Calcio
Spuntato e senza carattere. È il Bari dei passi indietro
I biancorossi a Reggio Emilia non riescono a sfruttare la superiorità numerica. E il mercato non decolla
Bari - lunedì 13 gennaio 2025
0.37
Se la seconda parte del 2024 si era caratterizzata per i tanti pareggi e gli altrettanti rimpianti, il 2025 non sembra essere nato sotto una stella migliore. Il Bari che esce con lo 0-0 dal campo della Reggiana, esce anche ridimensionato in quelle pretese e ambizioni che erano tornate a farsi largo dopo la convincente vittoria contro lo Spezia di fine dicembre.
I contorni delle potenzialità biancorosse in questo campionato, infatti, sono restituiti dalla confusione mostrata da Longo davanti ai microfoni nelle ultime ore. Se, infatti, alla vigilia di Reggio Emilia il tecnico avanzava il desiderio di rendere permanente il livello apprezzato contro lo Spezia, nel post gara lo stesso manager dei galletti ammette con sconforto: «Non siamo squadra che può dettare legge su ogni campo». Ecco, quindi, che la verità prende forma: il Bari è pensato, costruito e plasmato per vivere alla giornata, per mantenersi in linea di galleggiamento, sperando in qualche virtuoso acuto di tanto in tanto.
La sfida del Mapei-Città del Tricolore racconta un'altra versione della storia, ovvero di un Bari che, davanti a un'avversaria di pari rango e costretta in dieci per un tempo a causa di un nervosismo ingiustificato, produce il suo primo e unico tiro in porta al minuto 95', con Bellomo (non esattamente uno dei protagonisti più acclamati da pubblico e critica). È, dunque, lecito affermare che l'exploit di due settimane fa, contro una squadra ben più corazzata, sia stato un isolato bagliore in una notte chiaroscura. E, beninteso, questo non cancella gli indubitabili meriti di tecnico e squadra nel mantenersi in linea con l'obiettivo societario dei playoff anche a inizio girone di ritorno, ma non si può altresì negare che - tra rimpianti e occasioni perse - i galletti abbiano fin qui fatto più delle loro possibilità.
Ma, con queste premesse, alla fine il conto si paga, e salato. Il Bari è la squadra dei passi indietro, che puntualmente si palesano nel momento in cui è lecito aspettarsi un salto di qualità in avanti. E la sfida di Reggio Emilia è una spiacevole conferma di questa tendenza da crostaceo che il Bari manifesta fin da inizio anno. I biancorossi partono bene, al 19' si fanno vivi con un potente e sfortunato tiro di Lella da fuori, ma poi progressivamente spariscono dalla partita. La Reggiana la butta sull'agonismo esasperato ed esagerato, nel contesto di uno stadio che non si distingue per civiltà, correttezza e buon costume (disgustosi gli insulti razzisti all'indirizzo di Dorval), e il Bari soccombe. La rete di Portanova viene giustamente annullata al Var per un duro fallo di Reinhart su Benali, e la buona sorte premia il Bari anche con l'espulsione di Lucchesi, convertita dal signor Prontera da giallo in rosso per la violenta gomitata a Mantovani.
Sembrano esserci tutte le premesse affinché la squadra di Longo riesca a prendere il controllo della partita, ma in realtà nella ripresa la Reggiana (telecomandata da Viali che si accomoda dietro la panchina anche dopo l'espulsione) riesce a convertire il nervosismo in intensità, e costringe i galletti a picchiare in testa. A centrocampo Benali, Maita e Lella lottano finché possono, ma questo si traduce in una sterile supremazia nel possesso palla, e poco altro. La Reggiana va a folate, ma costringe un Bari tremebondo nella propria metà campo, dove la difesa comandata dall'incerto Vicari non offre le giuste garanzie.
In un Bari spuntato e a corto di carattere, l'ingresso di Pucino per Obaretin riporta un po' d'ordine lì dietro, ma come al solito il resto dei cambi non garantisce il cambio di marcia. Manzari e Sibilli non fanno meglio di un Falletti evanescente e continuano a non convincere, Lasagna lì davanti si vede solo con un tenero colpo di testa al 90', dopo non essere riuscito a rendersi pericoloso nell'attacco in profondità, ma neanche a far salire la squadra difendendo il pallone con il corpo. L'ingresso di Novakovich dà un po' di respiro, ma l'attaccante americano dura meno di 20' per un problema al ginocchio, che magari non sarà lungo, ma potrebbe anche non essere breve. I biancorossi si rivedono dall'altra parte del campo solo nell'ultimo quarto d'ora, quando le maglie della Reggiana si allargano per la stanchezza, e Dorval può finalmente trovare qualche spazio in più; ma è troppo poco, e troppo tardi.
Chissà, quindi, se anche alla luce del contrattempo di Novakovich il diesse Magalini continuerà a sostenere che al Bari non servono rinforzi in un attacco che ha prodotto appena 22 goal in un girone e due partite, di cui solo dieci tra punte e trequartisti. Il mercato invernale, quando siamo a metà gennaio, ancora non decolla, nonostante i numerosi richiami del tecnico al bisogno di immettere qualità nella rosa e le esigue garanzie fisiche offerte da un Favilli su cui praticamente non si è potuto contare. Le premesse ci sarebbero tutte per "aggredire il mercato" e rinforzare ogni reparto (a cominciare proprio dalla prima linea), ma la linea della "sostenibilità" sbandierata da Luigi De Laurentiie (e a cascata da tutta la dirigenza della SSC Bari) sembra scontrarsi ancora una volta con le esigenze dell'area tecnica, e con le pretese di una piazza storica che, però, sta ormai iniziando a rassegnarsi a una mediocrità auto-imposta e indigesta.
