Calcio
Sfortunato, inchiodato dal Var e sprecone: il Bari nella morsa della “pareggite”
Con la Carrarese altro clamoroso episodio a sfavore. Ma quante occasioni gettate alle ortiche…
Bari - mercoledì 30 ottobre 2024
0.55
Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci, è altrettanto vero che la cattiva sorte si accanisce contro chi - pur non lesinando audacia - rischia di diventare vittima si se stesso. È il caso del Bari guidato da Moreno Longo, squadra ampiamente in credito con la dea bendata, ma anche colpevolmente intrappolata nella spirale di un'inconcludenza cronica, che si traduce con il malanno di una "pareggite" acuta.
Contro la Carrarese al San Nicola è il quinto segno X di fila, il secondo consecutivo a reti bianche dopo quello di La Spezia. Un dato che restituisce il contorno di una squadra organizzata, piena di idee, ma ancora alla ricerca della sua vera dimensione. Sognare in grande o badare al sodo? È questo il dilemma shakespeariano nella cui morsa sono andati a finire i galletti, dopo un quarto di campionato già passato in cavalleria.
Sfortuna e spreco sono le due anime del Bari, come "Eros" e "Thanatos", le pulsioni di amore e morte che costruivano la polarità della mitologia greca classica. Partendo dalla prima, non si può non sottolineare il paradosso del goal annullato a Novakovich nei pressi del 90': un pallone spinto appena al di là della linea con una fatica immane, vanificata però da un frame vivisezionato al Var in cui emerge un quarto del tacchetto di Pucino in fuorigioco, a inizio azione. È troppo, davvero troppo, anche per protestare, recriminare, arrabbiarsi: è la ormai tristemente celebre situazione figlia di un uso pseudoscientifico della tecnologia, che - in generale - sta rendendo il calcio un macabro esperimento da laboratorio, e nello specifico sta costringendo i biancorossi a masticare amaro e a vedere punti volar via senza possibilità di appello.
Ma c'è anche l'altro aspetto, quello dello sciupio di occasioni colossali che strilla vendetta. Lo specchio di questa squadra, ariosa e fumosa al tempo stesso, è quell'azione a metà ripresa che aveva fatto urlare tutti quanti al goal: Manzari va via a destra, Lasagna impatta a colpo sicuro ma si fa bloccare da Bleve con un intervento disperato, Sibilli sulla ribattuta pensa bene di mancare completamente l'impatto con il pallone, a porta totalmente spalancata.
È la cifra di questo Bari, che produce tanto ma paga inesorabilmente la mancanza di "killer instinct" negli ultimi sedici metri. Una strofa che suona a loop da inizio campionato, ma che ancora non si risolve in un ritornello da "sing along" con gli occhi chiusi e le corde vocali squarciate. E bene fa Longo a dire che la grandezza e il numero di occasioni create in ogni partita è solo la conferma della bontà del lavoro del gruppo e dello staff tecnico, a cui spetta il compito di mettere la squadra nelle condizioni di far goal e di non prenderlo. Se, infatti, la fase difensiva appare ormai ben collaudata, dall'altra parte la sterilità offensiva (o l'incapacità di chiudere le partite, che è un po' l'altra faccia della moneta) è ormai un vero campanello d'allarme che continua a suonare.
Anche contro la Carrarese, al netto di una partenza insolitamente molle, il Bari continua a produrre gioco e a creare occasioni, senza però trovare il bandolo della matassa. Dopo un primo quarto d'ora di sbandamento generale, in cui i toscani creano un paio di mischie pericolose e vanno al tiro con Schiavi, i galletti si rimettono in carreggiata con il loro gioco reticolare e pronto ad andare in verticale. Manca, però, la stoccata finale; Lasagna e Sibilli ci vanno vicini, ma non abbastanza da risolvere il rebus.
L'assenza forzata di Falletti costringe Longo, nella ripresa, a scombinare le carte con l'inserimento di Manzari al posto dello spento Lella, e poi con gli ingressi di Oliveri e Favasuli che completano il restyling di una squadra che riprende a funzionare. La prestazione monumentale dell'ormai solito Benali dà struttura al centrocampo (dove per una volta Maita appare un po' meno ordinato del solito), a protezione di una difesa che regge e offre ampie garanzie. Il Bari spinge, fa di tutto per vincerla, e alla fine rischia anche la beffa. Solo la prontezza di spirito mostrata da Radunovic nel recupero su Illanes tiene a galla i biancorossi, ed evita una delusione che sarebbe stata troppo grande e immeritata.
