratterizzato l'ultimo, infausto, periodo della breve epoca Iachini, infatti, si ripropone anche alla prima di mister Federico Giampaolo, il vertice di quella che appare a tutti gli effetti una "democrazia corinthiana" declinata con colori biancorossi.
Il mister, promosso dalla primavera alla prima squadra per guidare una sorta di autogestione interna, l'ha spiegata con il cambio tattico operato all'ultimo secondo da Aquilani, che opta per un 4-3-3 speculare e manda in confusione l'avversario, preparatosi su 4-2-3-1 più laborisoo. Può darsi, per carità, ma la memoria non può fare a meno di correre alle partite contro Cremonese, Venezia e tante altre ancora, che sono costate al Bari molti di quei punti che ora, inesorabilmente, mancano per la salvezza.
Lo shock dura una mezz'oretta, il tempo per il Pisa di imperversare, spadroneggiare sul campo, dominare, ma non chiudere la partita. Bravo il Bari ad assorbire il colpo, a far sfogare i nerazzurri toscani, e a rimettere la barca in linea di galleggiamento. Il secondo tempo, infatti, è la rappresentazione plastica di una delle migliori versioni stagionali dei biancorossi (se non addirittura la migliore in assoluto). Aggressivi, concentrati, tenaci, pronti a contendere ogni pallone all'avversario; un atteggiamento quasi inedito per il Bari, che però porta i galletti a conquistare il meritato pareggio con il rigore di Puscas (platealmente rimproverato da Di Cesare nel primo tempo, all'ennesimo controllo sbagliato), e poi a sfiorare anche il colpaccio nel finale con Nasti, stoppato da un Nicolas superlativo tra i pali (molto più sicuro del suo dirimpettaio, Brenno, un portiere che gioca con addosso il terrore di far danni, e per poco non ci riesce anche stavolta). E poi anche occasioni con Sibilli, Morachioli e Benali nel finale; insomma, roba che non si vedeva da una vita.
Verrebbe da chiedersi: perché non è successo prima? Tutti quanti, a partire dai tifosi per finire a calciatori, staff e dirigenza, avrebbero volentieri fatto a meno di questa sofferenza, che sarà anche catartica, ma di certo non è piacevole. La risposta, molto chiara, è arrivata nel post gara da Mattia Maita, uno dei senatori dello spogliatoio e il migliore in campo per distacco tra i galletti. Una conferenza stampa dal sapore (era ora) di operazione verità, in cui l'esperto centrocampista biancorosso ha - nei fatti - ammesso la fronda del gruppo squadra contro Iachini e le sue metodologie, che ha portato lunedì scorso all'ennesimo terremoto e al licenziamento del tecnico marchigiano. Incompatibilità caratteriali, probabilmente; sta di fatto che Maita, Di Cesare e compagni si sono assunti una responsabilità gigantesca, al pari del diesse Polito (cacciato dalla panchina per troppa foga, finalmente lo spirito combattivo che la città gli ha sempre riconosciuto). La "miracolosa" epifania di Kallon, tra i migliori in campo dopo esserci rassegnati alla fine della sua esperienza biancorossa per l'infortunio patito durante la gestione Iachini, è uno dei tanti misteri irrisolti di questa stagione, che sarebbe comica se non fosse tragica; ma se serve a salvare la baracca, va bene anche questo.
L'esperienza della già citata "democrazia corinthiana" biancorossa è un rischio enorme, quando rimangono appena 12 punti in palio per salvare una barca che sta affondando. Certo, Maita dice che questo gruppo non è peggiore né migliore di quello dello scorso anno, che tutti (e lui in particolare, non è difficile credergli visto l'attaccamento che ha sempre dimostrato alla maglia, anche se è parecchio discutibile come quella grigia vista contro il Pisa) stanno male per questa situazione incresciosa, tuttavia è difficile riconoscere un Socrates anche nei ranghi dei più esperti calciatori in rosa. È una scommessa, che però può anche funzionare; d'altra parte, quando ci si è affidati alle pseudo "certezze" (Iachini è solo l'ultimo esempio in ordine di tempo, ma da Aramu ad Acampora, passando per Puscas, Lulic e Menez, si potrebbero fare infiniti esempi) le cose non sono andate meglio.
Insomma, quel secondo tempo di ardore e coraggio è un gracile, ma pur sempre esistente, segnale da cui ripartire. Potrebbe anche essere quella piccola leva che chiedeva Archimede per sollevare il mondo, ma ora serve far seguire i fatti alle parole. E, a proposito di Archimede, sabato si andrà a Cosenza, nella magnogreca Calabria, a caccia di punti salvezza in uno scontro diretto che solo a pensarci mette i brividi, anche alla luce della vittoria dei rossoblù per 0-4 in casa della Reggiana. Non uscire dal Marulla con la posta piena equivarrebbe a più di tre quarti di retrocessione, o quantomeno a prenotare un biglietto "economy" per i playout, ennesimo terno al lotto che tutti quanti vorremmo (nei limiti del possibile) evitare. Ora è il momento di far corrispondere alle prestazioni e alle parole anche i fatti, è arrivata l'ora di fare i risultati. La vittoria manca da nove partite; un digiuno troppo lungo, che va interrotto a tutti i costi per alimentare le speranze di salvezza, o quantomeno per chiudere questa drammatica stagione senza un ulteriore rimpianto da aggiungere a una lista già ottimamente nutrita.