I contorni delle potenzialità biancorosse in questo campionato, infatti, sono restituiti dalla confusione mostrata da Longo davanti ai microfoni nelle ultime ore. Se, infatti, alla vigilia di Reggio Emilia il tecnico avanzava il desiderio di rendere permanente il livello apprezzato contro lo Spezia, nel post gara lo stesso manager dei galletti ammette con sconforto: «Non siamo squadra che può dettare legge su ogni campo». Ecco, quindi, che la verità prende forma: il Bari è pensato, costruito e plasmato per vivere alla giornata, per mantenersi in linea di galleggiamento, sperando in qualche virtuoso acuto di tanto in tanto.
La sfida del Mapei-Città del Tricolore racconta un'altra versione della storia, ovvero di un Bari che, davanti a un'avversaria di pari rango e costretta in dieci per un tempo a causa di un nervosismo ingiustificato, produce il suo primo e unico tiro in porta al minuto 95', con Bellomo (non esattamente uno dei protagonisti più acclamati da pubblico e critica). È, dunque, lecito affermare che l'exploit di due settimane fa, contro una squadra ben più corazzata, sia stato un isolato bagliore in una notte chiaroscura. E, beninteso, questo non cancella gli indubitabili meriti di tecnico e squadra nel mantenersi in linea con l'obiettivo societario dei playoff anche a inizio girone di ritorno, ma non si può altresì negare che - tra rimpianti e occasioni perse - i galletti abbiano fin qui fatto più delle loro possibilità.
Ma, con queste premesse, alla fine il conto si paga, e salato. Il Bari è la squadra dei passi indietro, che puntualmente si palesano nel momento in cui è lecito aspettarsi un salto di qualità in avanti. E la sfida di Reggio Emilia è una spiacevole conferma di questa tendenza da crostaceo che il Bari manifesta fin da inizio anno. I biancorossi partono bene, al 19' si fanno vivi con un potente e sfortunato tiro di Lella da fuori, ma poi progressivamente spariscono dalla partita. La Reggiana la butta sull'agonismo esasperato ed esagerato, nel contesto di uno stadio che non si distingue per civiltà, correttezza e buon costume (disgustosi gli insulti razzisti all'indirizzo di Dorval), e il Bari soccombe. La rete di Portanova viene giustamente annullata al Var per un duro fallo di Reinhart su Benali, e la buona sorte premia il Bari anche con l'espulsione di Lucchesi, convertita dal signor Prontera da giallo in rosso per la violenta gomitata a Mantovani.
Sembrano esserci tutte le premesse affinché la squadra di Longo riesca a prendere il controllo della partita, ma in realtà nella ripresa la Reggiana (telecomandata da Viali che si accomoda dietro la panchina anche dopo l'espulsione) riesce a convertire il nervosismo in intensità, e costringe i galletti a picchiare in testa. A centrocampo Benali, Maita e Lella lottano finché possono, ma questo si traduce in una sterile supremazia nel possesso palla, e poco altro. La Reggiana va a folate, ma costringe un Bari tremebondo nella propria metà campo, dove la difesa comandata dall'incerto Vicari non offre le giuste garanzie.
In un Bari spuntato e a corto di carattere, l'ingresso di Pucino per Obaretin riporta un po' d'ordine lì dietro, ma come al solito il resto dei cambi non garantisce il cambio di marcia. Manzari e Sibilli non fanno meglio di un Falletti evanescente e continuano a non convincere, Lasagna lì davanti si vede solo con un tenero colpo di testa al 90', dopo non essere riuscito a rendersi pericoloso nell'attacco in profondità, ma neanche a far salire la squadra difendendo il pallone con il corpo. L'ingresso di Novakovich dà un po' di respiro, ma l'attaccante americano dura meno di 20' per un problema al ginocchio, che magari non sarà lungo, ma potrebbe anche non essere breve. I biancorossi si rivedono dall'altra parte del campo solo nell'ultimo quarto d'ora, quando le maglie della Reggiana si allargano per la stanchezza, e Dorval può finalmente trovare qualche spazio in più; ma è troppo poco, e troppo tardi.
Chissà, quindi, se anche alla luce del contrattempo di Novakovich il diesse Magalini continuerà a sostenere che al Bari non servono rinforzi in un attacco che ha prodotto appena 22 goal in un girone e due partite, di cui solo dieci tra punte e trequartisti. Il mercato invernale, quando siamo a metà gennaio, ancora non decolla, nonostante i numerosi richiami del tecnico al bisogno di immettere qualità nella rosa e le esigue garanzie fisiche offerte da un Favilli su cui praticamente non si è potuto contare. Le premesse ci sarebbero tutte per "aggredire il mercato" e rinforzare ogni reparto (a cominciare proprio dalla prima linea), ma la linea della "sostenibilità" sbandierata da Luigi De Laurentiie (e a cascata da tutta la dirigenza della SSC Bari) sembra scontrarsi ancora una volta con le esigenze dell'area tecnica, e con le pretese di una piazza storica che, però, sta ormai iniziando a rassegnarsi a una mediocrità auto-imposta e indigesta.