Alla fine, cosa rimane? Lo sgomento per la folle decisione del Var, il sollievo per non aver perso una partita che sarebbe stata da vincere, e un punto che fa classifica ma che continua a non dire nulla sulle reali ambizioni e possibilità di questa squadra. Sabato, ancora in casa, ci sarà un'altra chance, contro l'enigmatica Reggiana; un nuovo test per mettersi alla prova e capire se si potrà alzare il mirino o se sarà più saggio mantenere sangue freddo e piedi ben piantati a terra.
Contro la Carrarese al San Nicola è il quinto segno X di fila, il secondo consecutivo a reti bianche dopo quello di La Spezia. Un dato che restituisce il contorno di una squadra organizzata, piena di idee, ma ancora alla ricerca della sua vera dimensione. Sognare in grande o badare al sodo? È questo il dilemma shakespeariano nella cui morsa sono andati a finire i galletti, dopo un quarto di campionato già passato in cavalleria.
Sfortuna e spreco sono le due anime del Bari, come "Eros" e "Thanatos", le pulsioni di amore e morte che costruivano la polarità della mitologia greca classica. Partendo dalla prima, non si può non sottolineare il paradosso del goal annullato a Novakovich nei pressi del 90': un pallone spinto appena al di là della linea con una fatica immane, vanificata però da un frame vivisezionato al Var in cui emerge un quarto del tacchetto di Pucino in fuorigioco, a inizio azione. È troppo, davvero troppo, anche per protestare, recriminare, arrabbiarsi: è la ormai tristemente celebre situazione figlia di un uso pseudoscientifico della tecnologia, che - in generale - sta rendendo il calcio un macabro esperimento da laboratorio, e nello specifico sta costringendo i biancorossi a masticare amaro e a vedere punti volar via senza possibilità di appello.
Ma c'è anche l'altro aspetto, quello dello sciupio di occasioni colossali che strilla vendetta. Lo specchio di questa squadra, ariosa e fumosa al tempo stesso, è quell'azione a metà ripresa che aveva fatto urlare tutti quanti al goal: Manzari va via a destra, Lasagna impatta a colpo sicuro ma si fa bloccare da Bleve con un intervento disperato, Sibilli sulla ribattuta pensa bene di mancare completamente l'impatto con il pallone, a porta totalmente spalancata.
È la cifra di questo Bari, che produce tanto ma paga inesorabilmente la mancanza di "killer instinct" negli ultimi sedici metri. Una strofa che suona a loop da inizio campionato, ma che ancora non si risolve in un ritornello da "sing along" con gli occhi chiusi e le corde vocali squarciate. E bene fa Longo a dire che la grandezza e il numero di occasioni create in ogni partita è solo la conferma della bontà del lavoro del gruppo e dello staff tecnico, a cui spetta il compito di mettere la squadra nelle condizioni di far goal e di non prenderlo. Se, infatti, la fase difensiva appare ormai ben collaudata, dall'altra parte la sterilità offensiva (o l'incapacità di chiudere le partite, che è un po' l'altra faccia della moneta) è ormai un vero campanello d'allarme che continua a suonare.
Anche contro la Carrarese, al netto di una partenza insolitamente molle, il Bari continua a produrre gioco e a creare occasioni, senza però trovare il bandolo della matassa. Dopo un primo quarto d'ora di sbandamento generale, in cui i toscani creano un paio di mischie pericolose e vanno al tiro con Schiavi, i galletti si rimettono in carreggiata con il loro gioco reticolare e pronto ad andare in verticale. Manca, però, la stoccata finale; Lasagna e Sibilli ci vanno vicini, ma non abbastanza da risolvere il rebus.
L'assenza forzata di Falletti costringe Longo, nella ripresa, a scombinare le carte con l'inserimento di Manzari al posto dello spento Lella, e poi con gli ingressi di Oliveri e Favasuli che completano il restyling di una squadra che riprende a funzionare. La prestazione monumentale dell'ormai solito Benali dà struttura al centrocampo (dove per una volta Maita appare un po' meno ordinato del solito), a protezione di una difesa che regge e offre ampie garanzie. Il Bari spinge, fa di tutto per vincerla, e alla fine rischia anche la beffa. Solo la prontezza di spirito mostrata da Radunovic nel recupero su Illanes tiene a galla i biancorossi, ed evita una delusione che sarebbe stata troppo grande e immeritata.
Alla fine, cosa rimane? Lo sgomento per la folle decisione del Var, il sollievo per non aver perso una partita che sarebbe stata da vincere, e un punto che fa classifica ma che continua a non dire nulla sulle reali ambizioni e possibilità di questa squadra. Sabato, ancora in casa, ci sarà un'altra chance, contro l'enigmatica Reggiana; un nuovo test per mettersi alla prova e capire se si potrà alzare il mirino o se sarà più saggio mantenere sangue freddo e piedi ben piantati a terra.